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 2023  giugno 14 Mercoledì calendario

I tagli di Fontana

Lucio Fontana aveva cominciato, sul finire degli anni Cinquanta, a bucare e a tagliare le tele bianche, dando inizio al movimento dell’arte spaziale: dove il quadro non è più quadro, la scultura non è più scultura.
Un percorso intrapreso in realtà molto tempo prima da Giotto, che aveva dato risalto alle immagini con il chiaroscuro; e dagli artisti rinascimentali, che avevano sviluppato la prospettiva, Brunelleschi e Masaccio tra i primi. «Pare che sia bucato quel muro», aveva esclamato Vasari guardando la Trinità di Masaccio affrescata in Santa Maria Novella a Firenze. E se i pittori tentarono di fare scultura con i pennelli, gli scultori cercarono di dipingere con lo scalpello. Ad aprire la strada era stato Donatello, con i suoi celeberrimi “stiacciati”, quei quadretti di marmo con rilievi bassissimi, talvolta di pochi millimetri. Il primo apparve tra il 1415 e il 1417, nella predella della statua di San Giorgio, e segnò una svolta radicale nella storia della scultura. Perché l’artista riuscì a dissolvere la barriera invalicabile dello sfondo, e a far volare lo sguardo dello spettatore oltre il santo a cavallo che infilza il drago, oltre la timorosa principessa che prega a mani giunte, oltre lo scorcio delle arcate sulla sinistra, fino alla pianura alberata e ai crinali delle colline e alle nuvole in cielo, graffite lievemente sul marmo

(da: Lauretta Colonnelli La vita segreta dei colori Marsilio)

Nelle varie interviste che rilasciò, Lucio Fontana spiegò la sua ricerca partendo dall’inizio della storia della pittura, quando si raffigurava la natura in due dimensioni. In seguito si cominciò a studiare la tridimensionalità: con la scoperta della prospettiva le raffigurazioni della realtà divennero più naturali, più vicine al vero. Poi arrivò il giorno in cui questa tridimensionalità non bastava più, perché l’uomo aveva ampliato le sue conoscenze e si era imbattuto nella scoperta della quarta dimensione, del cosmo, dell’infinito. E mentre i primi astronauti si preparavano a oltrepassare i confini della Terra e a scendere sulla Luna, Fontana era pronto ad aprire un varco nella tela, per andare oltre la superficie. Asseriva che con i suoi tagli voleva gettare lo sguardo dentro il cosmo, inabissarsi in una visione prospettica misteriosa e senza fine.
Giancarlo Politi, che aveva conosciuto Fontana in Umbria negli anni Sessanta, quando l’artista frequentava a Foligno lo stabilimento del designer Dino Gavina, ricorda una versione un po’ diversa: «Rimasi di stucco un giorno (non ricordo se a Trevi o a Milano) quando, da critico d’arte, gli chiesi da dove era nata l’idea del taglio nelle sue opere. Un gesto su cui erano stati scritti libri sacri che richiamavano la fisica quantistica, il buco nero o la quarta dimensione. La sua risposta? Ve lo giuro, perché rimasi di stucco: “L’idea mi è venuta dalla f..a di V.” Che io conoscevo bene, perché era un’artista molto attiva (e bravissima) ed era stata (o era?) la fidanzata di Piero Manzoni. Ragazza affascinante, molto creativa e per quei tempi particolarmente disinibita».
Alberto Boatto fa notare che è «un’opinione fondata quella di scorgere una pulsione erotica nell’azione di Fontana di oltrepassare la compattezza della tela, di aprirla, come si apre il sesso di una donna».
(da: Lauretta Colonnelli La vita segreta dei colori Marsilio)