ItaliaOggi, 10 giugno 2023
La grana dei pozzi petroliferi fantasma
Sono milioni, sono sparsi in giro per il mondo e anche se da anni nessuno li utilizza più sono in un qualche modo attivi e... inquinanti. Sono i pozzi petroliferi fantasma, una bomba a orologeria per l’ambiente, come ricorda in un servizio Rtve, la Rai spagnola. Si stima siano circa 30 milioni i pozzi per l’estrazione di petrolio e gas abbandonati nel globo, siti chiusi che però non hanno smesso di rilasciare petrolio, metano e altre sostanze che inquinano i terreni e i mari.In Francia, nell’Alsazia, in quell’area che era conosciuta come il Texas europeo si contano circa cinquemila pozzi in disuso, chiusi da sessant’anni, così come le raffinerie. Ma come fa presente Nicholas Koeberlé del Dipartimento di ricerca geologica e mineraria francese, non sono stati sigillati a dovere e si registrano delle perdite di acqua e greggio. E questo avviene nel bel mezzo di un’area coltivata. «La sfida – dice alla tv spagnola – è cercare di impedire al petrolio di filtrare in superficie». In Francia sono circa 12mila le piattaforme petrolifere inattive e passando dal Vecchio Continente all’America la situazione è ancora più seria. In California, nella contea di Middle Pecos, la natura porta il segno dell’attività petrolifera nel Lago di Boehmer, un bacino artificiale vicino a un vecchio sito di estrazione. «Tutto è morto, niente crescerà – dice Ty Edwards, direttore del Dipartimento di Conservazione delle falde acquifere – I livelli di idrogeno solforato misurati in questo pozzo sono letali».Secondo i ricercatori, ci sono più di 800.000 pozzi fantasma nelle foreste della Pennsylvania. L’ingegnere ambientale del Dipartimento dell’Energia, Natalie Pekney, ha trovato più di 200 pozzi non documentati nascosti tra gli alberi grazie a un drone dotato di telecamera a infrarossi. «Non si sapeva nulla della quantità di metano che può emettere un pozzo abbandonato», ammette l’esperta. E il metano è un potente gas a effetto serra, ecco perché questi pozzi sono bombe a orologeria. Anche le piattaforme al largo delle coste sono monitorate e dagli ex giacimenti marini, come hanno documentato la biologa Sandra Schöttner e l’oceanografo Christian Bussau, partono importanti fughe di metano.