Corriere della Sera, 17 giugno 2023
La Brexit-verità di Gary Smith
Le bugie sulla Brexit hanno le gambe corte, sembra dire Gary Smith. Scozzese, nato a Edinburgo, sessantacinque anni, ex operaio installatore di caldaie a gas e poi ingegnere (fu mandato a studiare al Ruskin College e alla Warwick University dal sindacato al quale aveva aderito quando era giovane) il segretario generale della Gmb non si fa condizionare dal fatto che la sua organizzazione (mezzo milione circa di iscritti, forte soprattutto nel settore industriale, nel commercio, nella istruzione pubblica e nella sanità) sostiene i laburisti e versa ogni anno oltre un milione di sterline nelle loro casse.
L’appello di Smith a Keith Starmer, il leader del partito che è anche il suo, è arrivato molto chiaro alle orecchie dell’uomo – come indicano tutti i sondaggi – in predicato di sfrattare i conservatori dal numero dieci di Downing Street: a suo giudizio è il momento di promuovere un dibattito onesto sui danni che l’uscita dall’Unione europea ha provocato ai lavoratori britannici. «Tra i politici abbiamo visto mancanza di sincerità e paura – ha detto Smith in una intervista a The Observer – sulla necessità di affrontare l’impatto che la Brexit sta avendo nell’economia». «Sappiamo che non rientreremo nell’Unione europea – ha aggiunto – ma dobbiamo riconoscere che le tensioni ai confini sono uno dei fattori dietro all’inflazione. È molto negativo per i posti di lavoro e gli investimenti».
Con queste semplici parole il numero uno della Gmb ha riaperto le contraddizioni di un partito che ha accantonato l’idea di un secondo referendum e all’interno del quale molti filo-europei sarebbero almeno favorevoli a una posizione meno rassegnata allo status quo. Starmer, al contrario, continua ad essere soprattutto preoccupato di non scontentare quella parte dell’elettorato laburista che ha votato per il «leave», sostenendo però che non avrebbe senso fare finta che «tutto stia andando bene». Un po’ poco, forse, visto il disastro che i conservatori hanno provocato. Ha ancora ragione Smith, convinto da sempre, come sottolineò, che «chi vuole il potere deve essere responsabile».