la Repubblica, 11 giugno 2023
La cacciata di Lippi
La pietosa vicenda di Claudio Lippi, cacciato dalla Rai prima ancora di entrarci a causa delle sciocche ciance uscitegli di bocca a Montecitorio, ha un mandante. Del quale, ingiustamente, nessuno fin qui si è occupato, pur essendo il vero artefice del disastro.
Si tratta del deputato di Fratelli d’Italia Andrea Pellicini, lombardo di Luino e dunque, immeritatamente, concittadino di Piero Chiara. È lui che, per ragioni che sfuggono a ogni logica, ha voluto trascinare Lippi in quel ferale luogo che è la buvette, mandandolo a infilzarsi da solo in una delle tante, feroci tagliole che la Roma giornalistica e gossipara predispone per le facili prede come lui. A Roma ci sono più agenzie di stampa che tassisti, e una di queste ha preso nota delle parole pronunciate in stato di ebbrezza dal maturo showman, stordito dalla felicità di trovarsi lì, proprio lì, tra gli stucchi del palazzo per antonomasia, che deve essergli sembrato (non a torto) l’anticamera di una nuova avventura nella fascia mattutina, o addirittura post-prandiale, della Rai.
È il Pellicini, dunque, ad avere indotto il Lippi alla propria rovina. Detto che, come attenuante molto generica, i due lombardi a Roma possono appellarsi all’ingenuità padana (che è una virtù, sia chiaro, ma in quel mondo di lupi non è perdonabile); ci si domanda se e come il deputato si sia scusato con l’amico caduto in disgrazia. Se non con un mazzo di rose – cose da gay, che entrambi considerano non più in quota Rai – almeno con una telefonata, e una proposta di lavoro in una tivù prealpina.