la Repubblica, 13 giugno 2023
Prigozhin contro Shoigu
Sono già sette i paesini in cui è stata ammainata la bandiera russa. È un piccolo antipasto di una controffensiva ancora agli albori, ma nel frattempo Mosca ha un altro bel guaio da risolvere: l’ennesimo schiaffo ricevuto dal capo della Wagner, Evgenij Prigozhin, che si è rifiutato di firmare il “Contratto” con cui il ministro della Difesa Shoigu tentava di rimetterlo sui binari dell’obbedienza.
Era il piatto freddo della vendetta, dopo la raffica di insulti ricevuti. Un documento di regole precise imposto alle formazioni «volontarie» che, come ha spiegato il generale Viktor Sobolev, non potranno più partecipare all’Operazione militare speciale se non lo firmeranno. Ieri è arrivata la firma dei ceceni di Kadyrov, il rivale numero uno di Prigozhin. Ma non erano i ceceni l’obiettivo di Sergei Shoigu. Era chiaramente l’ex cuoco di Putin.
Per settimane Shoigu e il capo di Stato maggiore, Valery Gerasimov, avevano dovuto ingoiare i suoi rospi mentre la Wagner faceva il lavoro sporco a Bakhmut, conquistandola in un bagno di sangue. E ora che ne ha consegnato al Cremlino le chiavi, affidandone il controllo alle Forze armate russe, a Shoigu dev’essere sembrato il momento adatto per mettergli la mordacchia. «Gli ordini di Shoigu si applicano ai dipendenti del suo ministero, la Wagner non firmerà alcun contratto con Shoigu», un «debosciato», lo ha gelato Prigozhin, che «non può gestire formazioni militari. Cosa ci può succedere? Non ci daranno armi e munizioni? Vedremo: quando sentiranno i tuoni, verranno di corsa a chiederci aiuto».
Un altro rospo nel piatto, insomma. Vedremo se anche stavolta Shoigu sarà costretto a ingoiarlo. «Chiamiamo le cose con il loro nome: è un ammutinamento», dice su Telegram il colonnello “Strelkov”, l’ex comandante delFsb Igor Girkin che nel 2014 guidò la prima fase della secessione del Donbass. Ma il potere di Prigozhin e della sua Wagner, i mercenari che sbrigano le faccende più oscure e complicate curando gli interessi geopolitici di Putin in mezzo mondo, è sempre più sorprendente. Lui lo usa sfacciatamente infiammando le divisioni interne alla prima cerchia dei fedelissimi di Putin, come quella tra Shoigu e Gerasimov da una parte, e il generale Sergey Surovikin dall’altra. Oggi è relegato in seconda fila, ed è con lui che il capo della Wagner dice di collaborare.
Kiev, di tutto questo, semplicemente gongola. Mentre le anime indisciplinate delle forze armate russe si prendono a schiaffi tra loro, la controffensiva ucraina avanza.«Nell’ultima settimana – dice la viceministra della Difesa Hanna Malyar – l’avanzata è stata di 6,5 chilometri con 90 chilometri quadrati e 7 villaggi liberati: Lobkovo, Levadne, Novodarivka, Neskuchne, Storozheve, Makarivka e Blagodatne». Il primo è il più a Ovest, un paesino sotto Zaporizhzhya, quasi sulle rivedel Dnepr; i successivi due sono più a Est, vicino al confine con la provincia di Donetsk. Gli ultimi quattro sono qualche altro chilometro più a Est, nel Donetsk, lungo la valle di un torrentello, il Mokri Yaly. Sono tre direttrici diverse: la prima potrebbe puntare alla Crimea, la seconda a Berdyansk e la terza a Mariupol.Ma restano punture di vespa agli avamposti di una linea di difesa russa ancora intatta: qualche chilometro più giù ci sono i campi minati e le trincee blindate, l’artiglieria pesante e interi contingenti schierati. La fase centrale e sanguinosa della controffensiva, dicono gli analisti, deve ancora iniziare.