29 maggio 2023
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Biografia di Gianrico Carofiglio (Giovanni Carofiglio)
Gianrico Carofiglio (Giovanni Carofiglio), nato a Bari il 30 maggio 1961 (62 anni). Scrittore. Oltre sei milioni di copie vendute nel mondo, con traduzioni in ventinove lingue (swahili incluso). Conduttore televisivo. Ex magistrato. Ex politico (Partito democratico). Già senatore (2008-2013). «Essere magistrato è un abito mentale, un modo di vivere le cose, e per fortuna rimane» (a Silvia Fumarola) • «Che storia ha la sua famiglia? “Nonna Italia fu una delle prime siciliane laureate. Al liceo aveva allievi più grandi di lei. Era di Pachino ma abitava a Catania, a casa dei Brancati. Vitaliano, lo scrittore, era un bambino: nonna lo chiamava Talianuzzu. Poi sposò un poliziotto di Potenza e si trasferì a Bari”. E la famiglia paterna? “Nonno Giovanni era capitano di navi, sempre in giro per il mondo. Uomo fortunato: durante la guerra andò per tre volte in licenza, e per tre volte la nave che comandava venne bombardata e affondata. I marinai cominciarono a chiedere la licenza quando la chiedeva lui”» (Aldo Cazzullo). «Suo fratello Francesco è scrittore e illustratore. Sua madre, Enza Buono, è anche lei scrittrice. È nato in mezzo ai ferri del mestiere. (Sorriso). “Quando ero piccolo, mamma non scriveva ancora racconti. Era una critica letteraria e aveva vissuto in Francia. Rientrò perché mia nonna si doveva operare. E solo per questo motivo conobbe mio padre”. Che era un professore di Scienze delle costruzioni. “Sì. Lui aveva una grande passione per la musica, suonava il piano. Alla fine della sua vita, colpito da demenza senile, iniziò a perdere la memoria, mantenendo l’ultimo legame proprio con il suo strumento. […] Ho raccontato la sua storia in un libro a quattro mani con mio fratello Francesco: si intitola La casa nel bosco”» (Luca Telese). «Qual è il suo primo ricordo? “Ho tre anni. Tolgo la marcia alla 600 di papà, che si arrabbia tantissimo”. Papà era severo? “No. Io ero molto pauroso, mi terrorizzava il buio: allora lui mi dava un cuscino da abbracciare. Poi per fortuna è nato mio fratello Francesco”. […] E il primo ricordo pubblico? “Il match Benvenuti-Griffith. Era il 1967. […] Ora che ci ripenso, mi ricordo anche l’alluvione di Firenze”» (Cazzullo). «Scuole superiori? “Liceo classico a Bari, all’Orazio Flacco. Nella stessa scuola c’erano Michele Emiliano e Gaetano Quagliariello”. Facevano politica? “Michele da giovane era iscritto alla Fgci. Gaetano era molto lontano dai suoi recenti approdi a destra. Era un autentico leader radicale: interveniva nelle assemblee, era impegnato da militante in tutte le battaglie civili e libertarie pannelliane”. E lei non faceva politica? “Ero progressista. Decisamente di sinistra. Ho dato il mio primo voto al Pci, ho sempre votato Pds, Ds e Pd. Ma da ragazzo non ho mai militato”. S’immaginava già magistrato? “Macché! Avevo le più varie e bislacche idee su cosa fare: a scuola andavo bene, e ho preso in considerazione l’idea di studiare Fisica, Filosofia, Medicina. Poi ho scelto Giurisprudenza per guadagnare tempo”» (Telese). «Lei è stato campione di karate. “Vinsi i regionali a Taranto, battendo in semifinale il campione locale: rischiai di affrontare pure gli spettatori. Poi sono stato due volte campione nazionale a squadre”. Com’era da ragazzo? “Lo sfigato dei film. La violenza nasce sempre dall’inadeguatezza. Ho accettato di combattere perché non ero abbastanza sicuro di me per girarmi e andarmene. All’inizio ci si diceva: ‘Andiamo nel portone’. Ma era solo lotta, sopraffazione. Ricordo bene la volta in cui passammo ai calci e ai pugni”. Si narra di un suo scontro con un fascista. “Andò male per lui. Lì diventai famoso nella scuola. Magro magro, non avevo l’aria del picchiatore; in realtà mi allenavo da anni. Lui invece aveva fama di duro. Finì in modo diverso da come si immaginava”. […] “Le arti marziali mi hanno cambiato la vita. Mi hanno aiutato a convivere con il senso di inferiorità che avevo da ragazzino”» (Cazzullo). «Quando ha deciso di entrare in magistratura? “Nella primavera del 1985”. Mosso da afflato civico per la giustizia? “In realtà, per caso. Dopo la laurea ho cazzeggiato per un anno, saltando da uno studio legale all’altro. Poi, un pomeriggio, incontrai Michele Emiliano. […] Parlando dei futuri possibili, spuntò un concorso per entrare in magistratura. Decidemmo di provare e ci iscrivemmo nell’ultimo giorno possibile. Nessuno di noi due aveva toccato libro. A poche settimane dall’esame, per concentrarci, ci trasferimmo nella villa al mare dei genitori di Michele. Venne fuori una preparazione con luci e ombre. Tra lo scritto e l’orale, però, capii che avrei voluto fare davvero il magistrato”» (Vittorio Zincone). «Primo incarico, pretore a Prato. “Mi occupavo di ambiente. Ventisette anni. Era come andare a studiare fuori, uno stage pagato. Studiavo a Firenze e non dormivo la notte per prepararmi sui temi tecnici”. Poi in procura a Foggia. “Oggi è una sede complicata: prima molto peggio. C’era un clima da anni Trenta… L’elemento centrale della mia prima inchiesta era l’estorsione all’imprenditore Panunzio. Arrestammo tutti gli indagati e li portammo a processo. Per associazione mafiosa”. E poi? “Il maxi-processo alle cosche di Cerignola: omicidi, stupefacenti e riciclaggio. Per celebrare gli arresti circondammo tutta la città e realizzammo una vera e propria operazione militare. […] Alla fine comminammo mille anni di carcere e quindici ergastoli”. Si rischiava la pelle? “Quando sei solo sai che possono colpire un magistrato per decapitare l’inchiesta. Avevo 33 anni. E questo rischio è venuto meno solo quando abbiamo creato i pool”. Poi l’Antimafia, a Bari. “Ci torno nel 1997 e mi occupo di pubblica amministrazione. Era bello, mi sposo con una collega, abbiamo due figli. Ma…”. Ma? “Dopo una lunga cavalcata, era finita la stagione dell’adrenalina. La sensazione di poter cambiare le cose. Pian piano iniziò a ridursi il livello di gratificazione”. […] Ma il Carofiglio autore quando nasce? “A settembre 2000, dopo un’estate in cui si era coagulata quella perdita di senso. A maggio 2001, dopo nove mesi esatti di lavoro, il tempo di una gestazione, finisco di scrivere Testimone inconsapevole”» (Telese). «Com’è diventato scrittore? “Stavo andando in ufficio. Davanti al Teatro Margherita, chiuso da anni, immaginai in trenta secondi una storia. All’improvviso il senso della città era mutato. Ho percepito allora il cambiamento sotterraneo necessario per cominciare a scrivere. Sono stato il primo a pensare Bari come un luogo romanzesco”. […] Nel suo primo libro, Testimone inconsapevole, racconta di un bambino scomparso. È vero che si ispirò a una sua antica indagine? “Non fu una scelta. Era un fiume carsico che emergeva. Il senso terribile di frustrazione che mi sono portato dietro per questo caso”» (Cazzullo). «Trova subito un editore? “Nooo… Era solo l’inizio di una odissea fatta di tanti rifiuti. Ricordo una lettera, grottesca, che finiva così: ‘Ce lo rimandi fra sei mesi’. […] Un editore importantissimo mi rispose dopo tre mesi con una lettera. Essendo ingenuo, ero felice”. Perché ingenuo? “Se ti scrivono, ti stanno rifiutando. Infatti la prima metà erano elogi, l’altra metà ingiurie”. E poi? “Il 14 maggio 2002 squilla il telefono ed è la segretaria di Elvira Sellerio”. Ricorda il giorno esatto? (Ride). “E anche che ero in ufficio in mezzo a due carabinieri dei Ros. Mi vergognavo. Rispondevo a monosillabi, con Elvira che diceva: ‘È bellissimo! Lo voglio pubblicare a settembre!’”. E il titolo geniale? “Un’idea di Elvira, tratta dal libro. Io avevo in mente la massima di Lao Tse ‘Quella che il bruco chiama fine del mondo, il mondo chiama farfalla’. E volevo, mostruosamente, intitolarlo Quella che il bruco…”. Santa donna Elvira. “Uscì nel settembre 2002, senza clamori, ed esplose nell’estate 2003. Ancora oggi vende 20 mila copie all’anno”» (Telese). «In pochi anni diventa un maestro del legal thriller italiano, che veramente non esisteva quasi, prima di lui: Testimone inconsapevole esce nel 2002. Poi Ad occhi chiusi, poi Ragionevoli dubbi, tutti pubblicati dalla Sellerio e tutti costruiti intorno al personaggio di un giovane avvocato barese, Guido Guerrieri, eroe per caso, un po’ “sfessato” e un po’ Robin Hood» (Sandra Petrignani). «Quando è che lo scrittore uccide il magistrato? “Tra il 2006 e il 2007 divento consulente dell’Antimafia. Vengo a Roma, ho meno pressione. Dopo dieci mesi, nel 2008, Walter Veltroni mi chiese di candidarmi”. […] Cinque anni al Senato, poi l’addio alla toga. “Ero stato magistrato, e nel tempo libero scrittore. Capii che, se fossi rientrato, quel rapporto si sarebbe invertito. Sarei stato scrittore e poi nel tempo libero magistrato: inaccettabile, per me”» (Telese). «E la politica? Perché l’ha lasciata? “A parte il fatto che non si fa politica solo in Parlamento, ho rifiutato di partecipare a quella falsa prova di democrazia interna che sono state le primarie per le candidature alla Camera e al Senato”» (Giovanni Bianconi). Nel frattempo Carofiglio ha scritto molti libri, i più popolari dei quali sono i romanzi imperniati sui suoi tre protagonisti ricorrenti, l’avvocato Guido Guerrieri (Testimone inconsapevole, Sellerio, 2002; Ad occhi chiusi, Sellerio, 2003; Ragionevoli dubbi, Sellerio, 2006; Le perfezioni provvisorie, Sellerio, 2010; La regola dell’equilibrio, Einaudi, 2014; La misura del tempo, Einaudi, 2019), il maresciallo Pietro Fenoglio (Una mutevole verità, Einaudi, 2014; L’estate fredda, Einaudi, 2016; La versione di Fenoglio, Einaudi, 2019) e l’ex pubblico ministero Penelope Spada (La disciplina di Penelope, Mondadori, 2021; Rancore, Einaudi, 2022). Tra gli altri titoli della sua produzione, i romanzi Il passato è una terra straniera (Rizzoli, 2004), Il silenzio dell’onda (Rizzoli, 2011) e Le tre del mattino (Einaudi, 2017), le raccolte di racconti Non esiste saggezza (Rizzoli, 2010; Einaudi, 2020) e Passeggeri notturni (Einaudi, 2016) e i saggi L’arte del dubbio (Sellerio, 2007), La manomissione delle parole (Rizzoli, 2010) e Della gentilezza e del coraggio (Feltrinelli, 2020). Da ultimo si è cimentato anche nelle vesti di conduttore televisivo, in Dilemmi (Rai 3, 2022-2023), «talk all’insegna della civiltà. […] “La novità sono le regole”. Ne ha scelte tre, precise. “La prima è il divieto di attacco alla persona per demolire la sua tesi: bandito l’argomentum ad hominem, con cui si contesta non l’affermazione dell’avversario ma l’interlocutore stesso. Seconda, divieto di manipolazione degli argomenti: non puoi attribuire all’altro qualcosa che non ha detto. Terza, onere della prova. Tradotto: non puoi spararla grossa”. […] A chi vi siete ispirati? “Lo schema riproduce un vecchio, bellissimo programma di Alberto Arbasino, Match, in onda su Rai 2”» (Fumarola) • Due volte finalista al premio Strega, nel 2012 con Il silenzio dell’onda e nel 2020 con La misura del tempo, attestatisi rispettivamente al terzo e al secondo posto. Nel 2012, poco dopo la sconfitta, reagì alla stroncatura di Il silenzio dell’onda da parte di Vincenzo Ostuni («un libro letterariamente inesistente, scritto con i piedi da uno scribacchino mestierante, senza un’idea, senza un’ombra di “responsabilità dello stile”, per dirla con Barthes») querelandolo e chiedendogli un risarcimento di 50 mila euro, salvo essere poi ricondotto a più miti consigli dalla sollevazione di decine di intellettuali nel nome della «libertà d’espressione sancita dalla Costituzione». «Ci fu qualche tono un po’ improprio, ma tutto si è concluso con una donazione a Save the Children – su mia richiesta – da parte del controinteressato» (a Dario Olivero). «Sentirsi dare dello “scribacchino mestierante” quando si ambiva allo Strega (e magari domani al Nobel) ovviamente non fa piacere. Ma scrittori incomparabilmente più grandi del senatore Carofiglio hanno ricevuto critiche ben più “infamanti”» (Paolo Flores d’Arcais) • Qualche esperienza da co-sceneggiatore per le trasposizioni dei suoi libri, in ambito cinematografico (Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari, 2008) e televisivo (L’avvocato Guerrieri. Testimone inconsapevole e L’avvocato Guerrieri. Ad occhi chiusi di Alberto Sironi, trasmessi da Canale 5 tra fine 2007 e inizio 2008). «La dichiarata operazione di ripetere il fenomeno Montalbano (nata forse dalla suggestione che sia Carofiglio che Camilleri sono pubblicati da Sellerio) è fallita» (Aldo Grasso) • Sposato col magistrato Francesca Pirrelli, due figli. «Purtroppo la casa è fuori dalla mia giurisdizione. Lì comanda mia moglie, poi i figli. Io vengo ultimo, e le domande le faccio solo al cane» • «Lei come immagina l’aldilà? “Un posto dove poter sapere tutto”» (Cazzullo) • «Lei […] non fa un bilancio negativo dei cinque anni al Senato. “Non ho nessuna ostilità per la politica; andrebbe fatta con allegria. Provo fastidio per i politici che assumono l’atteggiamento di chi avrebbe altro da fare. Il potere non è cattivo, se lo usi per cambiare le cose. Infatti mi piaceva fare il magistrato, che è un’altra forma di potere”» (Cazzullo). «“Destra e sinistra esistono ancora, e sono categorie fondamentali. Faccia caso che chi sostiene il contrario è quasi sempre di destra”. […] “La mia idea di una forza del progresso implica radicalità nei valori, moderazione nei toni e duttilità nell’affrontare i problemi complessi”. Lei fu tra i primi a dire nel 2018 che bisognava fare un’alleanza con i cinquestelle. “E mi presi molte pernacchie. Poi parecchi spernacchiatori hanno cambiato idea”» (Concetto Vecchio) • «Come passi le tue giornate? “Scrivo, studio, leggo, viaggio e poi continuo con il karate, i pesi e qualche esercizio di mia invenzione”» (Alessandro Ferrucci) • «Il libro preferito? “Lo studente straniero di Philippe Labro”. La canzone? “Thunder Road di Bruce Springsteen”. Il film? “Picnic a Hanging Rock, Un mercoledì da leoni e Momenti di gloria”» (Zincone) • «Orgoglio: molto. […] È fiero di essere cintura nera di karate […] e di avere una discreta abilità da giocoliere. […] Infine è orgoglioso di avere moltissime lettrici donne. […] Ambizioni: senz’altro quella di mantenersi in forma e piacente» (Camilla Baresani). «Educato, freddo, saccente, formale, narciso, mite, vanitoso (se c’è un festival del libro tra il Salento e Pordenone, lui dev’essere invitato, e sul palco migliore), coraggioso, a volte manesco, supponente, “Te lo spiego io, come va il mondo”, noiosissimo. Un po’ triste» (Luigi Mascheroni) • «Scrittore dalla tavolozza ricca» (Fabio Martini). «All’estero, dal Times all’Economist, al Nyt, al Nouvel Observateur, al New Yorker, ha avuto riconoscimenti più che espliciti: “Le storie di Carofiglio sono allo stesso tempo letterarie e appassionanti. La sua capacità di penetrare la natura umana, nel bene e nel male, lascia senza fiato”» (Olivero). «Ex scrittore discreto (il primo giallo, Testimone inconsapevole, è ottimo, poi ha prevalso la ripetitività del genere e la serialità). […] Gianrico Carofiglio è un po’ come la Bari che descriveva Mario Sansone, l’italianista allievo di Benedetto Croce: “Una città senza ironia né malinconia”. Carofiglio è come i suoi romanzi: formalmente ineccepibili, senza acuti né sussulti. Libri che si possono leggere. Ma anche no. Come dice in via confidenziale un italianista di chiara fama: “Sono di una superficialità spaventosa”. Format: trama gialla, ambientazione pugliese, citazioni letterarie, interrogatori, massime di Lao Tze, rovelli etici, citazioni musicali, codice penale, affreschi d’ambiente, citazioni cinematografiche, ritrattini umani, sentimentalismo, altre citazioni letterarie e moralismo alle cime di rapa» (Mascheroni) • «La scrittura è andare nelle zone oscure, nella soffitta o nel sottoscala della coscienza. Lì dove ci sono le cose di cui abbiamo paura, di cui ci vergogniamo, da cui vorremmo distogliere lo sguardo» • «Andrebbe regolato […] il via-vai tra politica e magistratura? “Sì. Fermo restando che non si può impedire ai magistrati di concorrere alle elezioni. Ma bisogna soprattutto vigilare su quei magistrati che per entrare in politica si sono comportati in modo discutibile”» (Zincone). «Penso pure che i magistrati non siano cittadini di serie B, e dunque abbiano diritto di tornare a fare il loro lavoro una volta usciti dal Parlamento, come tutti. Rispettando delle regole, però. […] Non si può rimanere con un piede in politica e uno in magistratura» • «Lei presenta spesso i suoi libri nelle carceri. “A volte, sì. Incontro persone che sono in cella da decine di anni. È un’esperienza molto intensa, che induce a riflettere”» (Cazzullo). «Ha fan tra i soggetti che ha arrestato? “Una volta è arrivato l’avvocato di un mafioso con dieci copie di un mio libro per degli autografi, in un altro caso mi sono giunti i saluti di un capomafia condannato a 26 anni”» (Ferrucci) • «Io scrivo ovunque, concentrato anche se bombardano. Se hai lavorato in una procura, puoi fare tutto». «Scrivo a tutte le ore. E prendo appunti su pezzi di giornale e tovaglioli di carta». «Mentre scrivo ascolto musica. Così, a volte, una canzone si lega a un determinato snodo della trama o della scrittura» (a Roberto Barbolini) • «Sa qual è la mia regola preferita? La numero 17 del classico manuale di William Strunk (The Elements of Style): “Lascia perdere le parole inutili”. […] Aver praticato karate ha avuto sicuramente un rapporto con la mia scrittura, spingendola all’essenzialità. Una caratteristica molto giapponese» (a Mario Baudino) • «Ho nostalgia del lavoro di magistrato e in particolare del lavoro di investigatore, anche se penso di aver fatto bene ad andar via. È stata una stagione appassionante della mia vita, in un certo senso entusiasmante, ma ormai era finita e non sarebbe stato giusto prolungarla. […] L’esperienza parlamentare è stata meno esaltante. Tuttavia credo di continuare a occuparmi di politica anche adesso: cerco comunque di dire la mia opinione, pubblicamente e nei miei libri. Ma quella di scrittore è indubbiamente la dimensione nella quale mi sento più a mio agio».