Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  giugno 16 Venerdì calendario

Il peso di chiamarsi Trump

Tre anni fa, nella fase finale della turbolenta presidenza Trump, erano in molti a pensare che Melania, sempre più spesso nelle cronache per le sue assenze o per i segni di insofferenza, aspettasse solo le presidenziali che la obbligavano a restare incollata al marito, per riprendersi la sua libertà. Mentre Ivanka, la figlia adorata da The Donald fino al punto di parlarne come della possibile prima presidentessa degli Stati Uniti, continuatrice della sua opera, sua consigliera insieme al marito Jared Kushner, trattava la Casa Bianca come un suo brand personale, ma integrato in quello paterno. Le cose, però, hanno poi preso una piega assai diversa: dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 (Ivanka era col padre durante il suo comizio incendiario, ma solo per cercare di evitare che facesse troppi guai, ha fatto poi prudentemente sapere in giro), la first daughter ha progressivamente allentato i contatti con l’ingombrante genitore.
Mentre Melania è rimasta fedelmente e sommessamente al suo fianco (per rispetto di vincoli contrattuali stipulati al momento del matrimonio, nel 2005, dicono i maligni), quando Trump ha annunciato la sua ricandidatura Ivanka non ha perso tempo: ha subito comunicato che stavolta non sarebbe stata a fianco del padre, fine del suo impegno politico. L’ex presidente l’ha giustificata: «Io e la mia famiglia subiamo da anni attacchi feroci, è stata durissima per tutti». Salvo che Eric e Donald Jr, i fratelli di Ivanka a suo tempo poco stimati da Donald, sono rimasti al suo fianco come pasdaran, pronti a denunciare complotti e a sostenere, senza temere il ridicolo, che gli Usa sono ormai ridotti a essere una repubblica delle banane: solo Trump può riscattarli. Mentre Ivanka, che pur vivendo a Miami, a pochi chilometri da Mar-a-Lago, non vede quasi mai il padre, dopo la prima incriminazione gli ha offerto solo una solidarietà di circostanza. Dopo la seconda nemmeno quella. E quando, a marzo, Donald è finito in tribunale per aver pagato il silenzio della pornostar Stormy Daniels sui loro rapporti, se l’è cavata con esercizi di equilibrismo verbale: «Amo papà ma capisco chi dissente. Provo pena per entrambi e apprezzo tutte le voci: quelle che lo sostengono e quelle preoccupate». Il nome Trump, che un tempo dava splendore ai suoi brand e alla sua vita sociale, ormai è solo un peso. E lei non ha contratti da rispettare.