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 2023  maggio 16 Martedì calendario

Biografia di Francesco Nuti

Francesco Nuti, nato a Firenze il 17 maggio 1955 (68 anni). Attore. Regista. Due David di Donatello come miglior protagonista: Io, Chiara e lo Scuro (Maurizio Ponzi 1983, anche Nastro d’argento), Casablanca, Casablanca (Ponzi 1985).
Titoli di testa «Vivo la vita di tutti i giorni e mi pare bellissima»
Vita Figlio di un barbiere di Narnali, frazione di Prato, e di Anna, una casalinga calabrese • Da giovane «prendevo i pidocchi, ero amico degli zingari» • «Mio padre disse: vai in fabbrica. Durante la settimana, in fabbrica. E il sabato, al negozio da mio padre. La sera, il cabaret. Nel 1979 incontrai i Giancattivi (Alessandro Benvenuti e Athina Cenci – ndr)» • Messosi in proprio, divenne «uno dei più popolari autori di quelle che il critico Stefano Reggiani aveva definito “melancommedie”» (Simonetta Robiony) • Il successo arriva con Madonna che silenzio c’è stasera. Film che regala alla storia della musica italiana una canzone che sa di sorrisi e goliardia. Il ritornello? «Oh, puppe a pera…» • Io, Chiara e lo Scuro (1982) parla del suo luogo dell’anima, la sala da biliardo, della sfida con l’inarrivabile Scuro – il 9 volte campione italiano di biliardo Marcello Lotti – e degli equivoci che si creano, si sciolgono e si ricreano con una sassofonista di nome Chiara • «Si parla di corna, di amanti, si parla di donne e si gioca. Il tappeto verde assomiglia alla pelle di una donna, ci sono rumori ritmici che danno musicalità a tutto questo» (al Maurizio Costanzo show, nel 1998) • «È il biliardo che mi ha insegnato a fare il cinema», ha spiegato nella sua autobiografia, «perché nel biliardo ogni colpo è il risultato della scelta di infinite triangolazioni. Fra le triangolazioni del biliardo e le angolazioni dell’inquadratura cinematografica non c’è differenza. Il regista, come un giocatore di biliardo, si muove intorno alla scena per scoprire dove piazzare il colpo. Guarda la scena dall’alto, dal basso, da lontano, da vicino, ma solo attraverso il coraggio dell’improvvisazione coglierà l’immagine più bella» [Francesco Nuti, Sono un bravo ragazzo] • Con Casablanca, Casablanca, la sua prima prova dietro alla macchina da presa, Nuti vince il premio come miglior regista esordiente al Festival del cinema di San Sebastián • Dotato di una bella voce partecipa a Sanremo con Sarà per te • Che ricordi hai del Festival cui hai partecipato nel 1988, quando eri all’apice del successo? «Mi tremavano le gambe, mi venne un crampo al polpaccio e dovetti iniziare a cantare seduto, mi salvò il mestiere. Riguardo all’apice del successo, quando si gioca una finale all’Ariston anche il campione ha il batticuore» [ad Angela Calvini, Avvenire] • Nel 1990 Isabella Ferrari gli regala acquerelli e un cavalletto. Luca Gambacorti, curatore d’arte: «Nuti è un artista completo, per nulla scontato o banale. Per lui dipingere a un certo punto divenne quasi un’ossessione, non voleva mai esporre. Teneva i quadri in casa a Roma o li regalava agli amici». Aggiunge l’amico Giovanni Veronesi: «A guardare quei dipinti, diretti ad un solo soggetto, si capisce quanto Francesco sia stato, in un periodo della sua vita, concentrato su sé stesso. Quei pinocchi sono lui. Sono tutti Nuti» [Chiara Dalla Tomasina, Io Donna] • «Una vita difficile dopo i successi degli anni Ottanta e Novanta, da Caruso Paskoski a Donne con le gonne (25 miliardi d’incasso nel 1992) • Nel 1994 il regista toscano decide di tuffarsi nella sua avventura più grande OcchioPinocchio. Il progetto – ambizioso – si trasforma in un colossale flop. Il budget del film lievita da 13 fino ad arrivare a circa 25-30 miliardi di lire, i tempi di lavorazione della pellicola – le riprese sono state effettuate negli Stati Uniti – si allungano a dismisura. Inoltre, i contrasti tra Nuti e Cecchi Gori si acuiscono sempre di più. Lo stesso regista decide di sborsare di tasca propria ben due miliardi di lire pur di ultimarlo. L’uscita nelle sale, prevista per il Natale del 1993, viene procrastinata e rimandata di 12 mesi. Una volta uscito gli incassi – a fronte degli ingenti investimenti – ammontano ad appena 4 miliardi e anche la critica si mostra tiepida. Le dimensioni del fiasco purtroppo superano di gran lunga lo sforzo produttivo. Le vicissitudini legate alla realizzazione di OcchioPinocchio si ripercuotono sulla sua carriera. In nessuno dei film successivi Nuti riesce a ritrovare quel filo fatto di leggerezza, a volte surreale e malinconica che accompagnava le sue pellicole più felici. I film successivi – Il signor Quindicipalle, Io amo Andrea e Caruso, zero in condotta – non fanno più breccia nel cuore del pubblico. Qui inizia la parte più difficile della sua vita, quella più tortuosa e buia» [Dalla Tomasina, cit.] • Nessuno vuole produrre Olga e i fratellastri Billi. A 47 anni ha confessato all’agenzia Adnkronos: «Se entro il 15 febbraio 2003 non riuscirò a fare uno dei film che ho scritto, volerò via. Sì, mi suiciderò perché è troppo duro ricevere solo rifiuti dai produttori, che con me si sono arricchiti, e non realizzare film» • Tutto cominciò quando ammise la condizione d’alcolista, fors’anche per troppo successo piombato su un estroso giovanotto cresciuto in una famiglia semplice, tra le fabbriche che riciclavano montagne di stracci, in quella sua Prato dove diceva di voler sempre tornare “per ritrovarsi”. Da allora, la strada è stata piena di trabocchetti: fece lo sciopero della fame perché per Il signor Quindicipalle lo avevano licenziato giudicandolo “inaffidabile” e, prima, aveva combattuto per concludere OcchioPinocchio» (Giovanna Grassi) • «È nato con un male oscuro. Qualcosa si è inceppato nell’infanzia e lui non ha mai superato quello scoglio. Il successo ha nascosto il malessere ma al primo intoppo il male si è ripresentato in maniera devastante ed è venuto giù il cielo. Io non so se Francesco fosse predestinato, ma ho l’impressione che, per la fortuna che ebbe, la sorte gli abbia presentato poi un conto salatissimo. Se sono quel che sono e sono riuscito a fuggire dal mio inferno senza bruciature lo devo anche a lui» (Alessandro Benvenuti) • Il 2 settembre 2006, alla vigilia del ritorno sul set per girare un film insieme a Sabrina Ferilli e Isabella Ferrari dal titolo Olga e i fratellastri Billi, cade dalle scale e si addormenta. Si sveglierà solo 4 mesi dopo. «Stava bene, aveva ormai superato i problemi di alcol e depressione. Era tornato a Roma per firmare il contratto per il suo nuovo film come regista: Olga e i fratellastri Billi», dice la ex compagna Anna Maria Malipiero. Uscito dal coma, una lunga riabilitazione. Viene dimesso solo nel giugno del 2008: «Felice di essere tornato a vivere» ma «ha ancora molto da lavorare per recuperare appieno l’uso della parola». Non ci riuscirà • Devi fare i conti con delle limitazioni fisiche. Quale ti fa più male? «Non giocare al calcio. E non parlare. Ma tanto, io sono stato sempre di poche parole» • Nel 2011 pubblica la sua autobiografia per Rizzoli, curata dal fratello Giovanni, Sono un bravo ragazzo – Andata, caduta e ritorno • Nel settembre del 2013 rilascia un’intervista via mail al Corriere della Sera, in cui dice di aver scritto una canzone con il fratello Giovanni che viene scartata a Sanremo: «La canzone s’intitola Olga tu mi fai morir ed è la colonna sonora del film che si farà Olga e i fratellastri Billi. Io e Giovanni abbiamo lavorato sempre così, la musica era già pronta prima che il film fosse montato ed io filmavo sul set con quella musica a commento. Riguardo all’esclusione da Sanremo del 2013, che vuoi che ti dica, Fazio non ha avuto neppure la cortesia di rispondere ad una lettera che gli avevo mandato, forse non l’ha neppure letta, ma come dice il grande Totò: “Signori si nasce”» • «Sono vissuto per almeno 10 anni con la febbre a quaranta, ora la febbre è passata. Ai giovani dico: “Non bevetevi il cervello”. (…) Ho 57 anni, un po’ acciaccato e non parlo, ma capisco e vedo tutto, posso dire tutto con il mio comunicatore» (Marco Bernardini) [Cds 29/9/2013] • Nel 2014 i suoi amici di sempre - Carlo Conti, Marco Masini, Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni - organizzano un evento al Mandela Forum di Firenze davanti a settemila persone: «I settemila del Mandela e i quattro amici Moschettieri mi hanno molto emozionato, ma è mia figlia Ginevra, che ha cantato per me sul palco, che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi». Per il padre, Ginevra cantò Sarà per te • Oltre al cinema c’è anche il teatro. La sua vita è diventata un racconto che è stato portato in scena. Nel 2014 il regista e sceneggiatore romano Valerio Groppa firmò Francesco Nuti. Andata, caduta e ritorno, omaggio teatrale all’uomo e all’artista. «Tengo molto a questo spettacolo. In scena ci sono artisti di talento, come il mio vecchio amico Alessio Sardelli, nella parte del narratore, Nicola Pecci che interpreta me stesso, per la regia di Valerio Groppa, giovane regista romano. Su tutto vola la musica, le canzoni mie e di mio fratello Giovanni, suonate da un gruppo di musicisti diretti da Marco Baracchino. Il successo è successo, ora penso al presente» [Calvini, cit.] • Nel 2016 viene picchiato dal suo badante Iason Shavgulidze. Al magistrato che lo ha interrogato ha scritto un biglietto: «Pericolo. Ho paura». L’uomo, un georgiano di 35 anni, «lo colpisce sul collo, sulla testa e sul volto, lo costringe a rimettere in bocca il cibo appena vomitato, lo picchia sul naso, lo scaraventa sul letto dopo averlo sollevato dalla sedia a rotelle. L’attore piange, non può parlare, non può gridare. Non può dire che il suo aguzzino non gli cambia più la biancheria e che non gli somministra l’addensante indispensabile per deglutire i liquidi senza soffocare. Nuti sarebbe stato maltrattato in questo modo indegno per oltre un anno» [Crosetti, Rep]. Il giudice, nel 2017, prosciolse il badante. La testimonianza di Nuti non era attendibile, l’attore era risultato troppo «suggestionabile» • Oggi vive in una clinica romana specializzata. La tutela legale appartiene alla figlia Ginevra, 24 anni, che circa un anno e mezzo fa ha parlato della condizione di suo padre in un’intervista a Domenica In, raccontando come le condizioni di Francesco Nuti fossero gravi, ma stabili, loro riescono a comunicare attraverso l’espressività del volto. «Ho portato papà con me a Roma per averlo vicino. Oggi è stabile» raccontava Ginevra a Mara Venier, aggiungendo: «È in cura in una clinica dove si prendono cura di lui perché ha bisogno di assistenza continua. Comunico con mio padre con gli occhi, tramite lo sguardo. Gli leggo i messaggi dei fan che mi arrivano tutti i giorni e lui è contento» [Il Mattino, nel 2023] • Nel 2019 Giovanni Veronesi lo ricorda sulla Rai in Maledetti amici miei: «Lui per me è più di un amico, è un fratello. Mi ha insegnato tutto, mi ha accudito quando ero un ragazzo, mi ha preso con sé quando sono andato a stare nel suo residence a Roma. Mi ha voluto bene con una generosità incredibile. E quando una persona, che non è nemmeno tuo parente, si comporta così, la gratitudine non è mai abbastanza». Perché lo aveva fatto? «Evidentemente gli stavo simpatico. Ha otto anni più di me, magari si rivedeva quando era più ragazzo... di fatto mi aveva adottato. Lui a me piaceva molto. Oltre che regista, è stato uno degli attori più bravi: veramente superlativo, aveva tempi comici suoi» [Maffioletti, CdS] • «Io sono il tema dell’abbandono, l’asprezza dell’abbandono. Ora che ho più di cinquant’anni conosco ancora il dolore dell’abbandono. Non è vero che ho cercato il successo, è vero il contrario. Ho conosciuto l’asprezza di questo mondo dello spettacolo, con una tale voracità che mi ha fatto imparare tutto e presto, anche l’arte del corteggiamento» [Nuti, cit.]
Religione Qual è il tuo rapporto con Dio, se c’è? «Ti dico solo questo, prima di mangiare mi faccio il segno della croce» [Calvini, cit.]
Amori «Non è vero che io ho preso le donne, è vero il contrario. Ho fatto finta per anni di essere un Don Giovanni e sono ancora qui a leccarmi le ferite. È vero: ho avuto tante donne, tante macchine, tanti soldi, ma tutto si è bruciato in un baleno. E tutto ciò che mi è rimasto addosso è quella malinconia che qualcuno dice. Mi sorprendo ancora quando salgo su un palcoscenico. Rimango spiazzato, inebetito, di fronte a un pubblico che non conosco, di fronte a un amore che non conosco. Anche il vino che ho bevuto a volte non lo conosco, ne conosco solo il sapore. L’ho bevuto esclusivamente perché dà tono, dà ebbrezza» • «Quante volte mi sono innamorato delle mie attrici? Tre convivenze. Clarissa Burt. Isabella Ferrari. E Anna Maria Malipiero» (dalla quale ha avuto la figlia Ginevra) • Con Clarissa Burt si è fidanzato nel 1988: «Io e Francesco siamo stati insieme per circa un anno mezzo. Ci siamo davvero divertiti tanto», ha raccontato l’attrice. «Io ero appena arrivata in Italia e Francesco (che avrebbe poi lasciato per fidanzarsi con Massimo Troisi, ndr) è stata una delle prime persone che ho incontrato arrivata qui. Non ho mai conosciuto una persona più brillante, più divertente. Mi ha fatto conoscere Roma by night» [Dalla Tomasina, cit] • Con Annamaria Malipiero si incontrarono quando lei aveva appena 22 anni e lui 17 di più. Con un gesto da gentiluomo d’altri tempi, Francesco chiede alla madre il permesso di corteggiarla. Una lunga storia d’amore – dal 1992 al 2000 – da cui è nata Ginevra. Ospite a Domenica In l’attrice a detto: «Tra di noi c’è un rapporto d’intesa straordinario. Percepisco amore da parte sua. I suoi occhi si riempiono d’amore, di gioia. Lui è sereno e lotta ogni giorno, non ha mai mollato. Gli sono stata vicino, ho cercato e provato. Ma con la depressione e l’alcol, non c’è niente e nessuno che possa fare qualcosa se non il diretto interessato» [Dalla Tomasina, cit.].
Titoli di coda «Io non dialogo, io guardo negli occhi»