la Repubblica, 16 giugno 2023
I 100 anni della maturità
Mica male il tema del ’68! Poteva essere una frase di Brecht, invece fu scelto Berchet (1783-1851). Ma la frase «Rendetevi coevi al secolo vostro» avrebbe potuto essere comunque impugnata per una riflessione sul (turbolento) spirito dei tempi. Il tema sul Congresso di Vienna e quello su Leopardi offrivano meno margine per attualizzare. È un viaggio avventuroso: anno dopo anno, traccia dopo traccia. L’esame di maturità compie un secolo (la prova di licenza liceale fu introdotta da Giovanni Gentile nel 1923) e in cento anni il tema di italiano – più o meno rimodellato – ha assorbito ansie notturne, slanci creativi, svarioni. Sui fogli protocollo sono rimasti impressi i sentimenti e le opinioni di generazioni di studenti e studentesse: ne risulterebbe, scavando negli archivi delle scuole, una radiografia emotiva e intellettuale dei “giovani d’oggi” epoca per epoca.
Un volume appena uscito per Utet curato da Ivan Carozzi,
Che traccia hai scelto,propone un «gioco serissimo»: scrittori, scrittrici, artisti provano a rifare il tema scelto all’esame. Barbara Alberti, maturanda nel 1962, si orientò sulla contemplazione del dolore nel Manzoni e nel Leopardi. Stagione prerivoluzionaria: «Quel liceo era una galera, il preside un tiranno». Reagire alla pressione dell’atmosfera conformista, ricorda Alberti, non era facile. «Che bel tema avrei potuto fare se avessi scritto ciò che sentivo». E qui tocca il punto più critico e durevole: la difficile dialettica fra “ciò che penso e sento” e “ciò che i commissari si aspettano da me”. Oggi Alberti si lancerebbe in un elogio sperticato di Leopardi, riparando «all’antica viltà rifacendolo daccapo». A Sandra Petrignani, nel 1971, toccò un impegnativo ma stimolante confronto fra «romanticismo perenne e romanticismo storico». Come se lacavò? «Non ricordo una sola parola». Oggi sceglierebbe la traccia sull’evoluzione civile che «lavora contro la guerra». Le nobili istanze pacifiste sono un timbro ricorrente nelle tracce: Maria Grazia Calandrone, nel 1982, se ne occupò a partire da una onerosa citazione di Ignazio Silone sulle frontiere della pace e della verità. Che non passano solo all’interno di ogni Paese ma anche «nell’interno di ognuno di noi». Un po’ in anticipo sull’avvento del digitale, nel 1986 fu chiesto ai maturandi di spiegare «attraverso quali esperienze avete imparato ad apprezzare la parola scritta rispetto alla pluralità delle forme espressive del nostro tempo». Gaja Cenciarelli racconta che alla commissione lo svolgimento sembrò «fuori tema». Quante volte ci è capitato? Il dominio della “connettività” è al centro della traccia di ambito tecnico-scientifico nel 2015: alcandidato del collettivo Tlon cui toccò svolgerla sembra, a distanza di otto anni, di avere dato una risposta ingenua. «Ci illudevamo di star vivendo un mutamento rapido e profondo, eppure eravamo degli esordienti nella società della stanchezza, della sorveglianza, della trasparenza, dei consumi, della perfomance».
Il tema d’attualità risulta spesso fra i prediletti, ma è un falso amico. Il rischio della retorica è sempre ai livelli di guardia. Prendiamo una delle tracce assegnate nel 1969: «Che cosa fareste voi per cambiare il mondo?». Lo spirito della contestazione è filtrato nelle stanze del ministero. Ma che cosa si può dire? Quanto si può mettere in gioco l’io? Altra eterna domanda, che un tema anni Cinquantacome quello con cui si misurò il maturando Umberto Eco disinnescava. D’altra parte, parlare degli «orientamenti del pensiero politico nella prima metà del secolo XIX» non era una prova da opinionisti. Come nemmeno lo era la traccia sulla immancabile triade Montale Ungaretti Quasimodo nel ’78 del delitto Moro: nessuna concessione all’attualità del terrorismo. Viene evocata a metà anni Ottanta – ma non era il decennio spensierato di Tropicana? – con una traccia sulla violenza che «lacera quotidianamente la società, circonda la nostra vita, coinvolge la nostra coscienza, sollecita la nostra riflessione morale, culturale, politica». Il s ecolo nuovo si apre con il futuro del libro elettronico, e – a dispetto delle magnifiche sorti e progressive – con il male di vivere. Però è quello di Montale.