26 aprile 2023
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Biografia di Vittorio Cecchi Gori
Vittorio Cecchi Gori, nato a Firenze il 27 aprile 1942 (81 anni). Imprenditore cinematografico e televisivo, figlio di Mario Cecchi Gori (Brescia 21 marzo 1920 – Roma 5 novembre 1993), l’uomo che ha prodotto una gran parte della cosiddetta commedia all’italiana. Per lui tre cose hanno contato: il cinema, il calcio e le donne.
Titoli di testa «All’altro mondo mi piacerebbe incontrare papà ed essere riconosciuto».
Vita «Il babbo e la mamma si erano conosciuti allo stadio durante una partita di Fiorentina-Juventus» • «Da ragazzo giocavo pure a pallone». Con Pasolini. «Correva molto, ma non era forte. Io meglio di lui» [ad Alessandro Ferrucci, Fatto] • Primo set nel 1949 «con mio padre a Napoli, per un film con Eduardo De Filippo: durante le pause mi piazzavo sulle sue ginocchia. E mi lamentavo perché era troppo ossuto; ho ancora nella testa, nel cuore e nelle narici la gioia del pranzo, con cestini stracolmi di ogni magnificenza culinaria, il trionfo dell’opulenza partenopea» [ad Alessandro Ferrucci, Fatto] • «La prima infatuazione la provai per Marina Vlady, bellissima. Io dodicenne la spiavo recitare sul set e me ne innamorai. La seguivo ovunque. Con la troupe che si faceva un sacco di risate» [ad Antonio Gnoli, Robinson] • «Ho avuto un padre e una madre che hanno lottato per emergere e ce l’hanno fatta. Dico anche mia madre, perché lei era dietro a molte decisioni del babbo. Da Firenze ci trasferimmo a Roma nel 1952. Il cinema si faceva qui e a Roma abbiamo posto le basi del gruppo» [ad Antonio Gnoli, cit.] • Giovinezza lunga e dorata, fino a che il padre è rimasto vivo. Maurizio Crosetti l’ha descritta così: «Playboy nella dolce vita romana, un salto sul set per scherzare con Vittorio Gassman, una collezione di donne da cinemascope (Marisa Del Frate, Maria Grazia Buccella), a parte un bonsai biondo, Maria Giovanna Elmi. Babbo Marione lo tiene lontano da tutto, affidandosi a segretari e autisti purché il figliolo non faccia danni. E Vittorio gioca, ride, sogna». Benedetto Ferrara: «Che vita, Vcg: con la sua spider che scorrazza tra i Parioli e i set» • Primo film in cui ha un ruolo: «Brancaleone alle crociate di Mario Monicelli, del 1970. E... Altrimenti ci arrabbiamo fu un’intuizione mia. Mio padre non l’aveva capito: tutti dicevano che Bud Spencer e Terence Hill senza gli spaghetti western non li avrebbe visti nessuno. Prima, papà non mi aveva mai fatto un complimento. Tanti gli dicevano: digli una volta che è bravo. E lui: che, siete matti? dopo, non lo controllo più! Anche l’ultimo film di Federico Fellini volli farlo io, ci tenevo a fare esperienza coi grandi. Resta famosa la battuta di Fellini a mio padre: tu ti sei sempre salvato, ci voleva tuo figlio per farmi fare un film con la Cecchi Gori» [a Candida Morvillo, CdS] • Vedere il suo nome nella società di famiglia che soddisfazione fu? «La devo a Sergio Corbucci e Monica Vitti, con Non ti conosco più amore, anno 1980. Con Monica siamo stati amici, quanti film insieme...» [Morvillo, cit.] • Prima, i giornali rosa la descrivevano come «playboy che colleziona attrici, Maria Grazia Buccella, Maria Giovanna Elmi...». «Playboy è chi nella vita fa solo quello. Io lavoravo. E lavorando conoscevo attrici. Maria Grazia è stato il mio grande amore, finì perché eravamo giovani, ma siamo ancora amici». Ornella Muti? «Mi piaceva tanto. Mamma disse: ho capito che vuoi sposare un’attrice, sposa lei, è simpatica, è bellina. Ma ci lasciammo, fu una delusione: avrei voluto che finisse in un’altra maniera». A un certo punto incontra Rita Rusic, che sposerà nel 1983 • Il giorno del matrimonio «avevo per testimoni Verdone e Enrico Montesano. Mentre il prete celebrava, li vidi impettiti nei vestiti blu e mi venne in mente di fargli fare un film intitolato I due carabinieri. Glielo dissi, lì, mentre mi sposavo. Fu un successo» [Morvillo, cit.] • Crosetti: «Marione (cioè il padre – ndr), quel ragazzo lo chiamava “il mi’ bischero”. Quando Vittorino presentò a Marione un’ex modella di Postalmarket, figlia di un muratore, sassofonista a tempo perso, dalle sedicenti origini dalmate ma stanziale a Busto Arsizio, una che si chiamava Rita Rusic e credeva di essere un’attrice, Marione commentò: “Quella, il mi’ figliolo se lo ficca in saccoccia”. Difatti: sedici anni insieme, due figli (Vittoria e Marietto), il ruolo di Rita sempre più operativo quando muore Marione, d’infarto, nel 1993. Adesso è lei che fa la produttora, la Ritona: scopre Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello. Insomma, se prima c’era il padre a fare ombra al su’ figliolo, ora quell’ombra appartiene alla moglie. E Vittorino ci sta dentro, finché non esplode e sono risse epocali, chiamate al 113, tentativi di strangolamento reciproco. Lei dice: “Mi picchiava e andava con le prostitute”. Lui risponde: “Una croata, ecco cos’è: una croata”. Lei gli fa causa per duemila miliardi di lire, la metà esatta del patrimonio quando ancora un patrimonio esisteva, lui le deve versare per gli “alimenti” un assegno da settanta vecchi milioni al mese» • Nel 1984 Non ci resta che piangere. «Ricordo lo sguardo scandalizzato di mio padre al momento dell’anteprima a Cinecittà: il film durava circa quattro ore, e non capiva l’assoluto di due geni messi insieme. Quante risate…». Sul set? «Anche fuori: a cena ridevo per ogni gag volontaria e non. E quel film solo loro potevano realizzarlo: la storia non è un granché, sono i loro tempi comici a renderlo incredibile» [Ferrucci, cit.] • Alla morte del padre eredita tra l’altro la squadra di calcio della Fiorentina, di cui diventa presidente e con la quale vince una coppa Italia, una Supercoppa italiana (1996) e, nel 2001, un’altra coppa Italia. L’uomo simbolo di questa stagione è il centravanti argentino Gabriel Batistuta • «Io sono laureatooo!» (cacciando l’allenatore Gigi Radice) • Intensa attività di produttore e di industriale della comunicazione tra il 1993 e il 2000, anno in cui hanno inizio le difficoltà economiche. Sono suoi tutti i film di Celentano e molte delle opere di Salvatores, Troisi, Benigni, Olmi, Antonioni, Fellini, Scola, tra le quali non poche insignite dell’Oscar. Tutta questa attività è troppo spesso misconosciuta o dimenticata a causa della grande attenzione che i media hanno riservato e riservano alla sua vita sentimentale, alle sue vicende giudiziarie, alle sue numerose originalità (Crosetti, riferendo di quello che successe dopo la morte del padre: «... non abbottona la camicia spalancata sul pelo, dove sfavilla un crocifisso incastonato di diamanti, non smette di levigare il ciuffo cotonato color mogano alla Tony Dallara, non interrompe la raccolta di gigantesse, pensa di depurare l’Arno perché lo vede lurido quando si affaccia dal suo attico, si mette in testa di poter essere più alto di Berlusconi in tutto: nel pallone, in politica, con le tivù, nel cinema...») • Nel 1994 Il postino: «Troisi era un vero genio. Durante le riprese era molto affaticato, parlava poco. Ricordo una discussione in merito alla morte del suo personaggio. Mi sembrava non fosse necessaria, temevo che il pubblico potesse non apprezzare questa scelta. Lui mi disse: “non ti preoccupare per il pubblico, Troisi non muore mai”. Massimo è morto il giorno successivo alla fine delle riprese. La forza di quest’uomo, che ha dedicato gli ultimi attimi della sua vita per realizzare un simile capolavoro, non finirà mai di commuovermi» [a Luca Forlani, Il Giornale] • Quanti film ha fatto in tutto? «Anche 90 all’anno fra prodotti e distribuiti. Preferisco ancora i film alle serie: un film bello messo in tv non ha rivali. Ho rivisto Mediterraneo di Gabriele Salvatores, è ancora attuale». È fra i tre Oscar che tiene nella libreria, assieme al Postino e alla Vita è bella. «Lo vinsi nel mio momento d’oro in America, dove avevo casa e credibilità. Fui bravo a promuovere il film. Purtroppo lasciai Los Angeles: troppo faticoso fare avanti e indietro. Donald Trump mi diceva di rimanere, forse sbagliai». Era amico di Trump? «Avevo comprato casa da lui a New York, attico e superattico su Central Park, come stare sospesi in mongolfiera, poi l’ho persa nei casini miei. Abbiamo fatto amicizia, era debordante, ma era un uomo semplice, capiva tutto al volo». Altri incontri memorabili? «Gabriel García Márquez. Eravamo amici, gli portai a Città del Messico Tornatore che voleva fare il film da Cent’anni di solitudine, ma i due non si presero. Poi, lui mi fece invitare da Fidel Castro a fare lezioni di cinema a L’Avana. Gabriel era simpaticissimo. I grandi hanno anche una semplicità quotidiana che li rende magnifici» [Morvillo, cit.] • Tra tutte le persone che ha conosciuto e che non ci sono più, con chi le piacerebbe poter passare ancora un’ora? «Esclusi i miei genitori?» Sì. «Giovanni Paolo II. Dopo La vita è bella chiamò me e Roberto (Benigni) per un incontro: sei ore solo a noi due». Sei ore metaforiche? «No, reali: dalle 14.30 alle 20.30, e venni fuori alla distanza, perché Roberto è un bel rivale, mica sta zitto facilmente. Il Papa apprezzò molto lo spirito del film, in particolare il desiderio di riunificazione tra cattolici ed ebrei, fino a quando lo vennero a chiamare: “Santità è l’ora della cena”» [Ferrucci, cit.] • Nel 1995 compra Telemontecarlo e Videomusic, poi trasformata in Tmc 2 • È eletto senatore nel Partito popolare nel 1994 ed è tra quelli che al momento del voto di fiducia al primo governo Berlusconi escono dall’aula determinandone la caduta. Rieletto poi nel 1996. Nel 2001 gli rifiutano la Toscana e lui si candida ad Acireale, per l’Ulivo. Promette di acquistare la squadra locale, all’epoca in serie C1, e versa un anticipo di 400 milioni al presidente Pulvirenti (poi proprietario del Catania) garantendo che perfezionerà l’acquisto se sarà eletto. Non raccoglie però abbastanza voti e viene anzi messo sotto inchiesta per voto di scambio. Non riesce a farsi eleggere neanche nel 2006, quando si candida per la Camera nella circoscrizione Lazio 1, nelle liste del Movimento per l’Autonomia (Lombardo) alleato della Lega Nord. Da allora ha smesso con la politica • Nel 2000 comincia la grande crisi. «In una manciata di mesi Vittorione perde Batistuta, Rui Costa, le tivù, il seggio in Parlamento, la mamma, la Fiorentina (“È una casa di cristallo” dice, prima di frantumarla) e una montagna di miliardi. I tifosi della curva Fiesole lo chiamano Cecchi Grullo, e appendono allo stadio uno striscione con questa terribile domanda postuma a Marione: “Quella volta ’un ti potevi fa’ ’na sega?”» [Crosetti]. La Fiorentina, fallita, viene poi rilevata da Diego Della Valle. La vendita delle televisioni a Telecom dà luogo a una vertenza ancora in piedi. «Per un debito di otto milioni di euro, che forse era solo di tre, e che con una lettera mi ero detto pronto a pagare, mi hanno pignorato centinaia di miliardi. La mia società, 350 film prodotti, era la Fiat del cinema e colpendo me hanno colpito il cinema italiano. Mi hanno accusato di riciclaggio e dopo quattro anni è stato archiviato tutto. Il capo del tribunale fallimentare di Firenze che si occupava del mio caso, Sebastiano Puliga, ha avuto accertamenti di natura disciplinare. Ho pagato anche perché sul calcio mi ero messo contro poteri forti che nel calcio truccano le carte» • Dopo la tempestosa separazione da Rita Rusic, è stato a lungo con l’attrice Valeria Marini (che racconta: «La prima volta che l’ho incontrato, a Palazzo Borghese, si stava facendo fare la manicure. “Ti dispiace se continuo?”, mi ha chiesto...»). I due si sono detti addio in televisione: mentre lei raccontava la sua crisi a Porta a Porta, lui faceva lo stesso a Matrix (ottobre 2005) • «Fu una bella storia, un po’ faticosa. Veniva a dormire alle sei del mattino perché aveva fatto una serata dall’altra parte dell’emisfero» [Morvillo, cit.] • L’11 dicembre 2001 una perquisizione in casa sua a Roma, alla presenza della fidanzata Valeria Marini, porta alla luce un’ingente quantità di cocaina, che egli si ostina a chiamare “zafferano”. Il 28 ottobre del 2002 non apre la porta agli agenti che vogliono notificargli un’ordinanza di custodia cautelare (tra i reati contestati c’è la bancarotta fraudolenta). Gli agenti, guidati da Fabio Pocek, si fanno aprire da un suo collaboratore ed entrano mentre Cecchi Gori grida al complotto • «Sono stato anche amico di Sidney Pollack. Avremmo dovuto fare un film sulla vita di Ferrari. Era il 2004 o il 2005. Lo feci incontrare perfino con l’avvocato Agnelli. Purtroppo Pollack si ammalò e il film è passato a Michael Mann. Ho conosciuto e frequentato quasi tutti: da Richard Gere a Jack Nicholson, con cui andavo alle partite dei Lakers. Mi dispiace di non aver prodotto Seven, almeno nel nucleo iniziale era una mia idea. Scegliemmo Brad Pitt come protagonista, poi ebbi dei problemi societari in Italia, alcuni soci si tirarono indietro e di conseguenza dovetti rinunciare. Peccato. Però qualche anno dopo feci 300 e fu anche quello un grande successo. Ho conosciuto Mohammed Alì, ma era già malconcio» [a Gnoli, cit.] • Per il fallimento della Fiorentina (decretato dal Tribunale di Firenze il 27 settembre 2002), all’origine del suo primo arresto, il 10 novembre 2006 il Tribunale di Firenze lo condanna per bancarotta a 3 anni, poi portati a 3 anni e 4 mesi dalla Corte d’appello di Firenze il 10 dicembre 2008, e così confermati dalla Cassazione il 9 maggio 2012; tre anni sono comunque coperti da indulto • Per il fallimento della Safin Cinematografica (decretato dal Tribunale di Roma il 20 febbraio 2008), la società che controllava le sale cinematografiche, il 25 giugno 2008 è nuovamente arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta per oltre 24 milioni di euro: recluso nel carcere di Regina Coeli, dopo due giorni dice: «Voglio morire, ma da solo non ce la faccio, aiutatemi con un’iniezione letale», viene quindi ricoverato in una clinica romana e infine assegnato agli arresti domiciliari (fino al 6 ottobre). Il 1° febbraio 2013 il Tribunale di Roma lo condanna in primo grado a 6 anni, confiscandogli inoltre il capitale sociale delle società Cecchi Gori Cinema e Spettacolo e New Fair Film e confermando il sequestro delle quote di Adriano Entertainment e Vip 1997. Nella vicenda è coinvolto anche il magistrato Luisanna Figliolia, rinviata a giudizio il 9 dicembre 2010 con l’accusa di concussione: secondo la testimonianza di Mara Meis, poi sostanzialmente confermata anche dalla Rusic e dalla Marini, la Figliolia avrebbe convinto l’imprenditore, con l’aiuto della maga Maria Giulia Dominicis, di essere vittima di un complotto, e gli avrebbe concesso il suo aiuto in cambio di laute remunerazioni (viaggi, feste, assegni da 100 mila euro mensili per il marito) • Per il fallimento della FinMaVi (decretato dal Tribunale di Roma il 23 ottobre 2006), ex cassaforte e società operativa del gruppo, il 25 luglio 2011 è ancora arrestato, con l’accusa di bancarotta fraudolenta per 600 milioni di euro. Il 7 ottobre 2013 il Tribunale di Roma lo condanna in primo grado a 7 anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, decretando inoltre la confisca delle quote societarie e dei beni precedentemente sequestrati • I guai giudiziari hanno azzerato un impero fatto di cinema, televisione, calcio. Chiedo: che errori si riconosce? «Avevo un ruolo in 48 società, qualcosa mi è sfuggito, ma non mi sono accorto di aver fatto niente di male, quel che è successo non lo so dire tuttora» [a Candida Morvillo, CdS] • Nel maggio 2010 Mediaset si è aggiudicata all’asta per 17,5 milioni di euro la cosiddetta Library della Finmavi, un archivio cinematografico comprendente oltre 500 titoli e i relativi diritti televisivi. «Una grossa ferita che non si rimarginerà mai. Finché vivrò combatterò per riaverli. La storia del cinema italiano svenduta: Monicelli, Pasolini, Benigni, Risi, Verdone e tanti altri ancora. Lei non può immaginare quello che può rendere la Library, una fortuna letteralmente regalata» [a Malcom Pagani, Fatto] • Dopo Valeria Marini una relazione con Mara Meis, al secolo Mara De Gennaro (San Severo Foggia 1972), concorrente a Miss Mondo 1996. Si sono lasciati, dopo due anni, all’inizio del 2008. Nel 2010 ha una relazione con Filomena Azzarito detta Philly, alta, bionda e florida ex ballerina di burlesque • Sono rientrate nella sua orbita – per ragioni professionali – sia Rita Rusic sia la Marini. Tra le due non corre però buon sangue. La Rusic: «I rapporti tra di noi sono migliorati dopo che è uscita di scena la compagna». Ma Valeria Marini si è sacrificata restando vicina a Vittorio anche nelle difficoltà. «Sì, con cinque auto a disposizione» • Nella sua autobiografia Lezioni intime (Cairo 2008), Valeria Marini dice che a letto Cecchi Gori era «Duracell»: «Le nostre notti d’amore trasformavano il talamo in un ring di incontri a più riprese» • «Io Vittorio Cecchi Gori me lo ricordo per un paio di incontri in occasioni festivaliere: abbronzato, ciarliero, sbrigativo. Un vero padrone del vapore, uno che sembrava la parodia di un personaggio di Alberto Sordi e che invece era vero. Come vere e strazianti erano le storie di alcuni miei colleghi che raccontavano di sue sonore dormite durante la proiezione dei film da lui prodotti, seguite dalla richiesta di tagli e cambi a scene che aveva visto solo nei suoi sogni» [Davide Ferrario, CdS] • «Io in politica non sarei mai dovuto entrare. Lo feci per Martinazzoli e per combattere la battaglia sulle tv. Il grande errore della mia vita. Una strada pericolosa che mi ha quasi ucciso» [Pagani, cit.] • «Se a Berlusconi gli dai un dito, ti prende il culo» [CdS 12/3/1995] • «All’inizio Silvio è stato la fortuna del cinema e anche la mia, in particolare grazie alle sue televisioni private; poi come sempre avviene, riesce a distruggere le persone che gli sono state vicine» [Ferrucci, cit.] • L’ultimo set? «Silence di Martin Scorsese, nel 2015. Di Scorsese ho coprodotto anche The Irishman, con Robert De Niro e Al Pacino, ma non sono potuto andare, stavo male» [a Candida Morvillo, CdS] • Con l’America ho continuato a lavorare perché lì le mie società non sono state coinvolte dal fallimento. Tuttora gli americani mi sollecitano a fare altro. Ho pronta la sceneggiatura del remake del Sorpasso, col figlio di Dino Risi, Marco, e magari con Alessandro Gassman, al quale però non va molto. Devo solo stare bene, riprendere a muovermi. Un bel film vorrei ancora farlo» [ibid.] • Sostiene di non aver mai sedotto una attrice per il suo ruolo da produttore: «Ogni storia è nata sempre dopo la conclusione del film» • Abita in un bell’attico ai Parioli, che fu dei suoi genitori, spoglio in quel che resta di un arredo in perfetto stile anni Sessanta acquistato nel 1962 grazie agli incassi de Il sorpasso [Ferrucci, cit.] • «Rifarei tutto quello che ho fatto, non ho accettato prepotenze e sono rimasto coerente. Alla fine stare dalla parte della ragione mi ha centuplicato le forze» [Caprara, Sta] • Nel 2017 sfiora la morte con l’ictus nel giorno di Natale • «Vittorio è un uomo solo, ma si sente ancora il magnate, il produttore, il Presidente della squadra di calcio, il playboy. Anziano, malandato, ferito nell’animo, ma, nonostante tutto, ancora determinato e pronto a raccontare» • Simone Isola e Marco Spagnoli, che nel 2019 hanno girato il documentario Vittorio Cecchi Gori – Di vizi e di virtù «Oggi sono sereno, ho attraversato un periodo difficile. A colpirmi è stata la miseria dell’animo umano, mi auguro che quello che è accaduto a me non accada ad altri. La tv e il cinema sono entrati in competizione, e non doveva andare così. Sono stato vittima di un conflitto d’interessi, in un momento politico particolare» [Caprara, cit.] • A gennaio del 2022 ancora in ospedale per una polmonite: «Il cuore ha fatto i capricci. Ora ho il fiato corto, posso fare tutto, ma da seduto» e ancora «me la cavo, devo fare l’ossigeno, ma tiro avanti» • «Per Vittorio Cecchi Gori c’è una richiesta di grazia al presidente Mattarella. Non è ancora del tutto uscito da vari cicloni giudiziari» [Gnoli, cit.] Ora ha una compagna? «Sono solo, ormai. Ho qualche amica. A 80 anni, ho più bisogno di amicizia: non è che mi metto a fare l’imitazione di me stesso» [Morvillo, cit.].
Titoli di coda «Finché sei vivo devi illuderti di essere eterno».