il Fatto Quotidiano, 10 giugno 2023
E Ciani diventa un mostro filorusso
Un pericoloso pacifista. Un barricadero. Che mette in pericolo la linea del Pd. Quasi un filo putiniano. E pure un esterno-estraneo al partito che coi dem non c’entra nulla. Anzi, che l’avete eletto a fare? Un mero strumento per tacitare i cattolici dem in rivolta, anzi per sostituirli con altri cattolici, quelli di Sant’Egidio, vicini alla Cei del cardinal Zuppi, e quindi alla linea di Papa Francesco. Obbiettivo: recuperare voti nel mondo del volontariato gruppettaro.
Sembra quasi di sentire, di sottofondo, quella marcetta che fu la colonna sonora di Sbatti il mostro in prima pagina, epico film di Marco Bellocchio con Gian Maria Volonté. Solo che stavolta il mostro è Paolo Ciani, deputato di Democrazia solidale (Demos), il movimento politico della comunità di Sant’Egidio, eletto a Montecitorio nelle file del Pd. Poteva restare un parlamentare qualunque e invece Elly Schlein che ti fa? Lo nomina vice-capogruppo al posto di Piero De Luca, che ha scontato, agli occhi della leader, il fatto d’esser figlio di cotanto padre, il governatore Vincenzo.
Dalla nomina e dopo un’intervista in cui dice quel che ha sempre detto e fatto, ovvero di esser contrario all’invio di armi a sostegno dell’Ucraina, Ciani è diventato il protagonista (o il bersaglio) delle pagine di politica dell’ultima settimana. Massimo Gramellini, per dire, gli ha dedicato la rubrica sul Corriere. “Il nuovo vice capogruppo del Pd, Paolo Ciani, non è iscritto al Pd e ha fatto subito sapere di non avere alcuna intenzione di iscriversi al Pd, anche perché è già iscritto a un altro partito; inoltre ha votato contro le armi all’Ucraina, in contrasto con la linea del Pd”. Conclusione: “A guidare il Pd da 16 anni è sempre lo stesso omino autolesionista: il compagno Tafazzi”. Da Italia Oggi è arrivata la stoccata di Pigi Battista. “Siamo alla commedia. Il numero due dei parlamentari Pd è quello che non ci pensa proprio a iscriversi al Pd. Come fa Schlein ad assegnare le redini del gruppo a chi ha una linea che porta al filoputinismo?”. La critica di Giuliano Ferrara sul Foglio, riguarda la mescolanza politica. “Un vice capogruppo che non fa parte del gruppo non è un innesto, è un principio di dissesto, una battuta da comica finale”, scrive il fondatore del Foglio. A occuparsi della faccenda, ieri, pure Fabrizio Roncone sul Corriere. Che dà voce alla pancia del partito secondo cui “a Schlein serviva un personaggio così per scardinare le liturgie e trasformare il partito in movimento, imbarcando tutta una galassia di sigle tra volontariato, cattolicesimo, ambientalismo e diritti civili. A rimarcare il concetto anche Daniela Preziosi (Domani), secondo cui “Schlein arruola i devoti di Zuppi per silenziare i cattodem ribelli”. Come a dire: Castagnetti&C., state buoni, perché con me ho Sant’Egidio e le truppe del Papa, più di così?