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 2023  giugno 16 Venerdì calendario

Svolta europea per Meloni pronta a entrare nel patto Ursula

«Non potremo comunque stare fuori dalla maggioranza che eleggerà il nuovo presidente della Commissione europea». La morte di Silvio Berlusconi sta accelerando molti dei processi politici in corso in Italia. A destra e anche a sinistra. Ma gli effetti più immediati iniziano già vedersi nella coalizione guidata da Giorgia Meloni. La collocazione del suo partito, Fratelli d’Italia, nel panorama di Bruxelles infatti è comunque destinata a essere modificata. E tutto ruota su quel che accadrà dopo le elezioni europee del giugno 2024 e con la nomina del nuovo esecutivo dell’Unione.
Negli ultimi giorni, allora, la premier italiana ha iniziato a riflettere su un punto cruciale: come si dovrà esprimere il suo partito al momento del voto nell’europarlamento dei vertici innovati di Palazzo Berlaymont o della conferma di Ursula von der Leyen. E proprio la probabile crisi di Forza Italia, l’unico partito di maggioranza iscritto al Ppe, sta correggendo la linea di Palazzo Chigi. Al punto da mettere nel conto persino la “rottura” con il gruppo Conservatore, quello di cui fa parte FdI e di cui la stessa Meloni guida il partito.
Non si tratterebbe, dunque, di un passaggio o di un’adesione della destra italiana ai popolari europei. Quello è al momento escluso. La speranza della squadra meloniana, semmai, è che Forza Italia superi lo sbarramento e mantenga un presidio dentro il gruppo più numeroso in Europa e che stabilmente rappresenta il fulcro del potere nelle istituzioni comunitarie. Per Giorgia Meloni, a questo punto lo stato di necessità sta prendendo il sopravvento sugli istinti politici atavici. Il ragionamento che viene fatto in queste ore è allora piuttosto brutale: la linea pubblica rimane quella di puntare sul rovesciamento dell’attuale maggioranza europea costruita sull’asse Ppe-Pse. L’idea è dunque di aspirare ad una coalizione innovativa in cui i Conservatori prendano il posto dei socialisti per formare un’alleanza di centrodestra anche in Europa. Tutti, anche a Palazzo Chigi, sanno però che questa prospettiva è pressocché impossibile. Non ci sono i numeri. Anche se ci fosse un avanzamento gigantesco dei Conservatori che al momento a Bruxelles contano su poco più di sessanta parlamentari, comunque non sarebbe sufficiente a sfondare la soglia dei 350-360 eurodeputati. Presupponendo anche che i Popolari mantengano l’attuale quota che si attesta intorno a 180.
La conseguenza è che il rischio-isolamento inEuropa già immanente per il gabinetto della destra italiana, non può essere accelerato con una eventuale mancata partecipazione alla scelta dei futuri equilibri. In sostanza se – comeprobabile – l’assemblea di Bruxelles dovesse ripresentare la cosidetta “Maggioranza Ursula”, la “GrosseKoalition” che ha eletto Von der Leyen, il partito della premier italiana non potrebbe rimanerne fuori. Il “Piano B”, insomma, è quello di associarsi a quella maggioranza anche a rischio di spaccare i Conservatori. Di certo non sarà determinante, magari non contiribuirà in maniera fattiva alla selezione delle diverse candidature (non solo per Palazzo Berlaymont ma anche per il Parlamento europeo e per la presidenza del Consiglio Ue), ma partecipare alla elezione della Commissione farà tutta la differenza del mondo. Anche perché la strada che porta alla ricandidatura e alla conferma di Von der Leyen appare quella più tracciata. E Meloni potrebbe essere chiamata a decidere se appoggiare o meno una esponente del Ppe.
In caso contrario l’Italia sarebbe l’unico dei “grandi” paesi a starne fuori. Con conseguenze pesantissime. Il nostro Paese infatti è già in una situazione complicata, in particolare per come viene g estito il Pnrr. Ma verrebbe certificato il giudizio di “estraneità europea” nei confronti di Fratelli d’Italia.
Il pericolo verrebbe amplificato proprio dalla crisi di Forza Italia. I forzisti saranno con tutta probabilità una componente molto ridimensionata dentro il Ppe. Con il rischio addirittura che non superi la soglia di sbarramento e che quindi scompaia dallo scenario brussellese. Un governo i cui partiti sono totalmente estranei al blocco di comando in Europa, avrebbe difficoltà decisive nella gestione di tutti i dossier che si intersecano con la Commissione. Non succede in Germania, in Francia e non accadrebbe in Spagna anche se il socialista Sanchez a fine luglio perdesse le elezioni. In quel caso sarebbero i popolari spagnoli ad assumere il timone.
La tattica “meloniana” è quindi ormai definita. Scommettere sulla crescita dei Conservatori, puntare sull’alleanza con i Popolari europei ma pronti a fare il “salto del cavallo” se questa prima opzione si rivelasse impraticabile. Lo schema spiegano i più vicini allo staff di Palazzo Chigi – ricalca quello seguito con il Patto sull’Asilo e i Migranti. Il governo italiano ha cercato in primo luogo di imporre la sua linea. Di fronte al muro, si è adeguato e ha accettato di dare il via libera a una riforma che non concede sostanzialmente nulla all’Italia.
Il decesso del Cavaliere e la crisi di Forza Italia, insomma, stanno modificando gli assetti della politica italiana. E in parte anche quelli dell’Ue. Ma le scelte cui è costretta Giorgia Meloni sono sempre correttive di quelle annunciate in campagna elettorale e nella tradizione della destra.