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 2023  giugno 14 Mercoledì calendario

Allarme Onu sui 108 milioni di profughi


ROMA – La guerra in Ucraina, il nuovo conflitto in Sudan, ma non solo. A far schizzare in alto come non mai la curva delle persone in fuga nel mondo ci sono le sempre più estese violazioni dei diritti umani ma, soprattutto, le emergenze climatiche. Oltre ai numeri assoluti, forniti dal Global Trends,il rapporto annuale di Unhcr in occasione della giornata mondiale del rifugiato che si celebra il prossimo 20 giugno, c’è una percentuale che fa paura: a livello globale, l’80 per cento delle persone costrette a lasciare la loro casa proviene da Paesi in emergenza climatica, dove spesso i conflitti interni o le violenze sono scatenate proprio dalla drammatica lotta per accaparrarsi le poche risorse disponibili.
Un trend sempre in crescita (108, 4 milioni, con un record di 19,1 milioni in più nel 2022 rispetto all’anno precedente) che naturalmente autorizza ad ipotizzare una curva in aumento esponenziale per i prossimi anni con vaste aree del pianeta (Italia compresa) interessate continuamente da alluvioni, inondazioni, siccità, carestie.
È un report assai allarmante quello sulle migrazioni forzate nel mondo redatto dall’agenzia per i rifugiati delle Nazioni unite, con i 108,4 milioni registrati a fine 2022 che nei primi mesi del 2023 hanno già superato quota 110 milioni. La guerra in Ucraina ha dato sicuramente una grossa spinta agli esodi forzati nel 2022, basti pensare che il numero dei rifugiati provenienti da quel Paese è salito dai 27.300 della fine del 2021 ai 5,7 milioni alla fine del 2022. E ucraini sono il 41 % dei 354.414 rifugiati (un numero dunque assai esiguo) che l’Italia ospita. Irrisolte, e dunque anche qui con un numeroancora crescente di persone in fuga, restano le guerre in Afghanistan (con 8,2 milioni di persone che, per lo più, hanno trovato rifugio in Iran e Pakistan) e in Siria con 6,5 milioni in fuga. A cui si aggiunge, negli ultimi mesi, il grande esodo per lo scoppio del conflitto in Sudan.
«Questi numeri – dice l’alto commissario per i rifugiati Filippo Grandi – ci dimostrano che ci sono persone fin troppo pronte a ricorrere alla guerra e decisamente troppo lente a trovare soluzioni. La conseguenza è la devastazione, lo sfollamento e l‘angoscia per milioni di persone sradicate con forza dalle loro case».
Sempre più estese, nel mappamondo, sono però le zone da cui si fugge per emergenze climatiche: dai Paesi del Sahel al Corno d’Africa, dal Bangladesh al Mozambico, dal Camerun al Sud Sudan, dall’Afghanistan al Pakistan, fino all’America centrale. E gli ultimi due anni hanno fatto segnare uno scostamento verso l’alto dei migranti climatici. Se nell’ultimo decennio (secondo il monitoraggio dell’Internal Displacement Monitoring Centre) ogni anno, in media, sono state 21,5 milioni le persone mosse dalle emergenze climatiche (più del doppio di quelle mosse da guerre e violenze), già il 2021 ha raggiunto i 23 milioni. «E ovviamente – nota Federico Fossi di Unhcr – i Paesi che pagano il prezzo più alto per la crisi del clima sono quelli che contribuiscono di meno alle alterazioni di cui il globo sta cominciando a pagare il conto».
Ma dove va chi scappa dalla propria terra? Solo uno su tre (quindi poco più di 35 milioni) chiede protezione internazionale e diventa a tutti gli effetti rifugiato, la maggior parte resta uno sfollato interno o trova ospitalità in Paesi vicini quasi sempre a basso re ddito. «In tutto il mondo le persone continuano a dimostrare una straordinaria ospitalità nei confronti dei rifugiati – osserva Grandi – ma è necessario maggior sostegno internazionale e una condivisione più equa delle responsabilità, specialmente con quei Paesi che ospitano la maggior parte dei rifugiati e degli sfollati nel mondo». Per questo Unhcr lancia la campagna globale Hope away from homeper soluzioni a lungo termine e percorsi di inclusione nei Paesi che li ospitano.