Corriere della Sera, 17 giugno 2023
Intervista a Nusret Gökçe
Nusret Gökçe, conosciuto come Salt Bae, il macellaio più ricco del mondo, imprenditore di successo con 32 ristoranti e 4.000 dipendenti, è diventato una star grazie al gesto di spargere il sale (Bae significa prima di chiunque altro, before anyone else). Ristoratore delle star, amato dai giovani, attaccato per gli scontrini impopolari, cultore della forma fisica e dall’eleganza, parla un buon inglese autodidatta, ha maniere gentili e indossa un abito Tom Ford di cui mostra l’etichetta.
Nusret-Salt Bae, ma lei chi è veramente?
«Un imprenditore che da 26 anni lavora ogni giorno, il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Non ho mai fatto vacanze, dormo poco la notte. Business never sleeps».
Cosa significa quel gesto di spargere il sale?
«È un qualcosa che proviene dal cuore, il mio timbro. Un po’ come Ronaldo quando fa il “siuuu” dopo un goal».
Perché è così popolare?
«Perché ho cambiato l’industria del cibo e le aspirazioni: prima di me fare il macellaio non aveva appeal. Chi voleva sposare un macellaio? I bambini volevano fare l’avvocato o l’astronauta: ora sognano Nusret».
Dicono che sia ossessionato dalla ricchezza.
«Fino a 20 anni ho indossato abiti e scarpe di due taglie più grandi ricevuti in beneficenza. Oggi voglio il lusso».
Ha quasi 40 anni, lavora da oltre metà della sua vita.
«Ho dovuto abbandonare gli studi. Vengo da Pasali, un’area rurale della Turchia. Vivevamo in 7 in una stanza: mio padre si alzava all’alba per andare in miniera e alle 18 era già a dormire. Tornavo a casa e non c’era nessuno sveglio».
Il primo giorno di lavoro.
«In una macelleria di Istanbul a 50 chilometri da casa. Avevo 13 anni e lavoravo dalle 6 di mattina a mezzanotte. Dormivo in una poltrona dentro al negozio».
Che mansione aveva?
«Non c’è un termine: aiuto lavapiatti ad altri compiti così. Ma sognavo il successo».
Ha cambiato il copione.
«In Turchia non esistevano steakhouse: ho chiesto al capo di andare in Argentina, per capire quel modo di tagliare la carne».
Le ha detto di sì?
«Ha detto no: con i risparmi ho preso un volo scontato per Buenos Aires e sono rimasto lì per 6 mesi. Sono andato al consolato turco e ho detto: “Voglio imparare”. Non sapevo né l’ inglese, né lo spagnolo: al ritorno a Istanbul la gente parlava solo di me e il mio capo mi ha licenziato».
È volato negli Stati Uniti.
«Ho ottenuto il visto per 3 mesi: tagliavo la carne nel ristorante di un turco. Gli dicevo: “Non sono in vacanza, un giorno aprirò io a New York”».
Chi ha creduto in lei?
«Un uomo d’affari, Mithat Erdem. Aveva sentito parlare di me ed è venuto al ristorante: “Troviamo un nome per il nostro locale”».
Cosa le ha proposto?
«Voleva qualcosa di internazionale, tipo Knife. Gli ho detto: “Il mio nome è il brand”. La «et» finale di Nusret, in turco, significa carne».
Nomen omen.
«Ho detto a Mithat: “Con questo accordo ti sei comperato la tua macchina da soldi”. Così è stato: in poco tempo ho “ripagato” la mia metà. Lavoravamo senza sosta 12 ore al giorno e portavo a dormire a casa mia il personale, avevo paura che il giorno dopo non si ripresentassero».
Ora siete internazionali.
«Grazie all’ingresso di Ferit Sahenk, un magnate turco che è anche mio socio, abbiamo aperto ristoranti dappertutto».
Stati Uniti, Qatar, Emirati Arabi e Mykonos. E l’Italia?
«Vorrei aprire a Milano ma non c’è il posto giusto. Sono alla ricerca di un locale su strada: non voglio un ristorante in cima a un grattacielo, come tutti».
I social contano?
«Prima c’è stato il passaparola. Nel 2017 Instagram ha reso virale il gesto del sale: un cameriere mi ha fatto un video e lo ha postato. La mattina dopo milioni di follower mi chiamavano Salt Bae».
Evviva il cameriere. Ma altri ex dipendenti l’accusano.
«La mia seconda professione è il dottore. Ogni dipendente viene da me ascoltato, valorizzato e può aspirare a girare il mondo. Chi non ha la stoffa non tiene il passo. E sparge fake news».
Falso anche l’extra per un suo taglio di carne al tavolo?
«Fare star bene i clienti per me conta più dei soldi. Chi si siede al ristorante è un ospite d’onore. Sia che ordini un burger o la golden ottoman».
La famosa carne ricoperta d’oro, assai salata...
«Carne di altissima qualità: gli animali hanno ascoltato musica, sono stati massaggiati. È il prezzo giusto».
I medici dicono di contenere il consumo di carne.
«Le proteine sono importanti. Mangio carne ogni giorno da 26 anni, se non lo faccio non mi sazio. E sono in ottima salute».
Cosa pensa dei vegani?
«Li rispetto e nel menu ho dei piatti per loro. Ma ho convertito molti vegetariani».
Sa ancora quanto costa un chilo di carne?
«Conosco perfettamente il costo di ogni taglio di carne in ogni Paese del mondo».
Oggi è un uomo ricco. Cosa ha regalato ai suoi?
«I miei genitori non sanno leggere, un giorno mi hanno detto: “Ci spieghi cosa sta succedendo”? Ho comperato per loro una villa a Pasali».
Ha assunto i suoi fratelli?
«Sì. Di recente li ho invitati a pranzo: ci siamo seduti a tavola, non avevo mai mangiato o parlato con loro a tavola».
Donne nel suo staff?
«Ne formiamo molte alla Academy di Istanbul, con stage retribuiti».
Fa beneficienza?
«Ho aperto un cinema e una biblioteca a Pasali».
Il suo prossimo passo?
«Quotarmi in Borsa».
Non sogna il cinema?
«Vorrei fare un documentario sulla mia vita. Credo che possa ispirare le persone».
La gente è invidiosa?
«Mi invidia chi non mi conosce. Chi sa come sono davvero cambia giudizio».
È stato attaccato per aver preso in mano la Coppa del Mondo vinta dall’Argentina.
«Non sapevo che fosse vietato. Credo che lo ignorassero in tanti e oggi grazie a me sappiamo una cosa nuova».
Ha calciatori tra i clienti?
«Sono passati quasi tutti. Ronaldo? Un salutista».
Un cliente speciale?
«Al Pacino. Poi Andrea e Veronica Bocelli: Andrea ama il sushi, gli ho dedicato il Bonbon Andrea, è nel menu».
Ha 13 figli o è una bufala?
«Faccia 23... uno all’anno».
È single?
«Sì, ho una vita troppo in movimento per la coppia».
Cosa dirà a un figlio?
«Di avere buon cuore, sorridere ed essere disciplinato».
È felice?
«Se non sei felice non puoi avere successo: devi dimenticare ieri e focalizzarti sul presente, imparando dal passato»