La Stampa, 18 giugno 2023
Intervista a Fatma Ruffini
Tutti noi abbiamo visto, almeno una volta nella vita, un suo programma tv. Perché lei – Fatma Ruffini o, se preferite, la Lady di Ferro, la Thatcher di Cologno o, come la chiamava Silvio Berlusconi, «la prima donna con gli attributi della tv commerciale» – ha scritto, ideato e adattato oltre 150 show. Ne citiamo (per ovvi motivi) solo alcuni: Scherzi a parte, Stranamore, il Karaoke di Fiorello, Ok il prezzo è giusto, La ruota della fortuna... Se è vero che le tv di Berlusconi di cui tanto si parla in questi giorni hanno cambiato il costume del Paese, è altrettanto vero che dietro quelle tv c’era soprattutto lei, che proprio Berlusconi aveva personalmente scoperto. Nel 1978 le affidò l’allora Telemilano 2, dicendole semplicemente «Vada e faccia». E lei ha fatto.
Dicono che sia una donna tosta, a tratti dura: appunto, una Lady di ferro. Si riconosce in questa definizione?
«Sì, anche se quella donna è nata sul lavoro. Sono finita per diventare così: io, di mio, sarei stata una donna molto timida. Tuttavia quando lavori in un’azienda di soli uomini devi imparare a far sentire la tua voce e questo forma il carattere… se il carattere ce l’hai, ovviamente. Quello, effettivamente, non mi mancava».
In questi giorni si è dibattuto molto sul contributo di Berlusconi alla tv. C’è chi dice che la decadenza dell’offerta sia iniziata con lui e chi invece sostiene che, ammesso che lui abbia dato il là, gli sono andati tutti dietro. Lei a quale “partito” si iscrive?
«A nessuno dei due. La decadenza della tv non è cominciata con Berlusconi: Silvio voleva una tv divertente, che portasse un po’di gioia nelle case. “Faccio programmi per allietare le persone”, ci ripeteva. Se invece lei fa riferimento a come erano confezionati alcuni titoli, be’, se quella era decadenza allora non so come definire la tv di oggi».
Però converrà che è con Berlusconi che è cambiata la rappresentazione della donna.
«Credo che sarebbe mutata comunque, anche con altre persone alla guida della tv: era un cambiamento figlio dell’evoluzione della società. La donna si è messa in mostra».
Che cos’è quindi per lei il trash?
«È difficile dare una definizione univoca perché è molto soggettivo. Posso dirle però cos’è la volgarità: offendere verbalmente e visivamente gli altri».
Si è mai data dei “paletti” quando ideava i suoi programmi?
«Certo ed era un approccio che ho assimilato proprio da Berlusconi. La prima regola era, ed è, essere corretti nelle informazioni e positivi: dare dei messaggi belli. I format devono inoltre essere educati, mai offensivi».
Mi scusi, ma questa tv è ormai morta.
«Ecco, appunto, è come le dicevo: la tv di oggi è decadente, non quella del passato. Abbiamo superato dei limiti prima impensabili».
Un altro leitmotiv è: “Una volta si sperimentava di più perché c’era maggiore coraggio e più budget”. Sottoscrive?
«È così. Ma non è un problema di coraggio. Il fatto è che mancano i soldi e gli spazi in palinsesto: una volta si usava il day time e la seconda serata per sperimentare, ora queste fasce sono occupate da film e serie tv».
Chi è più ferma tra Rai e Mediaset?
«Lo stallo è mondiale, non solo italiano. Manca una scintilla creativa: si ripetono gli stessi show, cambia solo il linguaggio».
In Rai molti direttori amano presenziare in tv per ricordare la paternità dei propri successi. Lei invece non l’ha mai fatto. Perché?
«È una mia scelta personale. Non amo apparire e onestamente non lo trovo necessario: il pubblico deve apprezzare il programma. È ininfluente sapere di chi sia. Il mio posto resta dietro le quinte».
Pur con le dovute proporzioni, Viva… Rai2! è il nuovo Karaoke?
«Fiorello è e resta un fuoriclasse: nessuno è come lui. I due format però sono molto diversi: Viva Rai2! è un prodotto molto intelligente, che adoro, ma resta un contenuto di nicchia. Se vuoi vederlo, devi andartelo a cercare (e lo cercano eccome! ). Il Karaoke nacque alle 20 di sera, andava contro i Tg ed era visibile facilmente da tutta Italia».
All’epoca riportava direttamente a Berlusconi: che tipo di capo era?
«Molto presente. La linea era la tua ma lui controllava tutto, anche il look delle persone: a meno che non fosse un varietà, bisognava vestirsi in un modo rigoroso. Inoltre se il programma andava bene, ti riconosceva il merito, se invece commettevi degli errori lo faceva presente e se ne parlava».
Tra le autrici intravede una sua erede?
«Ci sarà sicuramente…(ride, ndr)»
… ma lei non la conosce?
«Non mi faccia fare nomi, sarebbe poco carino».
Capitolo donne e mondo dello spettacolo: la parità c’è, è alle porte o è di là da venire?
«Le donne che volevano arrivare, sono arrivate. Non è un problema di genere: le possibilità ci sono per tutti, bisogna solo saper fare bene il proprio lavoro. Se poi parliamo di stipendi, lì è un’altra questione».
Parliamone: lei ha dovuto battagliare per avere lo stesso stipendio dei colleghi?
«Certo che sì. A volte ci sono riuscita, altre volte no, ma funziona così: se non chiedi, gli altri non ti danno. È una regola generale, che vale per tutti. Bisogna lottare e insistere, finché non la si spunta».
A un certo punto si è detto che aveva lasciato Mediaset per scendere in politica. Era un’opzione sul tavolo?
«No, mai: sono negata per queste cose! Ho aperto una società di produzione, volutamente piccola: realizzo dei programmi che mi divertono molto».
Ma alla pensione non ci pensa mai?
«La pensione non esiste! (ride, ndr) Per me è inconcepibile».
Anche in casa è una Lady di ferro?
«Macché! Vizio tantissimo mio nipote e anche come mamma sono stata tenera». —