Corriere della Sera, 20 giugno 2023
Padri e cioccolatini
L’intervista rilasciata a Veltroni in cui il professor Crepet accusa i genitori di essere succubi dei figli arriva all’indomani di un piccolo episodio personale che a più di un lettore suonerà familiare. Avendo trovato il coraggio di oppormi all’ennesima richiesta iperglicemica del mio imberbe ma volitivo erede (terzo cioccolatino, e dopo mezzo tubetto di smart), mi sono sentito rispondere: «Allora non ti voglio più bene». Il concetto era sottolineato dal linguaggio del corpo: volto corrucciato e braccine conserte, a indicare riprovazione e chiusura. «Mica devi sempre volermi bene. Non sono un tuo amico, sono tuo padre». Queste parole mi sono uscite dalla bocca a mia insaputa, nel senso che erano sepolte in qualche anfratto del cervello da oltre quarant’anni. Da quando, liceale prossimo alla maturità, affrontai con mio padre il delicato dossier «Orari di rientro notturno». Lui pretendeva di applicarmi il trattamento sindacale di Cenerentola, mentre altri godevano di condizioni più favorevoli: chi l’una, chi addirittura le due di notte, che a quei tempi erano l’anticamera della perdizione. Gli gridai «ti odio» e lui, in apparenza impassibile: «A ciascuno il suo ruolo: a me di dare le regole, a te di trasgredirle. E arrabbiati pure, ci sta. Non sono un tuo amico. Sono tuo padre».
Ecco, ho pensato con stupore e soddisfazione, sto cominciando ad assomigliargli… Ho resistito ben dieci secondi, poi (non ditelo al prof. Crepet) ho abbracciato mio figlio. E lui: «Ti voglio bene, papà, e non m’importa dei cioccolatini. Però potrei averne uno?».