Corriere della Sera, 18 giugno 2023
Intervista a Gianni Rivera
Alla soglia degli 80 anni, l’ex golden boy del calcio, Gianni Rivera, ha un sogno: diventare proprietario di una squadra e allenarla. «Con un gruppo di imprenditori abbiamo deciso di investire nel calcio, in serie A o B. Il Bari? Una possibilità, ma non escludiamo nulla».
S piazzante come una delle sue finte Gianni Rivera, l’eterno Golden Boy del calcio italiano, a due mesi dal compleanno numero 80 torna in campo con una squadra di Paperoni. Punta dritto su Bari e sul Bari, che la famiglia De Laurentiis dovrà prima o poi vendere per legge, ma non esclude altre piazze. Il pacchetto però è prendere o lasciare. Perché Gianni Rivera, che ha gli stessi anni di Mick Jagger e Robert De Niro, non vuol fare il presidente ma l’allenatore. Tesserino preso tre anni fa. E non per incorniciarlo e metterlo in bacheca.
Rivera, ha costruito una squadra per giocarsi cosa?
«Con un gruppo di amici imprenditori abbiamo deciso di investire nel calcio, in serie A o B. A cominciare da Bari. Una ventina di giorni fa ho avuto un contatto telefonico con il sindaco Antonio Decaro, gli abbiamo fatto presente che siamo disponibili ad acquistare la società. L’idea di portare una squadra dalla B alla A mi è sempre piaciuta. Ho anche l’Academy Gianni Rivera che potrebbe crescere molti giovani».
E a che punto siamo?
«Lo spareggio che il Bari ha perso con il Cagliari non ha reso subito concreta la proposta ma siamo in attesa di sviluppi. Sennò siamo aperti ad altre offerte».
Con Rivera allenatore. Ma proposte ne ha mai avute?
«Purtroppo appena preso il patentino è scoppiata l’epidemia. Carlo Tavecchio però sei anni fa mi voleva c.t. della Nazionale al posto di Giampiero Ventura dopo la mancata qualificazione al Mondiale di Russia. Ma non avevo il patentino di allenatore e allora…».
E allora…?
«Tavecchio chiese al presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin di concedermelo in considerazione dei meriti acquisiti sul campo, ma lui rispose no. Fare il corso a Coverciano fu inevitabile».
Il suo compagno di squadra Trapattoni ha smesso dieci anni fa, lei comincia adesso. Non è un po’ tardi?
«Ma l’esperienza ce l’ho. Ho sempre fatto l’allenatore in campo…»
Perché non cominciare prima? Magari appena appese le scarpe al chiodo.
«Si, in effetti ho sbagliato. Ma appena smesso sono diventato vicepresidente del Milan con Felice Colombo: spingemmo Fabio Capello a fare il corso allenatori e io potevo farlo insieme a lui ma allora mi sentivo più dirigente che mister. Poi sono entrato in politica e per vent’anni la mia vita è stata quella».
Rocco diceva: una squadra perfetta deve avere un portiere che para tutto, un assassino in difesa, un genio a centrocampo, un mona che segna e sette asini che corrono. Il calcio però non è più quello…
«Lo so bene ma chi dice che sia cambiato in meglio? Quella che chiamano costruzione dal basso: squadre che stanno ore nella propria metà campo invece di aggredire quella altrui. Sa che credevo fosse imposta da un nuovo regolamento? Una tattica che andrebbe abolita per legge. Con questa idea di calcio io il 4-3 di Italia-Germania non avrei mai potuto segnarlo».
Quello di oggi è un calcio che sacrifica i 10 come Rivera.
«Il calcio sacrifica i 10 perché non ci sono più. Se hai i numeri vengono fuori».
Rivera giocherebbe in una squadra di Guardiola?
«Con la preparazione di oggi Rivera sarebbe sempre Rivera».
Ha visto la finale di Champions dell’Inter?
«Ai nerazzurri è successa la stessa cosa che è successa al Milan in semifinale contro l’Inter. Sbagliare due gol è costato il risultato. La Champions non perdona».
Gianni Rivera ha tifato Inter?
«Faccio sempre il tifo per le squadre italiane. Se poi l’italiana si chiama Inter pazienza, va bene anche quella…».
Il Milan pensava che Charles De Ketelaere fosse il nuovo Rivera. Meglio dargli un’altra chance o la gavetta altrove?
«Non lo conosco così bene da poter dire cosa sia meglio per lui. Se ha la stoffa la deve tirare fuori, se ci sono ostacoli che lo bloccano lui o la società devono rimuoverli».
A proposito: che pensa del siluramento di Maldini?
«Paolo non meritava quel trattamento. La società doveva mettergli a disposizione le risorse per migliorare la squadra, non metterlo alla porta, tantomeno in quel modo».
Visti i precedenti gli consiglia la carriera politica?
«Con la politica che c’è adesso meglio che Maldini resti nel mondo del calcio».
Sia nel calcio che nella politica è finita l’era Berlusconi.
«Non sono stato un suo ammiratore. Abbiamo percorso strade diverse e vissuto su mondi opposti ma di sicuro è un uomo che ha fatto la storia del Milan e del calcio».
Il Milan lo allenerebbe?
«Mai dire mai».
Ma Gianni Rivera oggi quanti anni ha?
«Gianni Rivera non ha età».