7 aprile 2023
Tags : Wilma De Angelis
Biografia di Wilma De Angelis
Wilma De Angelis, nata a Milano l’8 aprile 1930 (93 anni). Cantante. Conduttrice televisiva. «Io volevo fare la cantante jazz: impazzivo per Summertime e A Foggy Day. Invece non sapevo dire di no, e mi rifilarono anche canzoni terrificanti, tipo Alì Babà...ciami. Ma ho inanellato anche successi come Patatina, Nessuno, Quando vien la sera. E mi sono sempre divertita moltissimo» (a Luigi Bolognini) • «Lei vive da sempre in corso Lodi. “Mia madre aveva la passione delle case nuove: quando non le piaceva più la tinteggiatura si traslocava, tanto eravamo in affitto. Ma stando sempre in zona. Sono nata in via Brembo, la mia chiesa è San Luigi. Questa via è il mio paese, mi conoscono anche gli stranieri perché vado in tv. Però sono spariti il dialetto, i ricordi di quando qui passava il tram, il viale era pieno di platani e la fornaia della zona era detta ‘la radio’ perché sapeva ogni pettegolezzo”» (Bolognini). «Da bambina pattinavo in mezzo al corso: al limite passava un carro coi buoi. Adesso il corso è intasato di macchine». «Cantava già a 11 anni, e subito la definirono la Shirley Temple italiana» (Ivano Barbiero). «Cominciai canticchiando le cose che sentivo alla radio dell’Eiar durante lo sfollamento. Ebbi presto successo». «Ero […] quella che si dice una bambina prodigio, e per tre stagioni ho fatto tournée con un gruppo di minorenni che cantavano e ballavano» (ad Alberto Gedda). «Poi smisi per una polmonite, ma il dottore mi disse che sarei guarita cantando, e così fu. Andavo al Ragno d’Oro a Porta Romana, nei circoli, avevo lo swing addosso, amavo Rabagliati, Natalino Otto, Summertime». Così, su La Stampa del 9 gennaio 1957, Vincenzo Rovi ricostruiva la biografia di quella che il 2 settembre precedente, a Boario Terme, era stata proclamata «Reginetta italiana del jazz»: «Wilma De Angelis è nata per il jazz. Cominciò a cantare prestissimo e vinse un paio di concorsi dilettantistici. Fece parte di una compagnia di bambini, e, nel ruolo di “prima donna”, fu al centro di parecchie fiabe musicali elaborate in chiave moderna: il che le fornì il modo di mettere in luce lo straordinario temperamento di cui era dotata. A quattordici anni recitava, cantava e ballava come la più indiavolata soubrette. Ma i genitori volevano fare di lei una maestrina, e così, per conseguire il diploma d’insegnante, la giovanissima stella delle fiabe musicali abbandonò le scene. In realtà, Wilma non era figlia d’arte. Suo padre, commerciante, conduce con la proverbiale operosità milanese la agenzia di rappresentanza di una grossa ditta. Sua madre, una brava e placida casalinga, sogna una sola ribalta: quella di Lascia o raddoppia?, dove attende di essere chiamata per cimentarsi nella mitologia egiziana. Anche il fratello di Wilma è un attivissimo commerciante e si occupa della vendita di accessori automobilistici. […] Le riconosciute qualità canore condussero presto Wilma De Angelis nelle sale di trasmissione della radio, dove, però, solo in apparenza i programmi di musica leggera vengono decisi dalla direzione artistica, mentre, in pratica, sono dominio assoluto degli editori di canzonette. […] Costretta quindi a cantare banali motivetti che facevano a pugni col jazz del suo cuore, Wilma De Angelis rinunziò alle esibizioni radiofoniche, e in un momento di crisi acuta meditò persino di farsi monaca [circostanza smentita dalla De Angelis molti anni dopo – ndr]: era, evidentemente, un proposito maturato nel corso di una profonda depressione; e, prima ancora che qualcuno avesse potuto commettere l’imprudenza di giurare sulla irrevocabilità del proposito stesso, la cantante fu invitata a partecipare a un concorso nazionale per la elezione della Reginetta del jazz. Sulle prime, la bionda Wilma rifiutò: avvilita e ormai sorda ai richiami di quella musica che aveva amato inutilmente, sembrava proprio decisa ad abbracciare la vita monastica. Ma […] all’ultimissimo momento accettò di partecipare all’allettante concorso: vinse trionfalmente, fu proclamata Reginetta del jazz e subito dopo incise quel disco che doveva imporla all’attenzione dei competenti americani e avviarla lungo la strada che aveva sempre sognato». Ancora Rovi: «Il caso s’incaricò di mettere fra le mani di un competente quel disco che portava oltre oceano una voce del tutto sconosciuta, e bastò una segnalazione sulla più diffusa rivista americana di musica jazz per assicurare al disco stesso una vendita notevolmente superiore alle più rosee prospettive. Oggi, nella graduatoria dei valori jazzistici mondiali, il nome di Wilma De Angelis è preceduto sì e no da otto o nove nomi, fra i quali figurano taluni di rinomanza internazionale, come Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Chris Connor, Helen Merrill, Dinah Washington e Sarah Vaughan. E, se vogliamo azzardare un confronto nel solo intento di far conoscere meglio la giovane cantante milanese, possiamo dire che la sua bella voce e la sua singolare sensibilità richiamano alla mente appunto l’applauditissima Sarah Vaughan, che ora trionfa in America. […] Ora Wilma De Angelis è riconosciuta come la sola cantante italiana di jazz: l’unica, cioè, ufficialmente qualificata come interprete di un genere musicale che da noi non è stato mai coltivato e che non ha ancora diritto di cittadinanza. […] Nel repertorio di Wilma De Angelis, che si arricchisce ogni giorno, figurano pezzi di grande impegno, come When Your Lover Has Gone, I Can’t Get Started, I Surrender, Dear, I’m Beginning to See the Light, My Funny Valentine, Honeysuckle Rose, Summertime, It’s Only a Paper Moon: tutti brani che costituiscono altrettanti bocconi prelibati per i buongustai del jazz». «Eppure, il grosso successo, lo conobbe per la prima volta all’estero con la sua versione di Casetta in Canadà, che Gloria Christian aveva portato al terzo posto al Festival di Sanremo del 1957. Diecimila copie esaurite in Olanda nel giro di due settimane: stessa cosa per altri cinquantamila dischi andati a ruba nei Paesi scandinavi» (Barbiero). «“Poi, nel ’58, la grande occasione a Torino: con il maestro Galassini, registrammo un varietà del sabato pomeriggio, Sette note, che diede la popolarità a tutto il gruppo”. Il gruppo era quello di Johnny Dorelli, Tony Dallara, Betty Curtis, Wilma De Angelis. “Ammettiamolo: allora sfondare era facile, eravamo in pochi, e quindi saltavi di continuo di festival in festival, da Sanremo a Napoli, conosciuta da tutti anche se incidevi pochi dischi”» (Gedda). «Ha debuttato al Festival di Sanremo nel 1959 proponendo Nessuno in coppia con Betty Curtis; vi è tornata l’anno seguente interpretando con Joe Sentieri Quando vien la sera, motivo che l’ha portata al successo, e ancora nel 1961 con Patatina di Gianni Meccia» (Aldo Grasso). «Le mie canzoni non mi piacevano, ma per pigrizia scelsi la lingua italiana invece del jazz americano. Amavo Nessuno, ma arrivò Mina: c’è ancora il filmato di Canzonissima dove io la canto lenta, poi arriva lei e la fa in rock. All’inizio lei non mi piaceva: troppo esagerata. Poi, conoscendola, che persona, e che artista». All’epoca «la De Angelis rappresenta un’incarnazione e la sopravvivenza di quella presenza femminile nella canzone melodica italiana che negli anni precedenti ha espresso un modello aggraziato, eufonico ma pur sempre radicato in un Paese ancora parzialmente rurale, un modello un po’ arcaico, semplice ed emotivamente legato ad atmosfere romantiche» (Luca Cerchiari). «Ho vissuto per quasi sei anni come in uno stato di grazia, in continua ascesa. Tutti mi conoscevano e tutte le canzoni erano un successo, da Quando vien la sera a Cerasella, da Patatina a In autunno. Poi, di colpo, basta: non funzioni più, le case discografiche non ti rinnovano i contratti, non interessi a nessuno. Nel ’67 io mi eclisso, mentre nascono gli astri di Rita Pavone, Gianni Morandi, altri personaggi con altra musica». «Mi trovai a spasso, anche perché la mia etichetta puntò sulla Berti, che cantava come me ma era più giovane. Niente contro Orietta, chiariamo: furono scelte di altri. E così, con Betty Curtis, ci trovavamo a parlare, a consolarci. Non eravamo rivali, anzi amicissime: tutte montature dei giornali. E campammo girando il mondo a cantare per gli emigranti, dalla Germania al Sudamerica». «Mia madre me la decantava sempre perché era bella magra e io rotondetta. E poi mi scambiavano sempre per lei. Un negoziante mi disse per mezz’ora che era un mio grande ammiratore e poi mi salutò “signora Curtis”. Gli firmai l’assegno come Betty Curtis». «Gli anni del silenzio, dell’oscurità sono brutti per tutti: isolati dopo aver conosciuto attimi da divi. “In quel periodo […] mi arrivavano, ogni tanto, delle offerte per partecipare a serate danzanti o programmi televisivi dedicati al revival, questa stupida moda che ti confondeva col liscio, tutti nel calderone, tanto sei una vecchia”. Però ci andava, vecchia o no. “Certamente: era l’unica occasione che avevi per tornare sul palco e per far vedere che sei una professionista, che hai davvero la voce e sai usarla. Ma, dentro, c’era il magone, l’amarezza di sentirti come in una recita di beneficenza all’ospizio, con te che fai la spettatrice. No, guardi, mi creda: anni davvero tristi, da dimenticare”» (Gedda). «Così cado in depressione. Mi salva il direttore dei programmi di Telemontecarlo, Paolo Limiti. Che nel 1979 si inventa Sale, pepe e fantasia, che – dice – è perfetta per me, che avevo il fisico e il tono colloquiale. Il bello è che io sapevo cucinare poco: se provavo mia mamma diceva “Ti te sé no buna”». «Non sapevo cucinare più di un uovo fritto e mi misero accanto uno chef. Poi col tempo ho imparato. Quelle trasmissioni non costavano nulla e potevi decantare le marche degli ingredienti. E nei primi due giorni trovammo sponsor per due anni. Così mi trovai a farne tre: La spesa di Wilma, dove facevo gli acquisti, A pranzo con Wilma, dove dividevo la tavola con un ospite, e sono venuti tutti, anche Moana Pozzi, e Telemenù, che poi divenne Sale, pepe e… fantasia, per la cena». «Un successo clamoroso, durato 19 anni. Ho precorso i tempi: adesso tutti cucinano in tv». «La Deangelis presentava piatti classici, ricchi di proteine, calorie e grassi che fanno parte della tradizione italiana, ricette semplici ma preparate per chi ama mangiare anche abbondantemente e se ne infischia delle diete. “Ero un po’ l’immagine di questo tipo di persone perché, anche se mi trattengo per non esagerare, amo la buona tavola e non mi deprimevo per qualche chilo in più. Adesso ci sto più attenta”» (Adele Gallotti). «Negli anni ’80 si è esibita con gli Oldies, gruppo che riproponeva le canzoni degli anni ’60. In televisione si è conquistata grande popolarità […] su Telemontecarlo […] diventando una specie di icona della tv casalinga, un’antesignana del “barocco brianzolo”, e come tale anche uno dei bersagli preferiti di Blob. Nel 1996 è passata al circuito Cinquestelle, dove ha proposto un talk show di cucina e varia umanità» (Grasso). Negli ultimi anni, abbandonati progressivamente i concerti, è apparsa con discreta frequenza in televisione (particolare popolarità riscosse nel 2010, soprattutto su internet, Dimmi di sì, la sua versione di Bad Romance di Lady Gaga, ideata per una puntata della trasmissione di Rai 1 Se… a casa di Paola condotta da Paola Perego), e ha persino avuto il suo esordio cinematografico, nel 2011, nel ruolo di Clara Vianelli, «la mamma cardiopatica di Bisio in Femmine contro maschi. […] Bella storia, molto divertente. Anche se quando questo Fausto Brizzi, il regista, ha suonato alla mia porta a propormi la parte mi sono guardata bene intorno: mi aspettavo le telecamere di Scherzi a parte». Un po’ di amarezza a inizio 2020: «Mi avevano invitata a Sanremo per partecipare al galà per i 70 anni della manifestazione. Mi ero comprata anche un bel vestito, ma […] mi hanno detto che la mia presenza è stata cancellata. Che peccato. Non è una mancanza di rispetto annullare una presenza a una settimana dall’evento? Uno ci rimane un po’ male, ma non ne faccio una malattia e non voglio neppure far polemiche. […] Quando il mio impresario mi aveva informata dell’invito della Rai, ero felice. A Sanremo si va sempre volentieri. E poi, senza falsa modestia, un invito me lo sarei pure meritato. Ma gli autori hanno cambiato la scaletta, e per me non c’è più posto. […] Sa, mi sono un po’ ritirata negli ultimi anni. Faccio sempre meno: non ne ho più voglia e sono stanca. Insomma, avevo detto basta. Ma questa mi sembrava un’occasione carina per tornare sul palco» (a Giulio Pasqui). «Oggi ritorneresti ai fornelli in tv? “No. Oggi non lo rifarei”. Peccato. Ne abusano un po’ tutti. “In realtà oggi non conviene proprio lavorare. Paghi tutto in tasse. Io sono libera professionista, fatturo tutto, e quando vai a fare i conti non ti rimane più niente”» (Davide Maggio) • Oltre ad aver firmato vari libri di cucina e l’«autobiografia gastronomica» Spaghetti, Wilma, insalatina e una tazzina di caffè (Mursia, 2010) a cura di Lucio Nocentini, è stata impiegata dallo stesso Nocentini nelle vesti di investigatrice dilettante all’interno di vari suoi libri gialli, tra cui Il mistero della minestrina vegetale (Mursia, 1999), Assassinio sul Malpensa-Express (ovvero il giallo del risotto giallo espresso) e altre storie (Erga, 2011) e Diavoli e cavoli ovvero «Il nome della Wilma» (Erga, 2013) • Nubile. «Non mi sono sposata perché mia madre […] era attaccata a me in modo anormale. E poi ho avuto e ho tuttora un grande amante: il mio pubblico. Come potrei essere fedele a un uomo?». Tra le sue relazioni note, una giovanile col calciatore Gianni Rivera («Di Gianni ho dei bei ricordi. Il nostro è stato un flirt molto bello. […] Lui era molto giovane a quell’epoca. […] A quei tempi un sentimento così bello non poteva durare. Io ero molto più anziana di lui. Ero considerata una cantante delle mamme, la fidanzatina d’Italia. Lui era agli inizi della carriera, molto solo», «Mi fecero capire che non faceva bene alla squadra e che dovevo vergognarmi»), una col musicista Willy Brezza, all’epoca già sposato («Era il pianista di Little Tony. Ci ritrovammo in tour e ci piacemmo subito. E riuscii a fare coesistere queste due vite. Con la moglie diventammo amiche quando capì che non volevo distruggerle la famiglia. Anni meravigliosi») e una, l’ultima, con un uomo croato che è stato il suo compagno dal 1994 fino alla morte, occorsa nel 2022 • «Nella sua carriera ha avuto modo di collaborare con tanti grandi interpreti della musica italiana. A chi è rimasta più affezionata? “Ho avuto un bellissimo rapporto con Betty Curtis, con cui ci siamo fatte compagnia per tanti anni. Ho avuto la fortuna di stare vicino a una grande donna come Nilla Pizzi, con cui abbiamo lavorato insieme. Poi tanti altri della mia generazione, come Miranda Martino e Claudio Villa, sono stati tutti amici”» (Alessandro Quaglini) • Appassionata di tecnologia, usa regolarmente cellulare (Whatsapp incluso, con tanto di audiomessaggi) e computer, e in passato fu persino ingaggiata dalla Microsoft per promuovere l’uso di quest’ultimo tra gli anziani. «La mia passione per il computer è autentica. Tutte le mattine controllo la posta, rispondendo a tutti i fan che mi scrivono. Io sono disponibile con gli altri perché gli altri lo sono stati con me. Ma controllo anche il conto corrente e tengo sotto controllo tutta la mia contabilità. È un mondo meraviglioso, anche se ha alcuni lati negativi» • «Amo molto le composizioni di Tenco, De André, Aznavour». «La musica di oggi, che fanno i giovani, non la capisco. Forse sono diventata fuori moda, ma la musica attuale non fa parte della mia vita, o forse io non faccio più parte della musica di oggi» • «C’è sempre stato affetto dal pubblico nei miei confronti, forse perché non ho mai amato le provocazioni. Quanto mi sarebbe piaciuto essere Gianna Nannini o, per essere proprio al top, Madonna. […] In fondo, nonostante tutto, sono timida e anche un po’ complessata. Conta tantissimo, per me, il giudizio delle persone. E, anche se la maggioranza è entusiasta, io tengo in considerazione i pochi che mi attaccano» • «Un’icona nazionalpopolare, amata da tante generazioni» (Quaglini). «Beata lei, ha proprio un carattere gioviale» (Barbiero). «Paciarotta e rassicurante» (Bolognini). «Capelli corti, ricciuti e rossi, nasino a patatina, fossette e sorriso affettuoso. Quello della tua vicina di casa» (Gallotti) • «Dell’orgia di trasmissioni di cucina di adesso che pensa? “Che non le guardo, per protesta e per invidia”» (Bolognini) • «Wilma, come nasce un successo così longevo come il suo? “Credo che dipenda dal fatto che sono sempre stata me stessa, nella mia semplicità. Non mi sono mai atteggiata, ho sempre avuto un profondo rispetto per la gente, che deriva anche dall’educazione che mi è stata data da bambina”. Lei nasce come cantante, poi ha sperimentato con successo anche i ruoli di conduttrice tv e attrice. Dove si è sentita più a suo agio? “Direi come cantante: ho iniziato che ero una ragazzina. Il canto, per me, ha avuto anche un senso benefico. Se hai dei problemi, il canto ti permette di dimenticarli: è come uno sfogo fisico. Poi mi sono sentita bene in tutte le cose che ho fatto: le ho sempre fatte con amore e semplicità”» (Quaglini) • «I 90 sono un bel traguardo. “Da ragazzina non pensavo neppure ci si potesse arrivare: mia nonna morì a 86 e mi sembrava già decrepita. Certo, so che non mi resta molto da vivere, ma qui sono arrivata, con la mia testa e le mie gambe. Ecco, non posso più salire le scale. Ma, scenderle, sì, e io abito al settimo piano. Al ritorno uso l’ascensore”» (Bolognini).