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 2023  giugno 11 Domenica calendario

Intervista a Rita Pavone

È una forza della natura. Il primo disco d’oro a 17 anni, l’America, il successo con Gian Burrasca, le tournée in tutto il mondo. Una pioniera che non si è mai fermata: Rita Pavone a 77 anni il 6 luglio da Cervia per la Milanesiana riparte in giro per l’Italia col tour Un piede nel passato e lo sguardo diritto e aperto nel futuro,che è un verso della canzone A muso duro di Pierangelo Bertoli. «Mi rappresenta ed è un omaggio a lui».
Che effetto le fa tornare sul palco?
«Mi emoziona. È dal 2014, quando ho presentato Masters, che non vado in tour. Sono su di giri, spero di essere in forma, sto lavorando su me stessa.
Un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro è esattamente quello che farò perché proporrò i successi, daFortissimo a
Viva la pappa col pomodoro, e farò cose che non si aspettano da me. Non mi piace vincere facile, mi piace vincere giocando la mia partita».
Ha paura?
«Ho sempre paura. Prima di entrare in scena sono un cadavere, sul palco mi trovo nel mio habitat naturale, divento forte. Sono una cuspide, nata la mattina del 23 agosto, tra il segno della Vergine e il Leone, la parte predominante è un Leone. Per me il palco è tutto, lì viene fuori la Pavone».
Il primo a credere in lei fu suo padre.
«Papà era operaio della Fiat, mi diceva: “Farai grandi cose”.
Andavamo dai produttori, arrivavo io, piccolina: “Ma è questa la cantante?”.
E lui tranquillo: “La ascolti”».
Cosa le dà il pubblico?
«C’è uno scambio di energia, sento l’affetto. Non è ammirazione, è un’altra cosa: la signora ti racconta la sua vita, quell’altro ti abbraccia.
Queste sono le cose a cui un artista dovrebbe ambire. Se no, ok, arrivi primo in classifica e due anni dopo nessuno sa più chi sei. Arrivare è facile, la cosa difficile è durare».
Ha 60 anni di carriera. Con le colleghe della sua generazione girate come trottole. Come fate?
«Dipende dal carattere. Siamo nate quando non avevamo nulla, tutto quello che arrivava sembrava grandioso».
Si sente una pioniera?
«In qualche modo sì. Ho vissuto un’epoca meravigliosa, che molti considerano adesso perché la scoprono sui social, in tv. Quando raccontavo i miei incontri qualcuno sorrideva: “Questa se la canta e se la suona”. Ma ho cantato con Marianne Faithfull, con le Supremes».
Come arrivò a fare cinque serate all’Ed Sullivan show?
«Veniva all’hotel Hilton e seguiva la tv, vedeva Studio Uno,si era innamorato di Topo Gigio. Io ero prima in classifica in mezzo mondo, disse alla Rca americana: questa ragazzina mi piace, la prendo per lo show. Non avevo mai lasciato Torino, abitavo in periferia. E mi ritrovai tra i grattacieli, sensazione pazzesca».
Rischiò di non avere il visto per
andare in America.
«Che storia. Avevo fatto una serata dove c’era Palmiro Togliatti che era mio ammiratore. Andiamo a Roma, all’ambasciata americana per il visto e capisco che ci sono problemi, mi gelano: “Lei è attiva nel partito comunista”, e tirano fuori un manifesto dove c’era Togliatti e la scritta “Canterà Rita Pavone”. Ho spiegato che cantavo per tutti, la politica non c’entrava niente.
Figuriamoci, i miei genitori fino a quel momento erano monarchici».
Ha rimpianti?
«Il più doloroso è stato non rimanere a studiare a New York, papà non ha voluto. Sarebbe bastato avere una governante, è andata così».
L’incontro con Teddy Reno, 19 anni più di lei, le ha cambiato la vita?
«Era l’uomo giusto, abbiamo festeggiato 55 anni di matrimonio.
Con la sua ex moglie, Vania Protti Traxler, spesso complottiamo alle sue spalle. Non c’era il divorzio in Italia, l’aveva ottenuto in Messico.
Per avere il nome del padre, i miei figli dovevano nascere negli StatiUniti o a Londra. Scelsi Londra, più vicino. Ai controlli, quando siamo ripartiti, il piccolo è passato dalla parte dei cittadini inglesi e noi dall’altra. Era sulla sua carrozzina portata dalla polizia, non lo scorderò mai».
Che ha capito del successo?
«È una bella cosa ma se non hai costruito niente nella privata non basta. Torni a casa, ti chiudi la porta alle spalle e cosa ti resta? Sei solo».
Tra i giovani cantanti chi le piace?
«Elodie, Marco Mengoni, Emma.
Però quando ho sentito il duetto di Elisa e Giorgia al Festival di Sanremo ho pensato: queste sono da Grammy. Le mie preferite: che vocalità, un talento immenso. Chapeau».
Orietta Berti ha collaborato con Fedez, Achille Lauro, ora lancia il nuovo tormentone con Rovazzi. La tenta l’idea di un duetto?
«Con Lazza mi piacerebbe molto,
Cenere è bellissima. Apprezzo anche Ultimo, questi ragazzi oltre ad avere una bella voce esprimono qualcosa. I tormentoni non mi fanno impazzire.
Vanno bene per l’estate. Le canzoni devono durare».