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 2023  giugno 10 Sabato calendario

Intervista alla Gialappa’s sui libri

Il primo libro che avete letto da bambini?
Carlo: "L’interpretazione dei sogni", di Sigmund Freud. Me lo regalò mio padre in tenera età, probabilmente sperando di arginare il mio già evidente squilibrio mentale: ma temo che abbia sortito l’effetto contrario.
Marco: Da bambino leggevo poco e ricordo quando i miei genitori per avvicinarmi alla lettura mi hanno portato in libreria e comprato dei libri di Italo Calvino: "Il barone rampante" e "Il Visconte dimezzato".
Giorgio: A otto anni lessi "Il richiamo della foresta" di Jack London, evidentemente fu lì che nacque la mia passione per Michele Foresta, ovvero il mago Forest.
Nelle case dove siete cresciuti che libri c’erano?
Carlo: Tantissimi! Ricordo, ad esempio, "Ulysses", di Joyce: fulgido esempio di "flusso di coscienza". Ma con questo nostro libro ci siamo spinti molto più in là, giungendo finalmente al "flusso di incoscienza assoluta" .
Marco: Casa mia era arredata con i libri e di lì a poco ne sarei stato entusiasta.
Giorgio: c’era un po’ di tutto, dalla narrativa ai saggi di psicanalisi, non ricordo i titoli. Ricordo benissimo solo una copia di "Emmanuelle" e una di "Porci con le ali".
Il libro più amato nella vita?
Carlo: "Flatlandia": la dimostrazione che esistano altre dimensioni mi ha aperto prospettive inimmaginabili (soprattutto in fase di parcheggio).
Marco: Leggo a cicli ma direi Pennac, "Open" di Agassi/Moehringer, Gabriel García Márquez, "La variante di Lüneburg" di Maurensig.
Giorgio:"Alta fedeltà" di Nick Hornby, uno dei pochi scrittori che è riuscito a nobilitare l’idiozia del maschio moderno.
Il più noioso, che non siete mai riusciti a finire?
Carlo: "Alla ricerca del tempo perduto": mi sono fermato a pagina 3699 e, purtroppo, ne mancava ancora una!
Marco: Mi sono sempre imposto di finire i libri, una volta iniziati. È come il cibo… mi scoccia avanzarlo! Probabilmente il mio cervello ne ha risentito.
Giorgio: devo averlo rimosso. Mi ricordo solo che era pubblicato da Mondadori.
Uno che citate senza averlo letto?
Carlo: "Alla ricerca del tempo perduto": mi sono vantato con un giornalista di averlo letto quasi tutto, ma in realtà non l’ho mai aperto.
Marco: Non amo fare citazioni che non capisco né io né chi mi ascolta.
Giorgio: almeno un centinaio.
Uno che vi ha fatto piangere?
Carlo: "La versione di Barney", di Mordecai Richler: le ultime pagine le ho lette singhiozzando e, infatti, non le ricordo più.
Marco: "Se ti abbraccio non aver paura" di Fulvio Ervas e tutti i libri che parlano di campi di sterminio, perché li ricollego alla storia di un amico di famiglia deportato a Mauthausen.
Giorgio: "Lunar park" di Brett Easton Ellis, non è un libro per nulla commovente, ma ha mi toccato corde che non sapevo neanche di avere.
Il miglior libro d’amore?
Carlo: Li ho sempre evitati, come la peste; ma forse "Uccelli da gabbia e da voliera" di Andrea De Carlo, in fondo, lo era.
Marco: "Ciao" di Walter Veltroni: un libro d’amore per il padre… mi ha fatto piangere come un vitello.
Giorgio: non ho mai letto un libro d’amore in vita mia.
Il migliore libro d’avventura?
Carlo: "Entronauti", di Piero Scanziani: perché l’unico viaggio che conta è quello dentro sé stessi.
Marco: Non mi appassionano particolarmente.
Giorgio: "Stand by me"di Stephen King.
Il migliore umorista?
Carlo: Credo che il nostro amico e collega Walter Fontana sia il più grande umorista americano vivente: purtroppo, però, è nato in Italia e non capisce l’inglese.
Marco: "Citarsi addosso" di Woody Allen, "Bar Sport" di Benni e "L’uomo di marketing e la variante limone" di Walter Fontana.
Giorgio: tutti quelli citati dai miei soci più l’opera omnia di Charles M. Schulz, che per avere creato i Peanuts avrebbe come minimo meritato il premio Nobel, altro che Dario Fo e Bob Dylan.
Quale eroe di romanzi vi piacerebbe essere?
Carlo: Ho sempre provato una spiccata simpatia per Oblomov: e ho finalmente coronato il sogno di superarlo in fancazzismo.
Marco: Non mi sono mai immedesimato negli eroi. Ho trovato analogie con alcuni personaggi di Nick Hornby, soprattutto nel libro sul calcio.
Giorgio: Snoopy di Charles M. Schulz.
Il momento della giornata più adatto per leggere?
Carlo: Quando il sole è a picco: ormai sono talmente presbite che se non c’è luce a palla non riesco proprio più a leggere.
Marco: La mattina e la sera .
Giorgio: quando ho tempo.
Quanto tempo dedicate alla lettura?
Carlo: Se va calcolata anche la lettura dei messaggi WhatsApp, direi decisamente troppo - mi rifarò in pensione.
Marco: Durante l’anno riesco a leggere poco, ma in vacanza cerco di recuperare.
Giorgio: vado a periodi, ma se un libro mi prende davvero anche tutti i giorni.
La posizione preferita per leggere?
Carlo: Seduto, o anche in piedi, in metropolitana. Se non fosse stato inventato il metrò probabilmente sarei del tutto analfabeta.
Marco: Ma che cacchio di domanda è?
Giorgio: Sdraiato. Ma io faccio tutto da sdraiato. Homer Simpson al mio confronto è un dilettante.
Quanti libri possedete?
Carlo: Non saprei: ogni volta che ho provato a contarli mi sono addormentato.
Marco: Tantissimi, alcuni comprati, altri ereditati dai miei genitori.
Giorgio: non ne ho idea, moltissimi. Troppi.
Come li tenete in ordine?
Carlo: Non mi illudo più che si possano tenere in ordine: e comincio a pensare che si muovano da soli, appena ci giriamo.
Marco: Quando riesco li divido per genere e provenienza.
Giorgio: Non ci ho neanche mai provato. E infatti quando ne cerco uno non lo trovo mai e spesso mi capita di doverlo ricomprare.
Dove?
Carlo: Ovunque…tranne dove poi li vado a cercare, senza trovarli.
Marco: In tutta la casa e in una libreria vicino al letto, dove in alto tengo i libri che voglio leggere e nello scaffale più basso quelli letti ultimamente.
Giorgio: ovunque, dal comodino alle svariate librerie sparse per la casa, passando per il cesso.
Avete regalato un libro per sedurre?
Carlo: "Natura morta con picchio", di Tom Robbins: racconta una storia d’amore che si svolge dentro un pacchetto di sigarette. Grazie al cielo non ho mai fumato in vita mia, ma lei sì…
Marco: "Il ciclo di Malaussène" di Pennac, spiegando che il terzo romanzo era uscito in Italia prima del secondo. Ma non credo di aver mai sedotto nessuno
Giorgio: ma figurati!
Siete stati mai sedotti con un libro?
Carlo: "Il terzo occhio", di Lobsang Rampa: e, vedendoci sempre meno con gli altri due, sto tentando disperatamente di aprire un po’ quello.
Marco: Sì, ma non solo da donne. Ad esempio Pennac mi è stato regalato da un amico mentre ero in ospedale e lì leggere è stato molto importante.
Giorgio: ma figurati!
Come tenete il segno della lettura?
Carlo: Non lo tengo proprio, vado a memoria: e, avendola ormai persa, tendo a rileggere le stesse pagine per giorni e giorni.
Marco: Ho un segnalibro con la foto di Totò.
Giorgio: orecchie a gogo. I segnalibri sono fatti per cadere.
Avete il coraggio di fare le orecchie ai libri?
Carlo: Le orecchie ai libri? Se fossi il capo del mondo sarebbe reato penale!
Marco: Neanche per sogno e odio chi le fa.
Giorgio: io odio chi non le fa.
Li sottolineate?
Carlo: Solo nel millennio scorso, ai tempi dell’università. Ma, per uno strano paradosso, quando ho tentato di regalarli alla biblioteca universitaria me li hanno rifiutati, proprio perché erano sottolineati.
Marco: In alcuni periodi, ma sempre a matita.
Giorgio: ma figurati!
Avete mai buttato via un libro?
Carlo: Negli ultimi vent’anni penso di aver ricevuto tutti i libri scritti dai comici italiani, ma non ricordo di averne portato a casa nemmeno uno. E spero che loro abbiano fatto altrettanto col nostro.
Marco: Durante il trasloco ho trovato libri inutili che arrivavano in redazione e ho trovato il coraggio di buttarli.
Giorgio: il terzo volume della serie di Lisbeth Salander. L’ho letteralmente lanciato dalla finestra del bagno, rischiando peraltro di uccidere qualcuno.
Imprestate i libri?
Carlo: Sì, certo: dando per scontato che non torneranno mai più.
Marco: Purtroppo sì ed è un’abitudine che voglio eliminare: ho dovuto ricomprare un libro 4 volte!
Giorgio: non più, ne avessi mai rivisto uno...
Li restituite se ve li imprestano?
Carlo: Sì, certo: ma solo se erano particolarmente brutti.
Marco: Raramente chiedo i libri in prestito.
Giorgio: ne avessi mai restituito uno….
Che libri tenete sul comodino da notte?
Carlo: "Il generale Alfredo Taranto", la biografia di un prozio ottocentesco che, nelle prime 30 pagine, mi ha svelato tante curiosità interessanti sui miei antenati. A pagina 31, però, è partito per la guerra di Libia e, da buon pacifista, ho smesso di leggerlo.
Marco: Quelli che sto leggendo.
Giorgio: quello che sto leggendo insieme a quello che leggerò subito dopo.
Quindi, quali sono le ultime letture?
Carlo: Il nostro: "Mai dire noi"! Penso di averlo letto e riletto almeno una decina di volte. Ma, cionostante, è ancora pieno di refusi…
Marco: "Che cosa c’è da ridere" di Federico Baccomo, una ricostruzione storica molto attendibile dei cabaret nella Germania delle leggi razziali, degli spettacoli comici messi in scena nei lager per far divertire le SS. Ora sto leggendo "Il cane di Falcone" di Dario Levantino.
Giorgio: "Città di sogni" di Don Winslow, il secondo di una trilogia, sinceramente non proprio all’altezza del precedente.
Se doveste partire per un’isola deserta che libro portereste con voi?
Carlo: Non credo che all’Isola dei famosi sia consentito portare con sé un libro: e, se per caso lo è, non mi risulta che nessuno lo abbia mai fatto.
Marco: Non mi porterei sicuramente un libro che ho già letto.
Giorgio: vorrei portarmi l’ultimo di Brett Easton Ellis, "The shards", che è uscito a gennaio in tutto il mondo tranne che in Italia, dove mi dicono che non uscirà prima di settembre. Roba da terzo mondo.
Il genere letterario che meno amate?
Carlo: Detesto i gialli e i noir: e conosco solo persone che non solo li leggono, ma addirittura li scrivono!
Marco: Avventura.
Giorgio: quelli che legge mia moglie.
A che punto si trova la parola «gialappa» in Moby Dick?
Carlo: Circa a metà, al capitolo LXXII, quando Quiqueg viene ripescato dal mare, ma solo nella traduzione fatta da Cesare Pavese… che a questo punto possiamo perfino azzardarci a definire un collega.
Marco: 167 dico a caso… magari è il mio numero civico.
Giorgio: e a che punto si trova la parola "Moby Dick" nel nostro libro?
Lo so: a pagina 44. Ove Marco spiega anche che «gialappa» è «Un tubero messicano da cui si ricava un lassativo per cavalli». Ciò detto, c’è un libro che vi accomuna tutti quanti?
Carlo: Forse "La zia Julia e lo scribacchino": ricordo che anche a Marco piacque parecchio e, in qualche modo, ci ha influenzati nella scrittura del nostro. Ma temo che Vargas Llosa si stia rivoltando nella tomba…
Marco: Il nostro, "Mai dire noi"! Con l’impegno che ci abbiamo messo a scriverlo…
Giorgio: "L’uomo marketing e la variante limone" di Walter Fontana. L’unico libro che sono sicuro che abbiamo letto tutti e tre. Che rimanga tra noi, ma io "Mai dire noi" l’avrò anche scritto, ma mica l’ho letto…