Il Messaggero, 12 giugno 2023
Intervista a Luca Barbarossa
L’idea di citare il poeta britannico Wystan Hugh Auden è stata di Stefano Massini: «Per me è stato un onore già solo il fatto di essere stato chiamato a comporre le canzoni», dice Luca Barbarossa parlando del sodalizio con lo scrittore e drammaturgo fiorentino da cui è nato lo spettacolo teatrale La verità, vi prego, sull’amore. Il tour debutterà l’8 luglio a Mondovì, in provincia di Cuneo, e per tutta l’estate vedrà l’inedito duo esibirsi in giro per l’Italia (all’Auditorium di Roma il 31 agosto) raccontando il sentimento più indagato e cantato di sempre: l’amore, appunto. Le canzoni composte e interpretate dal 62enne cantautore romano, dieci in tutto, ne rappresentano l’ideale colonna sonora: Barbarossa le ha raccolte nel disco La verità sull’amore, il suo primo album in cinque anni, appena uscito sulle piattaforme (i cd e i vinili arriveranno in concomitanza con la partenza della tournée). «Raramente mi ero sentito così ispirato, nel corso della mia carriera», confessa la voce di Via Margutta.
Addirittura?
«Non esagero. Gli argomenti che Massini tratta nello spettacolo, raccontando amori non convenzionali, vissuti da emeriti sconosciuti o da personaggi noti che possono essere scrittori, pittori o musicisti, sono stati così stimolanti che mi sono messo a scrivere a rotta di collo».
Non le era davvero mai accaduto prima?
«Forse solo nel 2018 per l’album Roma è de tutti, che conteneva canzoni che parlavano della mia quotidianità e del mio rapporto con la città. Ma dopo anni avevo bisogno di una motivazione forte per fare un album: è arrivata grazie a Stefano».
L’incontro come è avvenuto?
«Ci conoscevamo già, ma l’inverno scorso sono stato al Teatro della Pergola di Firenze ad assistere al suo spettacolo L’interpretazione dei sogni, ispirato dagli scritti di Freud: rimasi folgorato e glielo dissi. Qualche settimana dopo mi ha proposto di sviluppare insieme l’idea che aveva per La verità, vi prego, sull’amore. Mi sono sentito privilegiato».
Perché?
«Forse in Italia non ce ne rendiamo conto, ma Massini ha fatto qualcosa di epocale: con la sua Lehman Trilogy è stato il primo italiano a vincere un Tony Award, l’Oscar del teatro. Sentivo di essere al lavoro con un artista enorme. E un grande scopritore di storie».
Che tipo di amore raccontate?
«Vari tipi d’amore. Non voglio anticipare nulla perché vorrei che la gente venisse a vederci in teatro. Da questo spettacolo ho imparato che non esiste l’amore in senso assoluto, ma che l’amore ha sempre un nome».
Per lei l’amore che nome ha?
«Quello di mia moglie Ingrid, incontrata più di venticinque anni fa. Tra testi e canzoni raccontiamo che l’amore non è solo la scintilla iniziale, l’innamoramento. Ma un lavoro quotidiano di allenamento: mettere su una famiglia, crescere dei figli. Lo cantavo anche a Sanremo 2018 in Passame er sale. Nello spettacolo Massini ha deciso di recitare il testo della canzone».
Il disco è uscito per la sua etichetta, Margutta 86. Una scelta?
«Sì. Sono indipendente dalla fine degli Anni ’90: forse non ho il physique du role dell’artista indie, ma di fatto lo sono (ride). E faccio quello che mi pare».
Com’è stato comporre con suo figlio Flavio "Per sempre"?
«Divertente. È un musicista colto: dentro casa si passa da Chopin a Rachmaninov. Ha un bel tocco e una bella sensibilità. Non disdegna il pop. Mi ha fatto sentire un giro interessante di accordi sul quale io ho incastrato le parole del testo».
«La mia famiglia non me ne fa passare una che è una. Fanno le pulci a tutto quello che gli faccio ascoltare e quasi sempre hanno ragione», ha raccontato. Cosa le dicono?
«Quello che a volte merito di sentirmi dire, se ho scritto qualcosa di non entusiasmante. Il pericolo più grande di chi fa il nostro mestiere è di avere persone intorno che ti dicono che va tutto bene».
La figlia più piccola, Margot, ha 13 anni. Non le consiglia di fare un pezzo con un trapper?
«No (ride). L’altro giorno, quando l’ho accompagnata scuola, le ho detto di farmi sentire qualcosa. Nella sua playlist c’era roba buona: The Weeknd, Bruno Mars, pop raffinato».
Il tour con Massini parte l’8 luglio da Mondovì e arriverà a Roma il 31 agosto, alla Cavea. La Capitale è sempre «un deserto di idee», come ha detto nel 2021?
«Ero arrabbiato con l’amministrazione di quel periodo. Per vedere miglioramenti ci vuole del tempo. Roma meriterebbe di più. Non è solo la Capitale d’Italia, ma del mondo intero. E se ha un problema, è un peccato per tutti, anche per un giapponese che viene a visitarla».
Mai pensato di candidarsi a sindaco?
«Come no? Tanto non c’ho niente da fa (ride). Scherzi a parte. Faccio un mestiere bellissimo: il padre di famiglia. Poi scrivo canzoni, conduco (il Radio2 Social Club, dal lunedì al venerdì, in diretta dagli studi di via Asiago dalle 10.35 alle 12, ndr), faccio concerti. Non ci si può improvvisare amministratori: la politica è una cosa seria».