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 2023  giugno 13 Martedì calendario

Luttazzi dà l’addio a Berlusconi: «Che l’inferno gli sia lieve»

Come tutti i padroni, Berlusconi non amava la satira su di lui (a me ha rovinato la vita, ma lo perdono: che l’inferno gli sia lieve) (se Dante ha messo all’inferno i papi, io posso metterci papi), satira che all’epoca producevamo in quantità perché Berlusconi, l’uomo più potente d’Italia, produceva nefandezze in quantità, mentre il branco dei leccapiedi si sganasciava alle sue barzellette penose come i ruffiani a quelle del megadirettore nei film di Fantozzi; ma non è vero, come sostengono i qualunquisti, che fosse facile farla: era facile fare sfottò, cioè prenderlo in giro in modo caricaturale, di fatto rendendolo simpatico. Sulle sue tv ne trovavi a iosa, di sfottò su Berlusconi (“il cavaliere mascarato”, “il povero Silvio”); e lui se ne vantava: “I peggiori nemici li ho in casa”. Erano le sue foglie di fico: artisti “di sinistra” che continuarono a lavorare nelle sue tv, a pubblicare per la sua casa editrice, e a fare film con la sua casa cinematografica, anche dopo che si seppe delle sue tresche con la mafia (in pochissimi, sull’esempio di Giorgio Bocca, se ne andarono; i paraculi se ne fregarono, godendosi le rendite di posizione e i vantaggi economici). La satira che additava lo strapotente, vendicativo Berlusconi al pubblico ludibrio ricordandone i reati, e sottolineando quale stortura fossero per la democrazia le sue leggi ad personam e il suo conflitto d’interessi, mentre il suo codazzo di manutengoli rendeva normale la menzogna, trasformando la Repubblica in una Repubblica delle banane (uno per tutti: Mimun, il cui Tg1 mostrò delegati Onu che applaudivano Berlusconi, quando in realtà Silvio aveva parlato in una sala semivuota: quei delegati stavano applaudendo Kofi Annan, era un altro filmato; un falso clamoroso di montaggio); quella satira vera non era affatto facile farla, perché la satira vera suscita una reazione: se la facevi su Berlusconi, venivi sottoposto a un protocollo disciplinare di sanzioni progressive (denigrazione, censura, vessazione, lite temeraria, character assassination damnatio memoriaebit.ly/3Uh8rrw). Poi, una volta che ti avevano fatto fuori, arrivavano i bastardi di complemento a sferrare il calcio dell’asino: “Cosa faranno i satirici quando Berlusconi non ci sarà più?” (come se prima di Berlusconi non ci fosse stata satira, e durante Berlusconi non facessimo satira anche su altro); “con la satira su Berlusconi avete fatto i soldi” (come se fosse immorale per un oncologo guadagnare sui tumori di cui si occupa); “siete faziosi” (gente che leccava il culo a Berlusconi da 20 anni dava a noi dei faziosi); “non fate ridere” (il pubblico si sbellicava); “vi prendete troppo sul serio” (la satira non è cazzeggio); “la censura vi è convenuta, riempite i teatri”, con la variante dei comici maramaldi: “Magari mi censurassero, riempirei i teatri” (la censura va meritata, e non ti conviene affatto: la tua carriera viene stroncata, mentre altri, fra cui i maramaldi, continuano a fare tv, radio, pubblicità, a diventare popolarissimi e strapagati). A questo punto, però, andrebbe chiarito un bel mistero, e cioè perché, durante il ventennio berlusconiano, mentre alcuni satirici venivano sommersi, tutti gli artisti pidini venivano salvati, continuando a lavorare in tv, illesi. Sopportavo la presenza nefasta e corruttrice di Lolito come documento di un’aberrazione. Purtroppo, con la sua morte, non spariranno i berlusconiani, come allignano ancora i craxiani. I berlusconiani non sono semplici conservatori. Prezzolini era un conservatore, ma è impossibile immaginarselo dalla parte di un presidente del Consiglio piduista che dà soldi alla mafia, froda il fisco, si fa leggi ad personam, paga ragazze e ruffiani per i suoi bunga-bunga, e promuove con le sue tv e col suo stile di vita la civiltà bauscia dell’apparire e del successo. Sketch finale per la tv: Travaglio che con un fazzoletto gli spolvera la tomba.