La Stampa, 9 giugno 2023
Le spie di Xi a Cuba
È un accordo segreto che la Cina avrebbe raggiunto con Cuba per aprire sull’isola una base per le intercettazioni elettroniche a riportare le lancette della storia all’ottobre del 1962, piena Guerra Fredda, quando a 150 chilometri dalle coste della Florida la Russia aveva installato una batteria di missili balistici.I tredici giorni che portarono il mondo sull’orlo del precipizio nucleare finirono poi con un’intesa dai confini grigi ma efficace.Ora lo spettro non è l’atomica, ma la mossa del governo cinese – rivelata ieri mattina dal Wall Street Journal – allarga il divario fra Washington e Pechino e arricchisce il dossier dei dissidi fra le due potenze di un altro capitolo.Lo spionaggio è uno dei terreni su cui Washington e Pechino si misurano in modo netto.A febbraio gli Stati Uniti avevano abbattuto un pallone aerostatico che aveva violato lo spazio aereo americano, sorvolato zone critiche e strategiche e catturato – si è scoperto in seguito dopo l’ammissione del Pentagono – informazioni di intelligence. Il “balloon” era stato abbattuto dopo tre giorni nei quali aveva sorvolato basi americane dal Montana al Midwest al largo delle coste della North Carolina.La vicenda era esplosa poche ore prima del viaggio programmato dal segretario di Stato Antony Blinken a Pechino che quindi venne «posticipato» perché – spiegò il Dipartimento di Stato – erano venute meno le condizioni per un dialogo sereno.Nelle prossime settimane Blinken potrebbe riavvolgere il nastro e andare in Cina e incontrare Xi Jinping. Il Dipartimento di Stato non ha confermato il viaggio, ma fonti di Bloomberg hanno confermato che i preparativi sono in atto. A inizio settimana l’assistente segretario di Stato Kittenbrick ha compiuto una missione esplorativa in Cina e riannodato i fili. Lo “scoop” del Wall Street Journal però potrebbe complicare ulteriormente lo scenario.Quanto avrebbe intenzione di fare la Cina – si parla di un accordo di principio, miliardario anche se la cifra non è stata divulgata – rappresenta una minaccia per gli Usa.Dalle coste di Cuba infatti i sistemi elettronici cinesi possono raccogliere le comunicazioni nel Sudest degli Stati Uniti dove sono collocate molte installazioni militari.Inoltre, Pechino avrebbe dalla postazione cubana un occhio privilegiato sugli spostamenti e il traffico aereo statunitense. A Washington l’iniziativa cinese viene considerata «più aggressiva» dei sistemi anti-missile Thaad che gli americani piazzarono negli anni scorsi in Corea del Sud. L’obiettivo era fermare le interferenze della Nord Corea, ma i radar sofisticati erano anche puntati su Pechino. Che infatti fece formale protesta.Se ai tempi della crisi missilistica, Cuba era una sorta di quinta colonna nell’architettura ideologia comunista e sovietica, nel caso attuale invece le ragioni, scrive il Wall Street Journal, che hanno spinto L’Avana a sposare la proposta cinese sono meramente economiche vista la crisi che il regime sta attraversando. Ma l’azione cinese segna anche il definitivo sorpasso cinese nei confronti della Russia. Mosca ha sempre avuto a Cuba una base logistica e di spionaggio, ora all’alleato-necessario Xi Jinping, Putin paga il dazio per la “neutralità” che Pechino ha manifestato sulla questione ucraina e il sostegno sul fronte economico.Questo legame ha fatto dire a un incontro all’Hudson Institute a Kurt Campbell, capo della divisione indo-pacifico del Consiglio per la Sicurezza nazionale americano, che «l’intensificarsi delle relazioni fra Pechino e Mosca rappresenta una grave fonte di preoccupazione». Washington non vede infatti allentamenti nella postura cinese sul dossier ucraino e un aumento delle iniziative espansive nel SudEst asiatico. A preoccupare inoltre sono i canali di comunicazione rarefatti. Gli Usa chiedono che siano sempre mantenuti aperti per evitare incidenti e incomprensioni, ma il fronte cinese non ha mostrato identica sensibilità.La rivelazione delle attività spionistiche cinesi a Cuba si aggiunge al blitz che Pechino ha condotto l’altra notte con 37 aerei militari attorno a Taiwan costringendola ad attivare i sistemi di difesa contro la maxi incursione. La missione ha visto l’impiego di caccia J-11 e J-16, bombardieri H-6 con capacità nucleare, un YU-20 cisterna per il rifornimento in volo e un KJ-2000, da sorveglianza, comando e controllo. Hanno tagliato la zona di identificazione aerea di difesa (Adiz) ed alcuni si sono spinti verso «il Pacifico occidentale per eseguire sorveglianza e addestramento alla navigazione a lunga distanza», ha riferito il ministero della Difesa di Taipei. Mercoledì, la Cina ha completato la seconda fase di pattugliamenti aerei congiunti con la Russia sul Pacifico occidentale, dopo i voli eseguiti il giorno precedente sui mari del Giappone e Cinese orientale, allertando Seul e Tokyo.