Anteprima, 12 aprile 2023
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Biografia di Giorgio Torelli
Giorgio Torelli (1928-2023). Giornalista. «Giorgio nasce a Parma il 26 febbraio 1928. Studente di medicina lascia l’università nel 1954 per abbracciare il giornalismo, lo muove la grande passione per la cronaca e insieme il desiderio di metter su famiglia con l’amata Carlina. Tre mesi in redazione alla “Gazzetta di Parma” e poi un telegramma in rima lo invita nella grande città: “Ora la Notte emette il fischio / venga Torelli senza rischio / firmerà contratto a Milano: / molto lavoro e poco grano”. Le parole di Nino Nutrizio, direttore del quotidiano della sera, vengono accolte e Milano diventa la sua seconda patria. Tanti i quotidiani e i settimanali per cui lavora, dal “Candido” di Guareschi a “Epoca”. Fonda nel 1974 con Indro Montanelli “il Giornale nuovo”, di cui è inviato di punta. Collabora a lungo con “Avvenire” e “Luoghi dell’Infinito”. Firma una trentina di libri e un romanzo, La Parma voladora. La sua ricerca ha per orizzonte le storie belle, le persone buone, gli eventi che danno speranza. Insomma tutto quello che tiene unito il mondo e impedisce la dissoluzione e la vittoria del caos. Era uomo di grande fede e di una cultura straordinaria. Cultura di storia e di storie, in gran parte vissute, e di quel mondo che aveva conosciuto nel suo viaggiare da inviato. Era un campione della cultura popolare: la sua pagina “Eravamo una piccola città”, appuntamento domenicale con la “Gazzetta di Parma”, dal 2012 fino alla settimana scorsa, raccontava il mondo parmense e la sua gente. E in dialetto ha voluto tradurre il Vangelo di Marco: Al Vangel äd Marco in pramzan dal sas, il parmigiano del “sasso”, la città storica. Con Giorgio avevamo lunghe telefonate. Mi chiamava ed era subito festa: il suo parlare parmigiano era sempre gioioso, brillante e soprattutto vivo. A volte mi vedevo costretto a interrompere il suo profluvio per chiedergli una traduzione. Ma non c’era bisogno di traduzione per comprendere come la vita buona e felice scorresse nel suo raccontare infinito. Giorgio era un uomo dalle forti radici e dagli orizzonti che non conoscono confini […] Come inviato ha attraversato i cinque continenti, mosso da sete di conoscenza, dalla passione per gli uomini, da un’empatia che lo faceva entrare in rapporto anche con le persone più lontane per cultura, lingua, sensibilità. In questo abbracciare il mondo è stato accanto a missionari a cui lo legava una profonda amicizia, da Piero Gheddo a Baba Camillo a Marcello Candia. Scrivere era come respirare. Non si coglieva grande differenza tra il suo parlare e i suoi articoli: la parola, sia nella lingua madre sia in italiano, era sempre ricca, precisa, capace di esprimere l’essenziale e le sue sfumature. Ed era sempre una parola gioiosa. Anche quando raccontava le zone d’ombra e gli abissi dell’umano si scorgeva la luce della speranza e la fiducia nella Provvidenza» [Gazzaneo, Avv]. Morto la sera del Giovedì Santo. Il 6 aprile era nella sua casa di Milano circondato dalla famiglia: la moglie Carlina, medico, conosciuta sui banchi del liceo classico e unica donna della sua vita, i figli Stefano e Michele Arcangelo (la figlia Alessandra è morta nel 2020).