la Repubblica, 17 giugno 2023
Il Napoli ricomincia da Garcia
Squadra che vince non si cambia. Stavolta c’è del conformismo persino nella strategia di Aurelio De Laurentiis e nella sua scelta un po’ spiazzante di sostituire Luciano Spalletti con Rudi Garcia: non un guru di grido, non un professionista già affermato e tanto meno un astro emergente della panchina. Da Mazzarri a Benitez, da Sarri ad Ancelotti, da Gattuso a Spalletti. A Napoli la regola era stata finora l’alternanza tra profili molto diversi tra loro, scelti sovente in maniera pure istintiva e per ribaltare gli umori della piazza, nel classico leit motiv del chiodo scaccia chiodo. Ma nessuna eccezione è più convincente di uno scudetto stravinto e per questo il presidente è stato obbligato a imboccare da campione in carica la strada meno rivoluzionaria della continuità, trovando peraltro lo stesso il modo per renderla meno scontata con un elemento distintivo. Il francese è infatti appena il secondo (su dieci) tecnico straniero della gestione quasi ventennale del produttore cinematografico, che non è riuscito tuttavia a trovare il profilo di cui aveva bisogno con il marchio del made in Italy, a lui più congeniale. Il physique du rôle tricolore lo avrebbe avuto sicuramente Roberto De Zerbi, troppo preso però dalla sua avventura in Premier League e rimasto quindi solo una suggestione. Per questo il club azzurro si è trovato nella condizione quasi inedita di varcare i confini.
C’era bisogno di un clone di Spalletti e per un po’ intorno al Napoli è circolato il nome di Luis Enrique: troppo ingombrante, costoso, pretenzioso. L’ex ct della Spagna predilige il 4-3-3 e non avrebbe dunque avuto problemi a dare continuità al progetto tecnico dei campioni d’Italia. Ma il suo ingaggio è sfumato per almeno un paio di motivi: lo stipendio troppo alto e la sua abitudine ad atteggiarsi a manager sul mercato, chiedendo di avere voce in capitolo sugli acquisti e soprattutto sulle cessioni. Invece Garcia, che dovrebbe essere presentato lunedì al Museo di Capodimonte, guadagnerà il giusto – biennale da 3 milioni a stagione, con opzione a favore del club per la terza – e sa già che non potrà fare affidamento sul difensore sudcoreano Kim Min-Jae, a un passo dal Bayern Monaco. De Laurentiis non ha potuto inoltre dargli garanzie sulla incedibilità di Victor Osimhen, che andrà via in caso di un’offerta indecente da 150 milioni (c’è il Manchester United in agguato). L’allenatore francese ha accettato però lo stesso la proposta del suo nuovo presidente, in primis perché ha voglia di rimettersi in gioco nel calcio che conta(Champions League compresa) e anche confidando nella solidità economica del club azzurro. Gli addii illustri potranno infatti essere compensati con colpi di alto profilo e i primi nomi che circolano sono quelli di due big dell’Atalanta: il jolly Giorgio Scalvini e il centrocampista olandese Teun Koopmeiners. Nel mirino anche Gabri Veiga del Celta Vigo, se parte Zielinski: costa 30 milioni.
Il Napoli sarà attrezzato per difendere il titolo e Garcia avrà il compito di non disperdere l’eccellente lavoro fatto da Spalletti. De Laurentiis s’era già trovato davanti a un bivio quasi identico nel 2018, quando si fece tradire dal suo ego e spazzò via la favola dei 91 punti con una mossa altisonante: Carlo Ancelotti al posto di Maurizio Sarri, che aveva lasciato le chiavi nel cruscotto di una macchina quasi perfetta. Bastava togliere il freno e rimetterla in moto, ma il presidente si fece tradire dal suo orgoglio ferito e reagì al divorzio in panchina con una rivoluzione, che ebbe l’unico effetto di stravolgere gli equilibri tattici in campo e soprattutto dello spogliatoio azzurro. Stavolta non succederà e al diavolo l’anticonformismo: squadra che vince non si cambia. Lo scudetto si difende con la continuità.