il Fatto Quotidiano, 18 giugno 2023
Contro Nordio
“Povera patria, schiacciata dagli abusi del potere di gente infame che non sa cos’è il pudore. Si credono potenti e gli va bene quello che fanno e tutto gli appartiene. Tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni…”. Penso a Battiato e mi appare il cosiddetto ministro della Giustizia, che sgomita per conquistarsi un posto d’onore in Povera patria. Ogni volta che Nordio parla, un gigantesco punto interrogativo si disegna sul suo capino implume: come ha potuto un simile pozzo d’ignoranza giuridica fare il magistrato per 40 anni? Non sa che la Consulta ha già bocciato l’abolizione dell’appello del pm e che l’abuso d’ufficio è imposto dalle convenzioni internazionali. Ripete a pappagallo che è “un reato evanescente” (dopo sei controriforme che l’hanno svuotato in 30 anni) e, invece di renderlo più praticabile tipizzandolo, lo abolisce perché i condannati sono pochi (parola di chi ha inventato il delitto di massa di rave party). Dice che i magistrati non possono criticare le leggi, dopo averne criticate a decine da magistrato: prima quelle sbagliate (la Gargani- Correnti del ’92, il dl Biondi del ’94), poi quelle giuste (Severino, ergastolo ostativo e non, custodia cautelare ecc.). Quindi le uniche leggi incriticabili sono le sue.
Ma il meglio lo dà quando giudica le indagini altrui. Tipo l’invito a comparire a B. il 21.11.’94 per tre tangenti alla Gdf: “Un atto illegittimo, gravissimo, doveva essere segreto, non era dovuto né urgente e fu notificato mentre presiedeva un vertice a Napoli, violando tutte le norme sul segreto istruttorio”. Ne avesse azzeccata una: il segreto istruttorio è stato abolito nel 1989, l’atto che convocava B. per l’interrogatorio era dovuto e urgente, era già stato rinviato per le Amministrative, non fu notificato mentre B. era al vertice di Napoli, ma l’indomani a Roma; quando uscì sul Corriere, B. ne era già stato informato al telefono la sera prima dal carabiniere che lo credeva a Roma, quindi non era più segreto, ma pubblicabile. Come l’invito a comparire spedito da Nordio nel ’95 a D’Alema e Occhetto per “tangenti rosse”: solo che l’inchiesta milanese portò a varie condanne, mentre quella di Nordio fallì miseramente, anche perché lui si scordò il fascicolo per 4 anni in un cassetto. Non contento, il pover’uomo dice che “il processo Andreotti è finito nel nulla”. Non sa che Andreotti fu rinviato a giudizio; assolto in primo grado per insufficienza di prove; ritenuto colpevole in appello del “reato commesso” di associazione a delinquere con Cosa Nostra “fino alla primavera 1980”, ma prescritto, sentenza confermata in Cassazione. In futuro, per evitare altre figure barbine, Nordio può regolarsi così: le inchieste dei pool di Milano e Palermo erano impeccabili, le sue erano fatte coi piedi.