il Giornale, 17 giugno 2023
Intervista a Lina Tombolato, la signora Doris
I ricordi battono dentro di lei come un secondo cuore, e di ricordi Lina Tombolato, la signora Doris, ne ha di dolcissimi. Al fianco di Ennio, suo marito, mancato il 24 novembre del 2021, ma vicino anche a Silvio Berlusconi, senza il quale Ennio non avrebbe forse potuto realizzare quel sogno che oggi si chiama Banca Mediolanum.
Un ricordo è quel primo storico incontro a Portofino; un altro è l’ultima cena, il 5 giugno scorso, a Villa San Martino.
«Massimo si doveva trovare a cena con Luigi, ma Silvio fece di tutto per averci tutti assieme a casa sua, mancava solo Pier Silvio. È stata una serata bellissima. Nonostante il Presidente avesse da poco superato una sfibrante broncopolmonite, era in forma smagliante. Come al suo solito, tenne banco per tutta la sera, come solo lui sapeva fare: con energia e affetto, tantissime le attenzioni. Ha parlato per ore, di tutto, fino alle undici e mezza della sera, quando poi noi decidemmo di tornare a casa, ma Marina e Marta (Fascina, ndr), mi hanno raccontato che Silvio è rimasto alzato a parlare fino all’una di notte con i suoi ragazzi, con l’entusiasmo di un eterno ragazzino».
Di cosa parlava?
«Di amore e libertà. Di quello che aveva in serbo di fare ancora per il suo futuro. Lui è sempre stato una persona che guardava avanti. Per dirla con Salvador Dalì, più di tutto si ricordava del futuro. È stato un uomo del fare e della condivisione».
Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi: cosa rammenta del famoso incontro tra Ennio e Silvio Berlusconi a Portofino, nel 1981?
«Poteva essere fine maggio o inizio giugno, non ricordo bene, ma le giornate cominciavano a essere lunghe e le sere erano luminose. Ennio doveva incontrare a Genova un grande fiscalista e tributarista, Victor Uckmar e decidemmo così di unire l’utile al dilettevole e trascorrere un fine settimana in Riviera: al mattino l’incontro di lavoro e poi due giorni di riposo e relax per noi. L’intenzione era di andare a dormire allo Splendido di Portofino, ma non c’era posto. Allora decidemmo di virare verso l’Imperial Palace di Santa Margherita. Nel tardo pomeriggio, però, andammo ugualmente a cena a Portofino. Prenotammo un tavolo al Pitosforo, ma prima ci sedemmo in piazzetta per un aperitivo. A un certo punto, mentre eravamo sul porticciolo, Ennio richiamò la mia attenzione: Lina guarda, c’è Berlusconi!. Il tono della voce di Ennio è di quelli che non passano inosservati e il Cavaliere, sentendolo, si girò verso di noi concedendoci il suo luminoso sorriso. A quel punto Ennio si alzò sicuro e andò spedito verso Berlusconi: Posso stringere la mano a una persona che ammiro molto? gli disse -. Io lavoro per la Dival del Gruppo Ras, faccio questo, faccio quello. Se avessimo un imprenditore come lei, potremmo fare anche molto di più. Insomma, parlarono un po’, giusto il tempo per spiegargli sommariamente di cosa si occupasse e gli confidò di aver letto il famoso articolo su Capital, nel quale il Cavaliere invitava giovani di buona volontà a farsi avanti con buone idee. Io sono qui, se vuole parliamo di un progetto che io ho in mente da un po. Saluti e fine dei discorsi. Noi ci sedemmo a un tavolo, il Cavaliere non molto lontano da noi in un altro. In verità i due per un po’ continuarono ad osservarsi, ma nessuno dei due fece la mossa di andare al tavolo dell’altro. Ennio non volle disturbare di più, ed è probabile che anche Berlusconi pensò alla stessa cosa».
Come andò avanti quella serata?
«Benissimo. Ennio era felicissimo di averlo incontrato, di avergli parlato per qualche minuto. Unico rammarico: non avergli chiesto il numero di telefono, ma Ennio ne era certo: vedrai che mi chiama. Sa che lavoro in Dival e se mi ha detto che mi chiama, mi chiama».
Lo chiamò.
«Dopo una decina di giorni, chiedendo espressamente di Ennio e quella telefonata ha cambiato il corso della nostra vita».
Cosa ricorda di quella vigilia, di quell’incontro a Villa San Martino?
«Al primo incontro c’era anche Gianfranco Cassol, all’epoca il capo di Ennio, che poi però si sfilò e preferì rimanere al Gruppo Ras. Ennio invece andò avanti deciso come era solito fare, determinato dei propri convincimenti. Sentivo in quei giorni nell’aria che qualcosa stava per cambiare. L’energia era davvero tanta. La progettualità si mischiava all’emozione di qualcosa di grande che stava prendendo corpo. Ricordo che quando Ennio si presentò al secondo incontro, da solo in villa ad Arcore, portò con sé anche tanti documenti e gli statement commission, per dimostrargli che in un mese guadagnava già più di 120 milioni di vecchie lire. Un colpo di vento fece volare via tutto, anche quello lo considerò un segno del destino».
Quando ha incontrato poi per la prima volta il Presidente?
«Prima del successivo Natale, al Manzoni davano Le baruffe chiozzotte (commedia di Carlo Goldoni, ndr). Ricordo che era elegantissimo, bello ed empatico come pochi. Fu una grandissima emozione: per me era davvero come vivere ad occhi aperti una favola».
Il ricordo.
«Ho ancora negli occhi l’immagine di Silvio seduto in prima fila con accanto i suoi genitori, che teneva entrambi per mano. Adorabile».
Cos’era per lei Silvio Berlusconi.
«Un amico, un motivatore fantastico. Un uomo di grandissima sensibilità. Un visionario di intelligenza vivissima. Sapeva spiegare scenari futuri con didascalica lucidità. Rendeva semplice il complesso. Se me lo consente direi anche che questi aspetti erano propri anche di Ennio. Assieme si sono completati».
Se dovesse usare un termine per definirlo.
«Genio. Se fosse stato uno sportivo, un fuoriclasse».
Un po’ come il suo Ennio...
«Erano due fratelli. A loro bastava uno sguardo per capirsi. Un po’ come quel giorno a Portofino».