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 2023  aprile 24 Lunedì calendario

Biografia di Giorgio Mulè

Giorgio Mulè, nato a Caltanissetta il 25 aprile 1968 (55 anni). Politico (Forza Italia). Giornalista. Vicepresidente della Camera (dal 19 ottobre 2022). Già sottosegretario di Stato al ministero della Difesa (2021-2022). Deputato (dal 23 marzo 2018). Portavoce di Forza Italia (dal 10 aprile 2018). «Lei è nato il 25 aprile 1968: una data di nascita sovversiva. “Certamente nessuno mi potrà mai rimproverare di non festeggiare il giorno della Liberazione”. E il ’68? “Non merita di essere celebrato. Ha tagliato le ali alla mia generazione. A trent’anni ero il giovane Mulè. A quarant’anni ero ancora il giovane Mulè. A cinquant’anni, finalmente, sono diventato Mulè e basta. Perché sopra di me non c’era più il tappo dei sessantottini”. Un libro di Mario Perniola diceva che Berlusconi era la realizzazione del ’68. “Sicuramente è stata una figura rivoluzionaria per l’Italia”» (Nicola Mirenzi) • «È figlio di un oculista e di un’insegnante di lettere. Terzo di quattro figli maschi» (Concetto Vecchio). A Caltanissetta trascorse la prima infanzia. «Ricordo l’oratorio dei salesiani, dove ho frequentato le scuole elementari, il Palmintelli, dove giocava la Nissa in Serie D, e poi ricordo tante cose di Caltanissetta che adesso sono sparite» (a Donatello Polizzi). «All’età di 10 anni, mi sono trasferito a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Ho frequentato il liceo classico e, contemporaneamente, il Conservatorio di musica Antonio Scontrino di Trapani, dove ho studiato flauto traverso. In questo periodo ho iniziato a collaborare con alcune radio e tv locali. Dopo la maturità classica mi sono trasferito a Palermo, dove ho frequentato la facoltà di Scienze politiche. Successivamente mi sono laureato con lode in Scienze della comunicazione. A metà degli anni ’80 ho iniziato a collaborare con il Giornale di Sicilia, di Palermo. Nel 1988 ho vinto una borsa di studio per l’avviamento alla professione giornalistica. Ma, dopo pochi mesi, ho deciso di volare in America, a New York, per lavorare al quotidiano Il Progresso Italo-americano». Ha rivelato di aver passato «“tanti anni […] a fare l’abusivo”. Dove? “In Sicilia. Ho lavorato in un giornale senza essere assunto regolarmente, prima di iniziare a fare – grazie a Peppino Sottile – il cronista di nera al ritmo di tre o quattro omicidi al giorno, negli anni più tremendi della guerra di mafia. Poi sono stato fuorilegge a New York, alla redazione de Il Progresso Italo-americano, gloriosa testata oggi chiusa. Entrai negli Stati Uniti con un visto turistico, ma in realtà ero lì per lavoro”. Un immigrato irregolare. “Confesso di esserlo stato”» (Mirenzi). «Tornato in Italia, sono stato assunto nell’aprile 1989 al Giornale di Sicilia come cronista di nera e giudiziaria. In quegli anni ho seguito e raccontato fatti che hanno segnato la storia d’Italia e ho collaborato, oltre che con la Rai, anche con la Bbc e il magazine Time». A Palermo, da cronista del Giornale di Sicilia, fu tra i primi ad accorrere in via D’Amelio il 19 luglio 1992. «Uno degli agenti della squadra “Catturandi” di Palermo mi venne incontro come uno zombie, mi abbracciò e cominciò a piangere. A un certo punto ci girammo, e dietro un’inferriata c’era il tronco di un uomo. Il giudice Ayala riconobbe Borsellino dai baffi. Quella scena non mi ha mai più lasciato. È un incubo ricorrente. […] Sento ancora l’odore delle gomme che bruciano, l’odore della carne e le lacrime». «Risale a quegli anni l’inizio della collaborazione con il Giornale, allora diretto da Indro Montanelli. E, nel settembre 1992, sono stato assunto presso la redazione romana del quotidiano di Montanelli». «Mulè era approdato alla corte dei berluscones nei primi anni Novanta, quando un bel pezzo della redazione romana del Giornale di Montanelli si era trasferita a Palermo nei mesi delle prime stragi di mafia. Allora Mulè era un ragazzo sveglio, dalla bella penna e dalle ottime entrature nelle forze dell’ordine. Certo, sia lui che la sua futura moglie avevano simpatie di sinistra e non le nascondevano. Ma Giorgio, e questo era quello che contava, era in grado di produrre scoop su scoop, aveva un filo diretto con il futuro vicecapo della polizia Arnaldo La Barbera, contro il quale avrebbe ingaggiato memorabili battaglie al tavolo da poker, e parlava un buon inglese, frutto anche di un’esperienza al Progresso Italo-americano. Insomma, assumerlo era obbligatorio. Così il cocciuto Mulè era andato incontro al suo destino: si era ritrovato a lavorare in una redazione che di lì a poco sarebbe diventata il nucleo fondante di Forza Italia a Roma e che avrebbe guidato la fronda interna al Giornale contro il direttore Indro Montanelli. È nella capitale che nascono i suoi primi rapporti con Previti, che Mulè intervista e consulta spesso. Ed è sempre lì che sua moglie abbandona per qualche tempo il giornalismo per andare a lavorare nello staff del forzista Antonio Tajani. Lui intanto suona l’assalto ai magistrati e al pool di Mani pulite con una serie di violenti articoli che gli costano qualche processo per diffamazione, ma anche molta ammirazione nel campo polista, e rinsaldano i legami con Giuseppe Sottile, alter ego prima di Paolo Liguori a Studio Aperto e poi di Giuliano Ferrara al Foglio. Per Sottile, anzi, Giorgio è quasi un fratello minore. Ovvio dunque che abbia la carriera segnata» (Peter Gomez). «Nel 1996 il nuovo direttore Vittorio Feltri mi affida la responsabilità di guidare la neonata cronaca di Roma e poi la redazione romana. L’approdo al settimanale Panorama è del 1998 come inviato. Nel newsmagazine sono cresciuto fino a ricoprire il ruolo di vicedirettore esecutivo. Nel novembre 2004 la Mondadori decide di nominarmi direttore di Panorama Economy». Inizialmente «come direttore di Economy ero terrorizzato, ma poco dopo era il più letto». «Economy […] va bene. Raccoglie parecchia pubblicità. Berlusconi chiama Mulè a fare il vice di Mauro Crippa alla testa di Videonews, la divisione di Mediaset che si occupa di programmi come Verissimo, L’Antipatico, Tempi moderni, Secondo voi e Super partes. Siamo nel gennaio 2006: i sondaggi danno il Cavaliere perdente, ma lui sa di poter risalire la china. Proprio per questo ha voluto Mulè, che, come dirà Vittorio Feltri, è stato “nominato sovraintendente a ogni notizia del gruppo, ovvero commissario politico”. Il fatto è che lui, il mestiere, lo conosce. Interviene o scrive direttamente i testi dei programmi, assiste Berlusconi quando, alla vigilia del voto, fa personalmente irruzione in trasmissioni come L’incudine di Claudio Martelli per lanciarsi in lunghi monologhi-spot. Forte dell’appoggio incondizionato del capo e di quello della figlia, Marina Berlusconi, Mulè tenta anche di mettere mano ai costi, cercando di trasformare Videonews in una sorta di redazione unica in cui tutti fanno tutto» (Gomez). Si susseguirono poi la direzione di Videonews (2006-2007), quella di Studio Aperto (2007-2009) e, infine, quella di Panorama (2009-2018). «Tra le soddisfazioni di questo periodo ricorderò sempre l’esperienza di “Panorama d’Italia”, il tour che ha toccato quaranta città in quattro anni per raccontare le eccellenze del nostro Paese, meritandosi più volte il plauso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. […] Nel gennaio 2018 ho deciso di impegnarmi in politica con Forza Italia, e per questo motivo mi sono dimesso da tutti gli incarichi professionali». Eletto alla Camera nel marzo 2018 e confermato nel settembre 2022, nel corso della sua prima legislatura ricoprì il ruolo di sottosegretario di Stato al ministero della Difesa nel governo Draghi, mentre nella seconda è vicepresidente della Camera. Fedelissimo di Berlusconi, si è più volte distinto per prese di posizione critiche verso il governo Meloni, soprattutto nei confronti di esponenti di Fratelli d’Italia. «Cita Angelo Massimino, l’indimenticato presidente del Catania: “L’amalgama non si può comprare, perciò noi, il partito unico, non lo faremo”. Sornione e diretto, governativo e Masaniello, ecco Giorgio Mulè di Forza Italia, il vero capo dell’opposizione interna a Giorgia Meloni. E infatti in Transatlantico sempre viene rincorso dai cronisti, perché da studente del Conservatorio conosce i tempi per far partire il controcanto che tanto agita la maggioranza di destra che governa l’Italia. È successo un mucchio di volte finora. Sin da prima della formazione del governo (Mulè era dato come sicuro ministro, ora fa il vicepresidente della Camera, “con unanime stima”, tiene a precisare), ha cominciato a picconare il quartier generale dei meloniani. Presto si è ritagliato la parte del guastafeste di lotta e di governo. Sul decreto Rave. Sul Superbonus. Sulla Finanziaria, definita “una tisana”. […] Quelli di Fratelli d’Italia hanno perso la pazienza e gli hanno dato dell’ubriacone. Aveva chiesto di valutare le dimissioni della sottosegretaria Augusta Montaruli. “È già tanto che non hanno detto che ho il naso adunco”, commenta. Perché lo fa? Qual è il disegno? “Come perché?”, chiede con fare teatrale; Mulè potrebbe recitare in una commedia. “Non vogliamo fare le ancelle. Non siamo in maggioranza per ascoltare le messe cantate. Siamo i liberali, i garantisti, gli europeisti, e vogliamo dire la nostra con piena dignità”. Con Berlusconi si sentono ogni giorno. Con Meloni solo per sporadici messaggi. Circola voce che la premier un giorno lo abbia rimproverato per l’eccesso di autonomia. Mulè teme come tanti che Meloni voglia fagocitare Forza Italia alle Europee. Mulè non sa nascondere il proprio malumore. E, quando Giovanni Donzelli attaccava il Pd, lui, che presiedeva l’Aula, per tre volte ha cercato di contenerlo, invitandolo a chiudere l’intervento. “Niente, io ho provato a metterlo in guardia che stava facendo un grave errore di ortografia: non si attacca in quel modo l’opposizione”. Ora Francesco Lollobrigida va dicendo in giro che farà la fine dei finiani. “Minchiate!”, reagisce Mulè, e si mette a ridere. Non l’hanno nominato, per ripicca, giurì su Delmastro, “come se me ne importasse qualcosa: sono sotto scorta da ottobre, proprio dalla nascita del governo, per le minacce che ricevo, per le mie posizioni sull’Ucraina, sui vaccini, sugli anarchici”» (Vecchio). «“Il problema è che questi, da quando è nato il governo, non solo non tollerano il benché minimo accenno di dissenso rispetto a quello che fanno e dicono. Questi, o la pensi come loro oppure sei un loro nemico. Ragionano sulla base dell’‘O con noi o contro di noi’. Tutti quelli con un minimo di pensiero autonomo, loro li vogliono sottomessi, con la testa nell’acqua, morti”. Lui è Giorgio Mulè. […] I “loro” a cui si riferisce in questo sfogo, riservato a una serie di amici e colleghi di partito, sono invece i Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. […] “Io non penso di dire cose campate in aria. Porto in giro la linea di Forza Italia, che è quella di un signore che ha fatto per anni il presidente del Consiglio e che ha fondato il centrodestra, che si chiama Silvio Berlusconi. Il problema sono questi”, e cioè Fratelli d’Italia, “che da quando è nato il governo si sono scoperti seguaci di un pensiero unico: il loro. Su tutto, dalla composizione della squadra dell’esecutivo al Superbonus, o si fa come dicono o sei un nemico. Vediamo come va a finire…”» (Tommaso Labate). «A destra c’è chi gli dice “Ma perché non passi direttamente al Pd?”, e a sinistra c’è chi lo vede come un argine alle pulsioni illiberali della destra”. Allo stesso tempo, un traditore e una speranza. Come ci si sente, tra due fuochi? “Male. Perché io non voglio bene al governo: io lo amo. Conosco bene tutto quello che abbiamo passato per poter arrivare fin qui”. Un po’ se la sta cercando, però. “Ma perché? All’ingresso di Palazzo Chigi non c’è scritto ‘Non parlare al conducente’, come sugli autobus. Non è da apostati dare consigli a chi dirige il governo. È un servizio che gli si offre. […] Questo è un governo che non nasce da partiti gemelli omozigoti: è una maggioranza costituita da partiti che hanno geni diversi. Eterozigote”» (Mirenzi). «“Le professioni di fede in questo momento devono essere concentrate solo in una direzione: Berlusconi si ristabilisce e tornerà a essere il leone che abbiamo sempre conosciuto. […] Tutte le altri professioni di fede, come ad esempio la fedeltà al governo Meloni, sono dissonanti”. […] Se Berlusconi dovesse essere meno presente nella vita del partito, come si dovrebbe comportare Forza Italia? “Servirebbe un supplemento di maturità, ovvero fare quello che Berlusconi ha sempre fatto: trovare nella coalizione dei compromessi nonostante i rapporti di forza che ci darebbero perdenti”. […] Quali criteri si seguiranno per una futura successione a Berlusconi? Toccherà ad Antonio Tajani? “La fermo subito: io non penso alla successione di Berlusconi. Fino a quando c’è lui, io non dedico nemmeno un minuto a pensare a cosa ci sarà dopo”. Qualcuno dice che lei è pronto a entrare nella Lega. “Fa parte del solito teatrino, offensivo nei riguardi della mia lealtà trentennale a Berlusconi e poi a Forza Italia”» (Francesco Olivo) • «“Oggi molti militanti di Forza Italia subiscono il fascino di Fratelli d’Italia, così come qualche anno fa subivano il fascino della Lega. Per questo chi ha ruoli di governo in Forza Italia dovrà necessariamente al più presto decidere. Serve un grande impegno per radicare Forza Italia nel territorio. Difficile riuscire a fare entrambe le cose”. Lei vorrebbe prendere in mano il partito? “Ho già parecchie cose da fare”» (Mirenzi) • Nettamente filo-ucraino. «La manifestazione per la pace, per esempio, non la capisco proprio. C’è davvero qualcuno in Italia e in Europa che non vorrebbe la pace? Ma come ottenerla, a quali condizioni? Sventolare la bandiera arcobaleno è solo una generica dichiarazione d’intenti. Un urlo afono» • Una figlia, Giorgia, dal matrimonio con la giornalista Rossella Vitale • «Sono orgogliosamente quattro quarti siciliano. […] Questa è una terra nella quale si torna e dalla quale nessuno se ne può andare» • «È vero che in passato ha avuto simpatie di sinistra? “Sono stato di sinistra quando avevo 16 anni, per circa sei ore: il tempo che c’è voluto per andare da Mazara del Vallo a Marsala, stare con la mia fidanzata e tornare a casa. Un mio amico mi aveva detto che con la tessera dei giovani comunisti davano gratis il viaggio. Accettai di farla. Per ragioni amorose superiori”» (Mirenzi) • Il flauto traverso, «lo suono ancora: abbiamo inciso un disco per beneficenza con un gruppo di deputati». «La mattina, quando mi sveglio di cattivo umore, suono Bach, Vivaldi, Rachmaninov. È l’unica cosa che mi rilassa» • Tra i suoi scrittori preferiti, «“Gabriel García Márquez, Antonio Tabucchi, Gesualdo Bufalino, tutto Leonardo Sciascia”. Un pantheon da leader della sinistra. “Se uno sa scrivere, che m’importa se sta da una parte o dall’altra?”» (Mirenzi) • «Un tuo hobby? “Cucinare. Mia nonna mi ha messo sulla buona strada con ricette semplici; so fare anche i dolci. Un mio piatto, battezzato da me con il nome ‘Miseria e nobiltà’, è con caviale e finocchietto selvatico. Ma poi amo pulire la cucina dopo che ho preparato da mangiare. Sono un uomo d’ordine. E amo le cose belle, come i fiori”» (Alessandra Hropich) • «Cicciottello, appassionato di musica e di corse dei cavalli» (Gomez). «Carattere ruvido, pensiero altrettanto, uno che non le manda a dire e che spesso non si trattiene» (Labate) • «Quello che non mi è mai piaciuto è… […] come si chiama, Mules? […] Non mi è simpatico» (Ignazio La Russa a Francesca Fagnani). «“Se lui avesse idea di quanto importa a me di stargli antipatico, avrebbe idea dell’immensità…”. Come sta interpretando La Russa il ruolo di presidente del Senato? “I silenzi e gli imbarazzi dei suoi colleghi di partito riguardo alle sue posizioni la dicono lunga. Le istituzioni sono sacre e la seconda carica dello Stato deve essere espressione di correttezza, come io nel mio piccolo provo a fare tutti i giorni”» (Olivo) • «Chi è Calenda? L’opposizione più credibile o il prossimo alleato di Meloni? “Io lo chiamo ‘il Migliorino’”. Cosa significa? “Si crede il migliore, in realtà è solo -ino, -ino. Un maestrino, bravino a confezionare un brodino di propaganda”» (Carmelo Caruso) • «“I diritti sono e devono essere uguali per tutti: coppie omosessuali e coppie eterosessuali. Inoltre, quando si parla di questi temi, non c’è dottrina di partito che tenga. Vale la coscienza di ciascuno”. La sua posizione riguardo alla registrazione dei figli di coppie dello stesso sesso? “I figli di madri surrogate sono figli di un delitto contro le donne. Figli di un atto di egoismo, che si compie dietro compenso, che viola non solo la legge dello Stato ma anche le leggi divine. Per questo è giusto che venga previsto come crimine internazionale”. Rimane il problema dei diritti dei bambini. “Noi siamo stati e siamo pronti ad andare incontro alle coppie diverse da quelle previste dall’articolo 29 della Costituzione, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Per questo dico: sediamoci intorno a un tavolo, discutiamo, ripartiamo dal ddl Zan. […] Riprendiamolo, modifichiamolo. Inseriamo la tutela dei diritti dei bambini nati da precedenti relazioni e che si trovino a vivere con due persone dello stesso sesso unite civilmente. Sarei favorevole”. E sarebbe favorevole all’adozione per le coppie gay? “Personalmente sono contrario. Forse quei bambini potrebbero crescere bene? Non mi sento di sperimentarlo sulla loro pelle”» (Adriana Logroscino) • «È diventato di destra con Montanelli? “In realtà Montanelli mi ha insegnato qualcosa che viene prima e va oltre la politica: non darsi troppe arie. Discutevamo per ore a pranzo, a piazza del Collegio Romano: mai mi ha fatto sentire un povero stronzo al suo cospetto. E, se non si dava arie Montanelli, figuriamoci chi può darsele, oggi, in Italia”» (Mirenzi) • «Non ho servito mai un padrone. Mi sono genuflesso solo ai miei princìpi, ai miei valori e alle mie idee».