il Fatto Quotidiano, 12 giugno 2023
Ritratto al veleno di Marta Fascina
Marta Antonia Fascina e il suo mistero sono stati fabbricati a Taiwan. O almeno sembra. Marta guarda senza guardare. Parla senza parlare. Si sposa senza sposarsi. Ha la lucentezza del poliuretano. I capelli placcati platino. Nessuno spigolo. Colletti sigillati. Eppure respira, mangia, beve il Crodino, e come niente si prende il partito, meglio di Tajani.
Da tre anni abita nel metaverso di Arcore, un altrove ben temperato, dove un tempo passavano femmine replicabili in serie, igieniste dentali, stallieri mafiosi, patate bollenti. La sua orbita è transitata dalla Calabria di Melito alla Campania di Portici, provincia di Napoli, dove un tempo brillavano i compleanni di Noemi Letizia, altro mistero biochimico della recente storia arcoriana che è sempre ormonale prima che politica.
Dal nulla, l’ombra silente di Marta si è addensata prima negli uffici del Milan, epoca Adriano Galliani & Barbara B., poi in quelli di Montecitorio. Infine direttamente nel cuore di Silvio, che di lì a un paio di anni di fidanzamento conclamato, avrebbe voluto regalarle niente meno che il Quirinale e arredarlo con i suoi enigmatici silenzi, ma ha dovuto ripiegare su villa Gernetto, Lesmo, provincia di Monza Brianza, con sobria cerimonia, tipo Prima Comunione o Ultimo Capodanno, con una autentica torta a tre piani, una fontana costruita con stampante 3D, 60 amici vestiti a festa, a fare finta di nulla, Gigi D’Alessio nei panni di Mariano Apicella, mentre Silvio sembrava felice come un bimbo di 86 anni. Che lei da quel giorno chiama effettivamente Bimbo, “il mio Bimbo”, avendogli offerto per intero il giocattolo dei suoi 33 anni, ricambiata con un diamante a forma di cuore, che da quel 19 marzo 2022 le arreda l’anulare sinistro e che le signorine cuorinfranti di Forza Italia stimano di 12 carati.
Entrando nel cuore del Capo, nel partito del Capo, nel villone del Capo, Marta si è messa spalla a spalla con l’altra muta di casa, Marina, la primogenita del Capo. Da lì ha ripulito il campo da gioco con il decespugliatore. Ha scelto alleati fior da fiore, estirpando nemico per nemico. A cominciare dalla più nemica di tutte, Licia Ronzulli, ex infermiera del Galeazzi di Milano, poi onorevole plenipotenziaria che si era messa a fare il bello e il cattivo tempo in villa e nel partito, filtrando le telefonate di tutti, comprese quelle di due vecchi compari come Fedele Confalonieri e Gianni Letta che la detestano, con pose e pratiche da autentico mercenario Wagner: “Sono un soldato nelle mani del presidente. Quando lui chiama io rispondo: presente!”. E poi agli alleati: “Si vince uniti. Io coordino. Obiezioni?”.
Nessuna, fino a Marta. Che imbracciò due inciampi di Licia – l’umiliazione del Bimbo per la mancata conquista del Quirinale e l’urticante elezione di Ignazio La Russa al Senato – per farla sparire da un giorno all’altro, proprio come la Ronzulli, a suo tempo, aveva sgomberato Francesca Pascale e Mariarosaria Rossi dai divani del sovrano. Cancellata anche nelle fotografie, come a Mosca negli Anni Trenta. Mai più ammessa a Arcore. Mai al San Raffaele, con Silvio degente per 45 giorni, “nemmeno al reparto solventi l’hanno fatta salire, ben je sta!”, fanno sapere con sollievo le colleghe più care. Sollevata dall’incarico di Coordinatrice di Forza Italia in Lombardia. Sostituita da due fedelissimi di Marta, Alessandro Sorte e Stefano Benigni, appena entrati nella saga, chissà quanto consapevoli.
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Battezzata da Silvio come “dono di Dio”, Marta Fascina ha storia misteriosa quanto i suoi eloqui. Nasce il 9 gennaio del 1990. Il babbo Orazio faceva il cancelliere al Tribunale di Salerno. La mamma l’insegnante. Studia a Napoli, si laurea in Lettere alla Sapienza di Roma, tesi sulla musica napoletana, piccola passione per la politica, enorme passione per Silvio B. al quale scrive decine di lettere senza risposta.
Nel 2013 si candida per il Popolo delle libertà a Portici, raccoglie la bellezza di 58 preferenze. Le bastano per inoltrare un messaggio a voce a Emilio Fede, famoso scopritore di talenti e di guai, per finire tra le segnalate a Arcore. Entra nell’elenco delle candidabili tra una Deborah, una Katia e una ex miss Molise, anno 2018. Al giro successivo, in qualità di favorita, riceve in dote il collegio blindato di Marsala, anno 2022, dove non mette piede, non fa comizi, “ma ci ha fatto una vacanza da piccola”, fa sapere l’ufficio stampa che nel frattempo le ha ripulito foto e social.
Con la qualifica di deputata, più qualche spicciolo a fine mese, può dedicarsi alle cure del Bimbo. Di fianco al quale compare sempre vestita castigatissima, “da badante ucraina”, “da nonna Speranza”, suggeriscono le solite amiche, nonostante si vanti di usare lo stesso stilista di Kate Middleton, poverina.
Durante il Covid si eclissa con Silvio in Costa Azzurra. A fine pandemia riappare qualche volta a San Siro, d’estate in Sardegna, a Natale di fianco all’albero. Avendo altro a cui pensare nei quattro anni della sua prima legislatura ha presentato due smilze proposte di legge, purtroppo senza relatore, tre emendamenti, una interrogazione, tasso record di assenteismo al 72 per cento. Per questo le sue rare apparizioni suscitano l’entusiasmo dei peones: “Arriva Marta!”, “Ecco Marta!”, che ringrazia spalancando gli occhi, come fanno i timidi.
In compenso ha dimostrato un presenzialismo d’acciaio durante l’ultimo ricovero di Silvio, 45 giorni filati senza mai uscire dal San Raffaele: “Come avrà fatto per la ricrescita dei capelli?” si sono chieste le solite colleghe benevolenti. Ha chiamato il parrucchiere? Forse. Di sicuro ha convocato il padre e la madre, che in realtà sono separati da venticinque anni. Circostanza ben misteriosa che a molti ha fatto drizzare le antenne. Anche perché, dalla guarigione in poi, i comunicati ufficiali di casa Arcore non parlano più di compagna, ma di moglie. Si sono sposati davvero e questa volta in segreto? Persino il Confa, interrogato, è caduto dalle nuvole e quasi dalle scale: “Non ne so niente”.
Almeno stavolta non si tratterebbe di un mistero fabbricato a Taiwan, ma direttamente nel piccolo teatro di privacy familiare con implicazioni sull’asse ereditario e turbolenze legali prossime venture. Fatti loro. E nostri solo se diventeranno l’inchiostro televisivo per il prossimo “Succession”. A Marta, La Muta, toccherà sovrintendere i titoli di coda.