31 maggio 2023
Tags : Evgenij Viktorovič Prigožin
Biografia di Evgenij Viktorovič Prigožin
Evgenij Viktorovič Prigožin, nato a San Pietroburgo (all’epoca Leningrado, Russia) il 1° giugno 1960 (63 anni). Imprenditore e oligarca. Fondatore del gruppo dei mercenari Wagner. «Ex delinquente diventato uno degli uomini più potenti della Russia, è il tipico prodotto di questo mondo sotterraneo in cui si incrociano membri dei servizi di sicurezza, spie, agenti segreti, mafiosi ed ex galeotti. Come Vladimir Putin, viene da San Pietroburgo e, come lui, ha saputo approfittare del caos post-sovietico per farsi una posizione» [Marat Gabidullin, Io, comandante di Wagner. Una testimonianza unica sull’armata segreta di Putin, Pienogiorno 2022].
Titoli di testa «Se inizi una guerra, per favore abbi carattere, volontà e palle d’acciaio. Solo allora sarai in grado di ottenere qualcosa»
Vita Suo padre, di origini ebree, muore quando è ancora un ragazzino. Sua madre, la dottoressa Violetta Prigožina, si prende cura di lui e della nonna malata lavorando part time all’ospedale locale • Da giovane, Zenya – soprannome che gli danno gli amici – vuole diventare uno sciatore di fondo professionista. Ad allenarlo il suo patrigno Samuil Zharkoy, istruttore di sci. Frequenta il prestigioso collegio di atletica n. 62 (Collegio della riserva olimpica n. 1) in cui si diploma nel 1977. Il patrigno gli impone ritmi serrati, ma Zenya non è tagliato e abbandona. Nel 1979 è condannato, con pena sospesa, per furto. Per punizione viene mandato a lavorare in un impianto chimico [Foxnews] • «Nel 1981, aveva solo vent’anni quando la giustizia dell’Urss lo condannò a tredici anni di carcere per furto, frode e sfruttamento di prostituzione minorile. Questa esperienza lo segnerà per sempre. Quando lascia il penitenziario nove anni dopo, l’Urss è agonizzante» [Gabidullin, cit.] • «La “terapia d’urto” introdotta negli anni Novanta per rilanciare l’economia russa crea opportunità per una nuova generazione di imprenditori senza scrupoli, che non esitano a ricorrere ai sicari per eliminare la concorrenza. Prigožin entra rapidamente in affari» [Gabidullin, cit.] • «In questo periodo incontra Boris Spectore, ex compagno di classe del liceo. Spectore, che era nel giro d’affari dei casinò di lusso di San Pietroburgo, gli propone di diventare manager della Contrast, azienda che gestisce la rete alimentare dei suoi casinò, con una partecipazione azionaria del 15%. La Contrast verrà gestita insieme a Kirill Ziminov, che diventerà grande amico di Prigožin» [Ilya Zhegulev, Meduza, aliseoeditoriale] • «Nel 1995, la Contrast è sull’orlo del fallimento. Prigožin convince Ziminov a unirsi a lui per creare una catena di ristorazione. L’anno successivo, a San Pietroburgo, con un prestito di 350.000 dollari, fonda il primo ristorante di lusso: Staraja Tamožnja o The Old Customs House [Zhegulev, cit.] • «In questo ristorante accoglie a partire dal 1996 la cerchia vicina ad Anatolij Sobčak, il sindaco della città. Sobčak ci viene regolarmente con uno dei suoi consiglieri fidati, un certo Vladimir Putin. All’epoca, è intorno a un’insalata di granchio della Kamchatka o a dei blinis al caviale che vengono negoziati i grandi contratti e sigillate solide alleanze. Quando arrivano clienti importanti, Prigožin è presente e insiste nel servirli di persona. Un’attenzione molto apprezzata. Il successo non si fa attendere, e sulla stessa scia Prigožin apre altri quattro locali di alto livello» [Gabidullin, cit.] • «Nel 1997, dopo un viaggio a Parigi, ispirato dai ristoranti galleggianti della Senna, compra e ristruttura, per 400mila dollari, la motonave Moskva-177, ribattezzata New Island. Grazie al suo carisma inizia a tessere rapporti con gli alti papaveri dell’Accademia Militare di San Pietroburgo e con gli oligarchi del mondo dei media» [Zhegulev, cit.] • «Un anno dopo, l’imbarcazione diventa il ristorante abituale di Putin, appena nominato presidente ad interim della Federazione Russa, nel dicembre 1999» [Gabidullin, cit.] • «Nell’agosto del 1999 il primo ministro Sergej Stepashin e l’amministratore delegato del Fmi Michel Camdessus cenarono al New Island, il caviale e lo sfarzo del ristorante verosimilmente influenzarono Camdessus a concedere un prestito alla Russia di 4,5 miliardi di dollari» [Zhegulev, cit.] • «Nell’estate del 2001, al New Island Putin festeggia il suo compleanno, invitando ospiti illustri come Jacques Chirac» [Gabidullin, cit.] • «Nei primi anni 2000, Prigožin convince l’amministrazione pietroburghese a finanziare una rete di fast food chiamata BlinDonalds. Nelle intenzioni doveva essere una sorta di concorrente locale di McDonald’s, ma il progetto fallisce: nel 2008 erano aperti solo 10 punti dei 20 pianificati e tra il 2012 e 2013 la catena aveva già chiuso i battenti» [Zhegulev, cit.] • Pur non essendo un militare riesce a fare amicizia con ufficiali dei servizi segreti: «I ristoranti, come New Island e The Old Customs House, fungono da centro di intelligence per il servizio informativo di Prigožin, composto da ex comandanti della milizia sovietica, ex Omon e ufficiali del Kgb» [Zhegulev, cit.] • «Nell’entourage del Cremlino, Prigožin viene definito, da fonti interne, come affascinante, carismatico e con una memoria pericolosamente solida. Dagli altri oligarchi è stato a lungo visto come il “gran giullare” di corte: serviva ai tavoli e faceva ridere gli ospiti: il ruolo che secondo le élites pietroburghesi e moscovite si addiceva a un “bifolco” arricchito dei bassifondi di Leningrado» [Zhegulev, cit.] • «Nel maggio 2002 Putin cena al New Island con il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush. I piatti di Evgenij Prigožin lo portano lontano. Si guadagna il soprannome di “chef di Putin” e si afferma come figura chiave nei circoli del potere» [Gabidullin, cit.] • Nel 2004, dopo la “guerra” contro Mikhail Mirilashvili, imprenditore georgiano che controllava gli affari di Boris Spector, arrestato e condannato per rapimento nel 2001, Prigožin si separa dai suoi soci e lo fa con un accordo fallimentare. Zenya si proponeva di cedere un milione di dollari in azioni al suo socio Ziminov, ma le società delle azioni erano state liquidate e così Ziminov lo denunciò per frode nel 2004. Il 3 settembre il caso viene aperto, ma appena cinque giorni dopo viene chiuso per assenza di prove. L’ex socio si ritrova con un pugno di mosche e – sembra – la casa bruciata e un amichevole invito a lasciar perdere gli affari» [Zhegulev, cit.] • «Nel 2008, lo chef sale agli onori della cronaca per aver organizzato la festa per l’inaugurazione della presidenza Medvedev» [Zhegulev, cit.] • «Nell’autunno del 2010 apre a San Pietroburgo la fabbrica Concord Culinary Line; Putin sarà l’ospite d’onore per l’apertura e il credito per l’avvio dell’attività, stimato tra i 53 e i 43 milioni di rubli, viene concesso da Vnesheconombank, ente no-profit per lo sviluppo legato all’establishment governativo» [Zhegulev, cit.] • «La sua società di ristorazione Concord Catering si aggiudica molti appalti pubblici. Si occupa della gestione delle cerimonie ufficiali, fornisce i pasti alle caserme militari e si accaparra il lucrativo mercato delle mense scolastiche. Nonostante l’intossicazione alimentare che colpisce centinaia di bambini nella regione di Mosca nel 2017, Evgenij Prigožin non verrà disturbato dal sistema giudiziario. Perché Vladimir Putin lo ha reso un uomo ricco e influente. In cambio, l’oligarca svolge il lavoro sporco di cui il Cremlino ha bisogno» [Gabidullin, cit.] • Un esempio? «Tra il dicembre del 2011 e il febbraio 2012, durante le proteste dell’“inverno dello scontento” contro i risultati delle elezioni parlamentari, a Mosca avviene un caso insolito: un minivan parcheggia sul marciapiede e l’uomo all’interno inizia ad offrire thè e biscotti ai manifestanti. Altri tre minivan fanno la stessa cosa durante il corteo. Tutti vengono dalla vicina fabbrica della Concord ed sono lì per raccogliere informazioni sulle manifestazioni e sui leader. Novaya Gazeta scopre che i materiali raccolti servono per Antomy of Protest, documentario che dipinge i manifestanti come golpisti pronti a prendere il potere. Questo episodio è, probabilmente, la prima operazione di disinformatia di Prigožin» [Zhegulev, cit.] • Fonda il gruppo Wagner con Dmitry Utkin, ex comandante della 700° unità speciale della 2° brigata separata del Ministero della Difesa, ex mercenario dello Slavonic Corp e del Moran Group. Poco si sa di Utkin: è molto attento a non lasciare testimonianze o tracce di sé. Utkin è il ponte tra i separatisti del Donbass, i circoli di estrema destra e la formazione Wagner. Per lo chef è un utile informatore e un agente fidato dentro i circoli più intimi dell’establishment militare, date le numerose amicizie» [Zhegulev, cit.] • «Quel giorno, il 1° maggio 2014, è nato un gruppo di patrioti, che poi è stato chiamato Battaglione Wagner. Questi ragazzi hanno difeso i russi dal genocidio, il popolo siriano dagli altri arabi, hanno combattuto i demoni africani e latinoamericani. Sono diventati il pilastro della nostra patria. Nel 2014 andai nei centri d’addestramento dei nostri cosacchi, per investire soldi e reclutare uomini armati che potessero muoversi rapidi a protezione dei russi. Ma vidi che i cosacchi non funzionavano. Allora formai un gruppo mio, andando in un poligono e rimboccandomi le maniche. Gettai via le vecchie armi, selezionai le persone che potessero aiutarmi. E in poco tempo fummo pronti a liberare l’aeroporto di Lugans’k e a cambiare il destino del Donbass» (Evgenij Prigožin) [Battistini, CdS] • «Il Wagner Group, pur essendo uno strumento di Mosca, è pur sempre utilizzato e salariato dallo chef. La formula è semplice: lo Stato stabilisce gli obiettivi politici e mette a disposizione i mezzi, Wagner esegue, Prigožin guadagna: nella Repubblica Centrafricana, la Lobaye, filiale della M-Finance della Concord, ha numerose concessioni minerarie; in Siria la Evro Polis Ltd controlla i centri di estrazione di gas e petrolio presidiati dai mercenari; in Madagascar la Ferrum Mining si occupa di estrazione di cromite; in Sudan la M-Invest si occupa delle concessioni minerarie, il Wagner offre consulenza militare e la Internet Research Agency gestisce la rete mediatica del Paese» [Zhegulev, cit.]. In Africa Wagner opera anche in Libia a fianco dell’uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar, controlla le miniere di diamanti nella Repubblica Centrafricana, combatte con il governo contro i jihadisti in Malì. E ancora è presente in Senegal, Guinea, Chad, Costa d’Avorio, Cameron, Kenya, Congo, Angola, Botswana, Sudafrica, Zimbabwe, Mozambico, Madagascar. Quasi tutta l’Africa • Colpito da sanzioni internazionali, Prigožin è accusato dall’Fbi di aver orchestrato la campagna di ingerenza russa nelle elezioni statunitensi del 2016. È a capo dell’Internet Research Agency, vera e propria fabbrica di troll, fonte di manipolazione dell’opinione pubblica sui social media. La sua testa viene quotata a Washington: per la sua cattura si offrono duecentocinquantamila dollari. Nella sua condizione di “wanted”, eccelle nella disciplina del “catch me if you can”. E vince. Nessuno è mai riuscito ad avvistarlo, né a catturarlo» [Gabidullin, cit.] • «Andrey Mikhailov era l’ideologo dietro la fabbrica di troll, architetto delle le provocazioni contro lo scrittore Dmitry Bykov e altri media come Forbes, Novaya Gazeta, Argumentov, Fakty e Fontanka» [Zhegulev, cit.] • La fabbrica dei troll ha agito anche in Italia, corrompendo il dialogo civile su ogni tema, epidemia, economia, Quirinale, perfino la tragica morte di uno studente in fabbrica [Gianni Riotta, Rep] • «Le atrocità delle guerre in Siria e in Donbass hanno indurito gli uomini della Wagner e di riflesso irrigidito la visione politica di Prigožin. Sintomo della spaccatura tra i “federali” (esercito e burocrazia civile) e Zenya è il caso di Dmitry Menshikov, ex combattente della compagnia morto in Donbass, a cui è stata rifiutata la sepoltura nel cimitero militare di San Pietroburgo. Prigožin ha smosso mari e monti per dare una degna sepoltura a Menshikov, fino alla decisione di creare in autonomia un cimitero per le spoglie dei wagneriti a Bakinskaya, un villaggio situato nella regione Krasnodar» [Zhegulev, cit.] • «Dal 2020, Prigožin è sottoposto anche a sanzioni europee per il ruolo da lui svolto nelle attività del gruppo Wagner in Libia. È accusato di mettere “in pericolo la pace, la stabilità e la sicurezza nel Paese”». Nonostante si moltiplichino le prove del suo coinvolgimento in operazioni di destabilizzazione avvenute tanto nel cyberspazio quanto sul campo, dal Medio Oriente all’Africa, il miliardario minimizza il suo ruolo nel dispiegamento di paramilitari in giro per il mondo e cita in giudizio chiunque lo accusi di avere collegamenti con la Wagner. Ha organizzato le sue attività in modo tale che nessuna di esse possa essere giuridicamente collegata al suo nome. L’opacità è totale e ben organizzata. È un padrino in stile mafioso di vecchia scuola. Onnipresente ma invisibile. Onnipotente e intoccabile» [Gabidullin, cit.] • Stando ad alcune stime, a fine 2021 il Gruppo Wagner contava circa 6-9 mila uomini dispiegati in vari Paesi. Perlopiù veterani delle forze speciali e agenzie di intelligence russe, ma anche esponenti di Stati dell’ex blocco sovietico [Rosalba Castelletti, Rep] • Sebbene le forze mercenarie siano illegali in Russia, il gruppo Wagner si è registrato come società nel 2022 e ha aperto una nuova sede a San Pietroburgo • Prigožin per anni smentisce ogni legame con Wagner, intentando cause per diffamazione e facendo rimuovere le inchieste dal web. Fino all’invasione della Russia in Ucraina, quando invece ne rivendica con «orgoglio» la paternità. «Ho pulito io stesso le vecchie armi, ho sistemato io stesso i giubbotti antiproiettile e trovato specialisti che avrebbero potuto aiutarmi» • «Dopo anni da "eminenza grigia", negli ultimi mesi Prigožin è diventato così uno dei volti più riconoscibili dell’aggressione contro l’Ucraina. Lancia sempre più ardite invettive contro la leadership dell’esercito per le sconfitte o i mancati rifornimenti di munizioni ed è arrivato a bramare la rimozione del ministro della Difesa Serghej Shojgu che in passato aveva tagliato i suoi contratti milionari. L’aspirazione sembrava ben riposta quando, a novembre, Putin ha nominato a capo dell’offensiva il generale Sergej Surovikin, vicino a Prigožin. Ma gli equilibri di potere sono cambiati di colpo a gennaio con la nomina del capo di stato maggiore e vice di Shojgu, Valerij Gerasimov, al posto di Surovikin. Secondo alcune fonti, c’è il rischio che, a furia di volare troppo in alto, Prigožin possa anche finire come Icaro. E con lui tutta l’orchestra» [Castelletti, cit.] • «Prigožin è stato tante cose: un detenuto, un ristoratore, il fondatore di una fabbrica di troll che ha invaso con le fake news la Rete globale, e di una compagnia di mercenari che oggi definisce senza falsa modestia “il miglior esercito al mondo”. Ora si è trasformato anche in un politologo. La sua intervista che promette “una rivoluzione, come nel 1917”, ha fatto il giro del mondo, e i più sottili esperti russi stanno cercando di decrittare il messaggio dietro al messaggio, e di cercare di capire se il licenziamento del giornalista pro-guerra che ha raccolto lo sfogo del padre del gruppo Wagner sia un segno di scontento del Cremlino per le sue parole, o un depistaggio per trasformarlo in un finto ribelle. Resta un fatto: il newsmaker più popolare, controverso e originale della Russia in guerra non è più il presidente, ma il suo "cuoco", un uomo che nella stessa intervista preferisce darsi il titolo di “macellaio di Putin”, mentre racconta di aver reclutato a combattere a Bakhmut 50mila galeotti, e di averne persi 20 mila, più di quanto l’Urss avesse perso in 10 anni di invasione dell’Afghanistan» [Anna Zafezova, Sta] • «Il reclutamento nei cortili delle carceri l’ha avviato diffondendo un mito che incarna lui stesso: i Wagner offrono una nuova vita, ogni detenuto può sognare di diventare “un nuovo Prigožin”. Poiché ha il potere di concedere l’amnistia a chi decide di indossare la mimetica col teschio, lo odiano i membri dell’Fsb: pericolosi omicidi, temibili criminali che hanno catturato i servizi segreti interni, vengono arruolati e, prima o poi, ancora più addestrati di prima, faranno ritorno in patria» [Michela Iaccarino, Fatto] • Prigožin ha ormai smesso di agire nell’ombra. Gira in mimetica per San Pietroburgo. Definisce Putin e il capo delle Forze Armate Gerasimov «due stronzi» [Andrea Malaguti, Sta 14/5/2023]. Un personaggio del genere, più a suo agio in mimetica che in blazer, è difficile da tenere a bada. All’inizio dello scorso aprile puntò dritto su Dmitry Peskov, il portavoce di Putin identificato come esponente delle colombe. «Smettiamo di dare risalto ai dubbi commenti di questo figuro», scrisse sul suo canale Telegram. Da allora, ogni giorno un attacco ai vertici delle Forze armate e al ministro delle Difesa Sergej Shoigu. Incompetenti, burocrati, incapaci. Colpevoli di alto tradimento perché non mandano munizioni a sufficienza. Ma il fronte interno non basta a chi forse vuole proporsi come leader del partito dei falchi ultranazionalisti. Prigožin si diletta anche di politica estera. A modo suo, ovviamente. «Guido Crosetto è un assoluto coglione e cacciaballe». Al presidente francese Macron, che denunciava la presenza di Wagner in Africa, ha risposto dandogli dell’ignorante «che vive in un mondo di illusioni». Per tacere di Joe Biden, al quale si riferisce spesso nei suoi messaggi social chiamandolo «il vecchio demente». Proprio questa sovraesposizione mediatica racconta delle sue difficoltà. E del suo probabile destino. Prigožin andava bene quando c’era, ma sembrava che non esistesse. Adesso è un problema. Il Cremlino ci convive, per i suoi meriti acquisiti sul campo [Francesco Battistini, CdS] • Entro il 5 giugno l’esercito di Prigožin lascerà Bakhmut, città conquistata dopo una battaglia «tritacarne» durata sei mesi, costata la vita a decine di migliaia di soldati ucraini e mercenari della Wagner • Poco prima di conquistare Bakhmut un’inchiesta del Washington Post rivela che Prigožin avrebbe chiesto agli ucraini di ritirarsi da Bakhmut, in cambio delle coordinate delle posizioni dell’esercito russo. Lui dice che si tratta di una bufala. Ma la domanda delle domande rimane: chi è Prigožin? un devotissimo o un traditore? Fin dove vuole arrivare? Ha in programma una svolta verso la grande politica?» [Battistini, CdS e Riotta, Rep] • «Nonostante i suoi “meriti” nella guerra, Evgenij Prigožin rimane una figura marginale nella politica russa. Forse è il desiderio di rimediare a questo isolamento che lo spinge ad avvicinarsi a Sergei Mironov, capo del partito Russia Giusta (SR) nel parlamento russo. Un partito creato nel 2006 come parte della cosiddetta opposizione sistemica, cioè l’opposizione parlamentare, completamente controllata dal Cremlino, che esiste per salvare le apparenze. Mironov conosce Prigožin da molto tempo, ma recentemente è diventato un ospite frequente del business center di Wagner a San Pietroburgo e ha persino posato per una foto con una mazza marchiata Wagner regalata da Prigožin. Inoltre, è stato Mironov a proporre di legalizzare le compagnie militari private definendole “eroiche formazioni militari”. La scorsa settimana, il medium dell’opposizione russa Meduza, citando varie fonti vicine al Cremlino e alle autorità di San Pietroburgo, ha scritto che Evgenij Prigožin avrebbe intenzione di prendere il controllo di SR [Yana Fortuna, Fatto] • Intanto mamma Violetta, oggi pittrice di 83 anni, espone i suoi dipinti ad olio nella sua galleria [Monica Serafini, CdS].
Amori Sposato con la farmacista Lyubov Prigožina che possiede diverse boutiques e Spa. Hanno tre figli Pavel, Polina e Veronika. Tutti i figli hanno diversi ruoli nelle aziende di famiglia. Pavel avrebbe anche combattuto con la Wagner in Siria • Mamma Violetta e la figlia Veronika, 18 anni, sono le uniche della famiglia a non aver ricevuto sanzioni Usa e Ue. In realtà Violetta era stata colpita ma poi, lo scorso aprile, ha vinto il ricorso alla Corte Ue.
Titoli di coda «Se all’inizio dell’operazione speciale avevano 500 carri armati, ipoteticamente parlando, ora hanno 5000 carri armati. Se 20mila uomini erano in grado di combattere, ora sono 400mila. Come l’abbiamo smilitarizzata? Risulta che abbiamo fatto il contrario. Abbiamo militarizzato l’Ucraina. Penso che oggi abbia uno degli eserciti più forti».