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 2023  giugno 16 Venerdì calendario

Nella clinica per maternità surrogata

Nel momento più drammatico della guerra, 29 neonati sono stati portati in salvo in uno scantinato nella periferia di Kiev. Solo quattro tate erano a loro disposizione per cibo e accudimento. Ci sono stati giorni in cui scarseggiava l’acqua potabile e il latte in polvere. Ilhor Pechenoha, primario della clinica per maternità surrogata BioTexCom, una delle maggiori in Europa, ricorda di aver lanciato un appello al direttore di Nestlé affinché recapitasse il necessario per alimentare i bambini portati in grembo dalle madri surrogate e venuti al mondo in quell’ultima settimana infernale di febbraio 2022. Ci sono voluti mesi perché venissero tutti consegnati alle famiglie che li avevano richiesti.
Siamo nel quartiere di Tatarka, a Nord-Ovest di Kiev, una zona residenziale dove sorge questo hub di procreazione assistita famoso in tutta Europa. Pechenoha e Mikola Kokhan, responsabile della clinica per l’Italia, sono ancora visibilmente scossi al ricordo. «Siamo arrivati a lavorare e i missili volavano sopra la città. Dovevamo correre ai ripari, e c’erano bambini che stavano per nascere – ricorda Kokhan – Nei giorni successivi i neonati sono stati partoriti e dalle cliniche ci chiamavano per andarli a prendere. I genitori all’estero ci chiedevano cosa pensassimo di fare, come se si potesse pianificare un evento del genere…». Tra i tanti quesiti etici che pone questa pratica, si è improvvisamente aggiunto anche quello del “worst case scenario”. Che fare quando si scatena una catastrofe?
Oggi la guerra non è ancora finita. La centrale elettrica a cinque minuti di distanza è stata bombardata tre volte nei mesi scorsi. Ma a Bio-TexCom quei giorni appaiono parte del passato. Clienti e personale vanno e vengono sul vialetto con le siepi perfettamente tagliate. Sul parcheggio campeggiano bandiere di tutto il mondo. «Le madri surrogate incinte attualmente sono 140. Nel 2021 si era arrivati a 400», ricorda Pechenoha. «Nell’ultimo anno sono nati circa 500 bambini. Gli stranieri continuano a venire, attualmente da Spagna, Italia, Bulgaria, Romania, Inghilterra e Argentina».
L’Ucraina è una mecca della procreazione assistita a livello mondiale, tra le altre cose perché qui vige una delle poche legislazioni al mondo che riconosce la coppia come genitori biologici dal momento delconcepimento. A questo si aggiungono i prezzi bassi: tra i 60-65mila euro a seconda del pacchetto di servizi richiesto.
Anche qui riverbera la discussione italiana sulla legge del “reato universale” per la gestazione per altri, che sarà votata il 19 giugno in parlamento. Gli italiani, infatti, figurano come un ampio segmento dei clienti di questa clinica. Ma c’è anche un dibattito tutto ucraino: proprio un mese fa è stata depositata una proposta di legge per mettere alcune regole a quello che è considerato un territorio grigio, in particolare nel contesto della guerra.
Viktoria Vagnyer, deputata del parlamento tra le fila del partito del presidente Zelensky e firmataria del progetto, ha spiegato che si tratta di una misura volta a tutelare la salute delle donne, ma anche a far fronte al drammatico calo demografico del Paese fintanto che continua il conflitto.
La legge 6475-D, registrata a maggio, stabilisce requisiti per tutte le madri surrogate, propone la creazione di un registro di tutti i genitori stranieri che richiedono il servizio, proibisce il lavoro di agenzie e intermediari. Ma soprattutto vorrebbe fermare il lavoro delle cliniche fino a che c’è la legge marziale, per far fronte al calo demografico.
Per chi lavora in questo settore,la proposta è «intrisa di patriottismo» e non trova un riscontro demografico. «Negli ultimi tre anni in Ucraina sono nati 3mila bambini con la surrogata. 500 dei quali erano ucraini. Non sono numeri che possono in alcun modo influire sulla situazione demografica», si infervora Pechenoha.
Secondo la legge attuale le madri non devono essere più giovani di 20 anni e devono avere già almeno un figlio naturale. Non ci sono limiti di vecchiaia, purché ci sia un parere medico positivo a riguardo. «Non si fa gestazione per coppie omosessuali», spiega infine Albert Tochilovsky, fondatore della clinica, «non dipende da noi. È la legge».
Poche regole chiare, che però non impediscono che dietro a una madre surrogata ci sia una situazione drammatica. Olga Syvak, 36 anni, fa strada verso il suo piccolo studio di logopedia in un quartiere della sponda sinistra del Dnepr a Kiev. A marzo ha partorito la sua seconda figlia surrogata, Alina, che ha occhi grandi e azzurri nella foto salvata sul telefono. «Ero sposata e ho avuto due figli. Dopo cinque anni di matrimonio, mio marito ha iniziato a bere. Dopo un anno non ne potevo più. Mi sono trasferita da sola, le nostre condizioni di vita si sono fattepiù umili. Volevo comprare un appartamento, cercavo secondi lavori quando ho trovato l’annuncio per la maternità surrogata».
Elias, figlio di una coppia tedesca, è nato 9 mesi dopo. Anche di lui ha una foto recente sul telefono. Il parto si è complicato e le hanno fatto un taglio cesareo. I soldi guadagnati erano un totale di 13.500 euro, non sufficienti per un appartamento anche di dimensioni piccole. «Ho deciso di averne un altro, ma nella stessa clinica non me lo avrebbero permesso dopo il cesareo. Quindi ne ho scelta un’altra dove prediligevano la nascita naturale». La discussione con i due figli naturali, che ora hanno 11 e 15 anni, è stata più aperta della prima volta. «Avevo visto alla tv un servizio che parlava di una coppia che aveva abbandonato il neonato surrogato, e allora abbiamo deciso insieme che, se questo fosse accaduto, avremmo tenuto con noi la bambina». Non è successo, e a marzo la coppia ha ricevuto il bebè. Olga ha ricevuto 14mila euro. Non sono ancora abbastanza. «Se tutto va bene», a gennaio inizierà un’altra gestazione.