La Stampa, 19 giugno 2023
La parabola di Boris Johnson
È sufficiente a ripristinare la fiducia nella democrazia parlamentare britannica. Il fatto che la commissione incaricata di far rispettare le regole parlamentari e le buone prassi – di cui il partito conservatore detiene la maggioranza – sia giunta alla conclusione che Boris Johnson ha mentito frequentemente alla Camera dei Comuni quando era Primo ministro, tra il 2019 e il 2022, dimostra che esistono alcuni dignitosi parlamentari che credono nella verità, nell’integrità e nello stato di diritto. Se si trattasse di una partita di calcio, il punteggio tra parlamento e Boris sarebbe di dieci a zero.
La partita non è del tutto conclusa. Questa settimana i deputati della Camera al completo dovranno votare per approvare o respingere le conclusioni della commissione. In ogni caso, poiché tutti i partiti dell’opposizione voteranno a sostegno della commissione, l’unica domanda interessante è quanto si dimostrerà diviso il partito conservatore che è al governo.
Molto probabilmente si dimostrerà disastrosamente spaccato, ma Johnson perderà e il governo di Rishi Sunak, il secondo Primo ministro dopo di lui, sopravvivrà. I principi della legalità e le buone prassi del parlamento verranno rispettati.
In questa battaglia sul futuro del primo leader politico che è riuscito a crearsi un culto della personalità in stile berlusconiano, i sostenitori di Johnson hanno dimostrato in modo continuativo e piuttosto sconcertante di essere disposti a danneggiare il loro stesso partito e a mettere a repentaglio il governo pur di proteggere il loro eroe. Ma i sostenitori di Boris e il suo culto della personalità sono troppo deboli per prevalere.
Un risultato è certo, e c’è anche un’altra conseguenza altamente probabile. Il risultato certo è che Johnson e i suoi sostenitori continueranno a dichiarare che lui è stato una vittima, non il colpevole. Non ammetteranno mai che lui ha sbagliato. Non porgeranno mai le loro scuse. Da questo punto di vista, Boris e la sua combriccola seguiranno il copione Berlusconi-Trump.
La conseguenza altamente probabile, però, è che in tutti i casi la sua carriera politica è finita: Johnson ha scelto di rassegnare le dimissioni da parlamentare per evitare di essere bocciato dagli elettori e non riuscirà a fare marcia indietro. Dai sondaggi di opinione risulta infatti che una netta maggioranza di elettori non vuole che ricompaia in parlamento.
L’intera faccenda può sembrare un po’ bizzarra all’estero. La commissione parlamentare ha accertato che Johnson è colpevole di aver mentito al parlamento sull’eventualità che durante la pandemia da Covid l’ex Primo ministro e tutto il suo staff al numero 10 di Downing Street abbiano organizzato feste e cene, infrangendo così le disposizioni da loro stessi stabilite per tutto il Paese. Mentire sui party può sembrare irrilevante. Dopo tutto, mentire su queste cose non ha mai turbato la coscienza del Cavaliere.
In realtà, invece, infrangere le disposizioni vigenti all’epoca è parso molto grave. A causa di quelle ordinanze, infatti, nemmeno la regina Elisabetta II ha potuto organizzare per il marito un funerale come si deve. E ciò è accaduto proprio alla vigilia di quella che, come è noto, è stata una festa scatenata nella residenza ufficiale del Primo ministro.
Volendo, lo si può considerare un parallelo con quello che valse per Al Capone. Proprio come nel 1931 il gangster di Chicago fu arrestato soltanto per evasione fiscale, perché quello fu l’unico reato che i procuratori riuscirono ad addebitargli, così Johnson è stato costretto a lasciare il parlamento per aver mentito su feste e cene, perché questo è l’unico caso di scorrettezza che hanno potuto addebitargli. In ogni caso, non si dovrebbe perdere di vista la verità di fondo: Johnson non gode da tempo di fiducia, né all’interno del partito conservatore né nell’opinione pubblica in generale.
Silvio Berlusconi, naturalmente, ci insegna che un populista spudorato capace di condurre un’efficace campagna politica può tornare alla ribalta, anche molte volte. Donald Trump sta cercando di fare proprio questo. Di certo, Johnson è spudorato, sa fare battute migliori di Trump e penserà sempre che le sue capacità in campagna elettorale gli offrano un potenziale futuro.
Il primo problema di Johnson è che non ha gli altri due vantaggi di Berlusconi: un’enorme ricchezza e le sue reti televisive. Il suo secondo problema è che, come Berlusconi, ha all’attivo risultati deludenti. È noto, sia nel partito sia nell’elettorato, per essere stato caotico e incompetente. Il suo terzo problema è che nel sistema elettorale bipolare britannico dopo tredici anni di governo conservatore molto probabilmente il Paese vivrà un lungo periodo di governo del partito laburista, dopo che l’anno prossimo si svolgeranno le elezioni politiche.
Questo potrebbe offrire alle menzogne di Johnson il tempo di essere dimenticate. Più plausibilmente, offrirà a una nuova generazione di politici conservatori il tempo di venire alla ribalta. Boris Johnson ha avuto la sua occasione, ma l’ha sprecata con la sua disonestà e la sua incompetenza, screditando anche il suo stesso partito e il parlamento.
L’Italia ha appena dato prova di una considerevole voglia – secondo il sottoscritto abbastanza ingiustificata – di assolvere Silvio Berlusconi. I britannici sono meno tolleranti nei confronti di bugiardi e trasgressori. Se non altro, lo spero.