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 2023  maggio 22 Lunedì calendario

Biografia di Levante (Claudia Lagona)

Levante (Claudia Lagona), nata a Caltagirone (Catania) il 23 maggio 1987 (36 anni). Cantautrice. «Secondo me non esiste l’arte senza il dolore» (a Vittorio Zincone) • «I miei genitori erano entrambi siciliani trapiantati a Torino. Mio padre studiava Ingegneria meccanica e andava a riempire i thermos di caffè nel bar del mio futuro nonno materno, dove ad aiutare dietro il bancone c’era questa ragazzina di 15 anni: mia madre. Lui aveva dieci anni in più. La differenza d’età era tanta, i genitori di lei non erano favorevoli alla relazione. Così mamma e papà decidono di scappare. Ma – colpo di scena! –, la notte della fuga, mia madre trova la porta chiusa con qualche mandata in più e non trova la chiave. Cosa poteva fare? Ormai era tutto deciso. Prende un lenzuolo, lo lega al termosifone e con quello si cala giù dal primo piano. Scappano insieme in Sicilia. Poteva andare malissimo, invece hanno avuto quattro figli» (a Valentina Colosimo). «La famiglia Lagona cresce a Torino, dove nascono le due sorelle e il fratello di Claudia, finché, per lavoro, il papà viene richiamato in Sicilia, prima a Palermo e poi a Catania: “Siamo andati a vivere sopra la casa dei nonni, a Palagonia, come nella miglior tradizione meridionale”» (Carlo Petrini). «Sono cresciuta circondata da aranceti e limoni. E se chiudo gli occhi torno alle scampagnate felicissime, in mezzo a quegli alberi gialli e arancioni, all’odore del vento» (a Stefania Saltalamacchia). «Il suo primo ricordo? “Uno dei primi è una corsa. Vedo ancora le scarpettine blu con l’occhio di bue, […] e la felicità di scoprirmi capace. Poi tante immagini tra le braccia di mia madre: volevo stare sempre in mezzo ai grandi, farmi cullare dai loro discorsi”. […] Se le dico Lido Jolly? […] “È il lido della Playa di Catania dove andavamo ogni estate con la mia famiglia. Affittavamo una cabina per un mese. Rispondevamo allo stereotipo del siculo che va in spiaggia con la parmigiana e le cotolette nella borsa frigo. Il bagno, potevamo farlo rigorosamente dopo tre ore, e ci chiedevamo lo stesso se saremmo sopravvissuti”. […] Fin da piccola desiderava fare la cantautrice? “Sì. I miei mi incoraggiavano: mi mettevano al centro e mi chiedevano di fare uno show”» (Elvira Serra). «Ho filmati delle mie recite dell’asilo che mi imbarazza riguardare da quanto ero egocentrica. Mi chiamavano “la capatana”, la capitana. Sentivo che avevo bisogno di creare per esprimermi». «“In quarta elementare ho scritto un temino in cui esprimevo il desiderio di partecipare a Sanremo, con Pippo Baudo”. La tua infanzia musicale. “Ero la più piccola di quattro fratelli. Mio padre suonava l’organo. Ricordo quando lui e mamma ballavano in salotto cantando a squarciagola Barry White – “My first, my last, my everything…” –, e io ero incastrata tra loro due, a panino”» (Zincone). «Un brutto tumore si porta via papà Rosario quando Claudia ha nove anni. “In quel momento ho iniziato a scrivere il mio diario e le prime canzoni. Non voglio dire che il dolore mi ha segnata e dunque canto per questo: sono sempre stata una bambina da palco! Vero è però che cantare mi ha aiutata a prendere coscienza, pur senza esserne consapevole”» (Petrini). «La mia infanzia è stata molto dura. […] Mi sono affacciata al mondo dei grandi quando avrei potuto vivere la vita senza quei pensieri con cui mi sono confrontata troppo presto. Diventare grandi all’improvviso non è semplice, e nelle mie canzoni parlo proprio di questo dolore» (a Mario Manca). «“Mia mamma Maurizia, […] rimasta sola a 38 anni con quattro figli, senza diploma e senza lavoro, si è messa studiare e ha ricominciato tutto da capo. Riuscendoci”. […] A 12 anni Claudia prende di nascosto la chitarra del fratello e inizia a strimpellare. Un anno dopo sale sul primo vero palco per un provino» (Petrini). «Ad Ariccia, con Teddy Reno. Portavo due canzoni da sei minuti l’una, una cosa da spararsi. Lui disse: un po’ consoliana. Allora Carmen Consoli era potentissima, io ero finita sotto quella etichetta: la ragazza catanese con la chitarra. Io ne ero onorata ma anche dispiaciuta, perché per me non c’era posto all’epoca: c’era già Carmen». «Intanto mamma e figlia finiscono le scuole e decidono di trasferirsi in Piemonte, dove rimane una costola importante della famiglia: “Il primo settembre del 2001 sono scesa dal treno a Torino pronta per la mia nuova vita. Mi sono portata solo la valigia e la chitarra”. Naturalmente. Non è stato facile iniziare. […] “Non avevamo una casa dove stare, così io andai a vivere con mia zia e le mie cugine a Ivrea, mentre mia mamma stava a Torino da un’altra sorella. La nostra prima casa è arrivata solo nel 2004”» (Petrini). «“Torino mi ha accolta: il viaggio dalla Sicilia mi ha salvata, mi ha dato una grande opportunità”. In Sicilia non sarebbe diventata Levante? “In realtà lo ero già: è un soprannome che mi aveva dato un’amica siciliana. Potrei raccontare storie romantiche, ma la verità è che quell’anno era uscito Il ciclone di Pieraccioni e uno dei personaggi si chiamava Levante. Un giorno mi ha chiamata, scherzando: ‘Ehi, Levante!’. Fine. Una vera breve storia triste. Però a me piace cogliere i segni…”. Cogliamoli. “Il mio nome Claudia vuol dire ‘la claudicante’, ‘la zoppa’. E Levante vuol dire ‘che si alza in piedi’. Era scritto nel mio destino che io dovessi abbandonare quel nome che un po’ mi faceva arrancare, visto che la vita di Claudia è stata difficile da subito. Levante invece mi ha dato delle ali per risollevarmi”» (Colosimo). A Torino «“ho frequentato il liceo linguistico Regina Margherita, poi mi sono iscritta a Economia, convinta da mia sorella Rosalia, ingegnere. Dopo due mesi passo a Lettere. Dopo 10 esami e scarso rendimento mia mamma dice: pensaci, forse è il caso che molli tutto e provi a fare la cantante”. […] Dunque lascia Lettere. “Sì, ma ancora non mollo e mi iscrivo a Psicologia: ho dato solo Filosofia e Inglese. Questa cosa di non essermi laureata mi dispiace. Ho pensato di riprendere, magari Storia o Filosofia. Ma a me gli esami mettono ansia”» (Serra). «Nel frattempo la voglia di fare musica cresce, e Levante partecipa a un concorso canoro all’anno, tra cui lo Hit Festival di Saint-Vincent e il Senza Etichetta di Ciriè: “Fu davvero emozionante cantare con la consapevolezza che ci sarebbe stato Mogol in giuria”. Finché a 18 anni firma il suo primo contratto discografico, con un progetto che però alla fine sarà ben felice di abbandonare: “Forse in quel momento ho peccato un po’ di ingenuità, ero intontita dalle lusinghe e tanto giovane! La verità è che non mi riconoscevo per niente nel personaggio che pretendevano io interpretassi. Mi sono ritrovata a scrivere seguendo il gusto di altri e non il mio”» (Petrini). «Dato che non quagliavo, mi hanno pure affiancato una band di sole ragazze, le Effemeridi. Un’esperienza brevissima e divertente, di quelle che ti fanno capire che cosa non vuoi più essere». «La tappa successiva non va molto meglio: segue ancora i consigli di chi non ha capito veramente quale sia il suo stile e si distrugge le corde vocali facendo rock “alla Janis Joplin”. “Dopo per otto mesi non ho potuto cantare: ero disperata”» (Petrini). «Nel 2010, quando mi chiamarono per il provino di un talent (X-Factor, ndr) dissi di no, perché non era il momento: arrivavo da un periodo triste della mia vita e sentivo il bisogno di andare all’estero». «Fa anche un tentativo in Inghilterra, a Leeds, dove pubblica un album tutto in inglese: “Ma anche quella volta ho dovuto confrontarmi con persone che non avevano còlto quale genere fosse adatto a me, per non parlare delle condizioni contrattuali: mi avrebbero imbrigliata a vita. Non ho firmato e sono scappata a Torino”. Dove comunque non ha intenzione di mollare. Per sbarcare il lunario inizia a lavorare come cameriera in un locale in piazza Vittorio, la Drogheria, ricomincia a scrivere e contatta la Inri: “Non è stato facile convincerli: quanto avevo fatto fino ad allora, del resto, piaceva poco anche a me. Poi ho scritto La scatola blu, finalmente una canzone che mi rappresenta davvero. E ho steso tutti! Mi sono messa sotto, ho fatto tante serate e scritto tantissimo. Così è nato Manuale distruzione”» (Petrini). «Il successo è arrivato nel 2013. “Stavo per mollare. Mi stavo per rassegnare. Alla fine il primo disco, Manuale distruzione, me lo sono pagato facendo caffè e servendo cappuccini al bar”. Te lo sei pagato da sola? “Duemilacinquecento euro. E ho dovuto urlare ‘Che vita di merda’ nella canzone Alfonso, perché il pubblico si girasse e si accorgesse di me. Ho pure rischiato di essere solo un tormentone estivo. Ma alla fine ho resistito”» (Zincone). «Alfonso è nata in un momento molto malinconico: qualcuno non ne coglie questo aspetto triste, ma attraversavo un momento di cambiamento, mi sono davvero tagliata i miei capelli lunghissimi (non lo canto nella canzone e basta: l’ho fatto davvero!), e la sensazione era quella di stare a una festa in cui tutti si divertono e io sono fuori luogo. Mi piaceva tanto questo stile “tarantiniano” di raccontare qualcosa di triste con degli accordi in maggiore, che danno un ritmo allegro» (a Federica Palladini). Seguirono dieci anni vissuti intensamente, pubblicando altri quattro album (Abbi cura di te, 2015; Nel caos di stanze stupefacenti, 2017; Magmamemoria, 2019; Opera futura, 2023), tenendo concerti in Italia e all’estero, partecipando in qualità di giudice canoro all’XI edizione di X Factor (Sky, 2017), concorrendo per due volte al Festival di Sanremo (nel 2020 con Tikibombom e nel 2023 con Vivo, brani attestatisi rispettivamente al dodicesimo e al ventitreesimo posto) e cooperando alla realizzazione del film Romantiche di Pilar Fogliati (2023) nella duplice veste di autrice della colonna sonora e di interprete (in un cammeo). «Dieci anni fa con Alfonso cantava “Che vita di m.”. Adesso che vita è? “C’è sempre un motivo per lamentarsi… Ma oggi la mia vita è l’opposto. Ai tempi di Alfonso ero triste, frustrata. Semmai ora mi mancano i sogni. Forse il mio obiettivo maggiore è mantenere quello che ho: credo sia la parte più difficile”» (Serra) • Anche autrice di tre romanzi (Se non ti vedo non esisti, Rizzoli, 2017; Questa è l’ultima volta che ti dimentico, Rizzoli, 2019; E questo cuore non mente, Rizzoli, 2021). «Scrivere per me è una necessità. Mi sono sempre definita un’autrice che canta e mai il contrario. Raramente mi soffermo su un testo per correggere: quando arriva, è quello. Sono molto istintiva» • Una figlia, Alma Futura (13 febbraio 2022), dall’attuale compagno, l’avvocato Pietro Palumbo. Alle spalle un breve matrimonio col musicista Simone Cogo, membro fondatore dei Bloody Beetroots con lo pseudonimo di Sir Bob Cornelius Rifo, con cui è tuttora in ottimi rapporti, e una relazione col cantautore Antonio Diodato, vincitore del Festival di Sanremo nel 2020 col brano Fai rumore, secondo i più ispirato alla fine della loro relazione (a lei Diodato ha pure esplicitamente dedicato Cretino che sei e Quello che mi manca di te, mentre Levante a lui Antonio). «“Non mi voglio più sposare. Pietro, il mio compagno, lo sa: la nostra è la storia più lunga che ho avuto. E poi adesso c’è Alma: il legame più forte che potessimo creare”. Ha detto che tra di voi lui è il genitore migliore. Perché? “Ha una grande pazienza, è il più attento. Io non ho paura che Alma esplori casa, non le voglio trasmettere la mia ansia, la lascio libera. Lui la segue ovunque. Che madre indegna, eh…”. Il ricordo più vivido del parto? “Pio X di Milano, la mia ostetrica dice: ‘Ci vediamo domani’. ‘Col cavolo che partorisco il 14 febbraio!’, penso io. In tre ore faccio tutto: alle 18 tenevo Alma in braccio. Che stupore quando me l’hanno messa sul petto…”. Se sua figlia volesse fare la cantante? “Io le auguro di imparare a suonare uno strumento, perché ti apre la testa, è una porta per la libertà. E se desiderasse fare la musicista la supporterei”» (Serra) • Ha rivelato di aver sofferto di depressione post partum, tema peraltro oggetto della canzone Vivo. «“Oscillavo tra la gioia di aver dato la vita, di avere Alma tra le mie braccia, e la tristezza di non avere più me. Ho iniziato a scrivere Vivo per raccontare la depressione post partum e sapevo che sarebbe arrivato a Sanremo. […] Il 4 marzo del 2022, tre settimane dopo il parto, ero nel pieno del mio buio, ma ho annotato le parole della canzone. Un testo particolare: ero convinta che ne sarei uscita”. […] Come ne è uscita? “Maturando la consapevolezza che fosse un passaggio obbligato la mia trasformazione: diventare grande, diventare donna, madre. […] Non posso permettermi di essere così triste, devo dare il massimo per questa bambina. È vero che mi ha spinta in un burrone, ma mi ha anche salvata”. […] In tutto questo, guai a pensare che tu Alma Futura non l’abbia desiderata abbastanza? “Le sto scrivendo un diario onesto, che le darò dopo l’adolescenza. Ho scritto che l’ho scelta e che magari le cose nella vita mi sono cadute addosso in modo irreversibile, ma lei no. Non l’ho evitata. L’ho voluta. Cresciuta in una famiglia di arroganti, Alma da subito mi ha insegnato il valore dell’umiltà”» (Giovanni Audiffredi). «Alma non era nei miei progetti ma oggi non saprei fare a meno di lei. Mia nonna, donna sicula tutta d’un pezzo, poche smancerie e tanti fatti, quando le dissi che ero incinta mi guardò e mi disse: “Sono contenta: da solo non è buono nuddu manco in Paradiso”. Per me rimanere sola voleva dire non avere responsabilità, non rischiare che la vita mi ferisse ancora, evitare che qualcuno potesse ricreare il vuoto creato dalla morte di mio padre quando avevo nove anni. Oggi potrebbe riaccadere, però sto rischiando di vivere molto di più» (ad Alessandra Sarchi) • «Non si può spiegare la Sicilia a chi non ci ha vissuto: è l’Etna che ci balla sotto i piedi, è la poesia della decadenza, è una terra di cui essere orgogliosi e delusi al contempo, è un elastico che si tira e si smolla, è il tempo che scorre lentamente» (a Luigi Bolognini) • Tra le sue passioni, dipingere e cucire vestiti • «Sono appassionata di Jodorowsky (scrittore, regista e studioso dei tarocchi, ndr) e lo cito in tante canzoni, come Se non ti vedo non esisti. E anche in Arcano 13: tredici è il numero che si ottiene facendo la conta delle lettere del mio nome. L’arcano 13 è la morte, che nei tarocchi significa la rinascita. Quindi tutto torna o riesci a dargli un senso tu» • «Appena le chiedo quali fossero i suoi miti giovanili, srotola un lungo elenco di ugole formidabili. Da Mina a Janis Joplin passando per Alanis Morissette e Carmen Consoli. Il tuo primo concerto da spettatrice? “Vivevo a Palagonia. Da ragazzina al massimo aspettavo il concerto della Santa, cioè quello organizzato dal Comune per i festeggiamenti del patrono: Ivana Spagna, i Cugini di Campagna… Quando mi sono trasferita a Torino, le cose sono cambiate. Frequentavo un club storico, l’Hiroshima. Si pagava parecchio. Mi infilavo in situazioni assurde”. Un esempio? […] “Concerto dei Meganoidi”. Gruppo ska genovese. “Ballo sfrenato, gomitate, calci, corpi sudati. A un certo punto vidi che alcuni ragazzi salivano sul palco e si lanciavano sul pubblico. Decisi di farlo anche io. Mi arrampicai sullo stage e, dato che ero innamorata del cantante, Davide Di Muzio, lo baciai in bocca. Poi mi buttai a volo d’angelo sulla folla danzante”. Schianto a terra? “No, no. Fu fantastico. Talmente tanto che ci riprovai. Ma al secondo tentativo il cantante mi spintonò via, ahahah”» (Zincone) • Grande passione anche per Lucio Dalla. «Non a caso mia figlia si chiama Alma Futura e il disco Opera Futura» • Ex giocatrice di pallavolo • «Ha una croce tatuata su un polso e la scritta “Abbi cura di te” sull’altro» (Zincone) • «Sono una persona abbastanza inconcludente: inizio tante cose e poi non le porto a termine. Ma con la musica, per fortuna, vado sempre fino in fondo. […] Sono una disordinata cronica. Ma ci vivo benissimo, nella mia confusione» • «Personalità brillante, con una giusta vena malinconica» (Palladini) • «Io sono indie, ma nel senso di indipendente: faccio un pop autoriale, e soprattutto resto me stessa sempre». «Un giorno Carmen mi ha detto: “Ma lo sai che sei fuori moda?”. Voleva farmi un complimento, come a dire che nuoto controcorrente» • «Ha duettato con il suo mito Carmen Consoli, con Tiziano Ferro, con altri. E con sua madre Maurizia com’è stato? “Se penso al coraggio che ha avuto per salire sul palco del Forum di Assago…”. […] Quando si è emozionata di più in concerto? “All’Arena di Verona quando ho cantato con Carmen Consoli, il 27 agosto 2022. Ero incinta al quarto mese. Non sapevo che l’outfit fosse nero, io ero vestita di bianco: esco sul palco e trovo pure lei vestita di bianco. Ho anche sbagliato la canzone, nonostante il gobbo, tanto ero confusa. Pensare che quando l’avevo conosciuta, nel 2010 agli Mtv Days, le avevo chiesto se potevo mandarle la mia musica; poi non lo feci”» (Serra) • «Ogni volta che sale sul palco che effetto fa? “La prima cosa che faccio da sempre è guardarmi i piedi. Per una questione scaramantica, ma anche perché voglio rimanere ancorata a terra. Li guardo e mi dico: ‘Guarda, quanta strada hanno fatto quei piedi’. Poi mi concentro. Da emotiva e incasinata temo sempre di sbagliare”» (Saltalamacchia). «È vero […] che dopo i concerti vai dritta a nanna? “Sì. Molto poco rock, vero? E non fumo e non bevo. Devo riposare, sennò col cavolo, che il giorno dopo ti faccio l’acuto”» (Zincone) • «Se non fossi riuscita a fare la cantautrice sarei diventata designer di interni o architetta, non so, ma avrei trovato lo stesso la mia felicità. Non realizzare un sogno non può essere motivo di disperazione» • «La mia forma preferita, di autrice che canta, è la forma canzone. Se la melodia mi porta in un luogo in cui posso ridimensionare il dolore, perché una volta che l’ho verbalizzato lo ridimensiono, la musica è salvifica per me. E io voglio essere un canale di questa funzione terapeutica anche per gli altri».