Corriere della Sera, 8 giugno 2023
Alcaraz, il dritto che riscrive il tennis
Lo cronometrano come la pole dei piloti, la picchiata del chilometro lanciato, il salto nel vuoto sulla Streif. Carlos Alcaraz è il laboratorio mobile della sperimentazione, il tennis 5.0 che a Parigi impressiona: un set ceduto in cinque match (al giapponese Daniel, che lo racconterà ai nipoti), due 24enni (Shapovalov e Tsitsipas) maltrattati come pivelli, un quasi coetaneo (14 mesi tra Alcaraz e Musetti) invitato a una lezione gratuita sul centrale di Parigi. Tutto con il sorriso, il tesoro smarrito da Sinner al Roland Garros: «Due cose mi impressionano di Carlos – ha spiegato ieri coach Juan Carlos Ferrero, il fratello maggiore che vent’anni fa si annetteva lo Slam sul rosso —: il fatto che sia in grado di alzare il livello con i migliori e che si diverte come un pazzo».
Gli altri meno, ma pazienza: gli aruspici scrutano i granelli di terra e giurano che questo sarà lo Slam della rivoluzione, il primo Roland Garros espugnato dal 2005 da un giocatore che non sia Nadal (14 titoli) né Federer (1) né l’intruso Wawrinka (1) né Djokovic (2), l’highlander che domani aspetta la furia di Murcia in semifinale, con la fronte un po’ corrugata, cercando di capire come arginarlo. Contro il povero Tsitsipas, che è pur sempre n.5 del mondo, il dritto di Alcaraz ha viaggiato a 184 km all’ora, non una novità per chi già all’Open Usa 2021 (aveva 18 anni) fiondava il drive a 125,6 km/h cioè 4,2 km/h più veloce della media dei colleghi. La presa semi-western, il gomito destro altissimo, l’angolo di 45% rispetto al terreno ne fanno un colpo letale e difficile da leggere. «Lo alleno da cinque anni, lo conosco – sorride Ferrero, il super coach più invidiato del circuito —, so di cosa è capace».
Ma il potenziale di Carlos Alcaraz, che nel 2022 a 19 anni diventò il più giovane re del ranking dopo essersi annesso l’Open Usa, è sconosciuto anche a lui stesso. «Fisicamente sono al 100%, tutto mi sembra facile – ha ammesso alla fine dell’opera di distruzione di Tsitsipas nei quarti —, il mio livello qui a Parigi sale match dopo match». Restano i numeri, da interpretare: l’uso del drop shot di dritto una media di 3,81 volte a partita (Djokovic contro Khachanov ha fatto ricorso a questo colpo 43 volte, record), con una percentuale di riuscita oltre il 70%. Intorno al totem del dritto, ruota un gioco di pressione di completezza abbacinante, supportato dalla cilindrata di un motore nato per produrre tennis. Brevilineo, muscoloso, già formato minorenne, Carlos non deve portarsi in giro le leve lunghe di Sinner, per dire. Un bel vantaggio.
La sfida in semifinale con Djokovic è la partita più attesa dall’inizio dell’anno. «E io non vedo l’ora di affrontarlo, ho sperato di incontrarlo più spesso: è solo battendo i migliori che si cresce. Spero che la mia gioventù conterà di più della sua esperienza». Giunto alla 45ª semifinale Slam, Djokovic è davanti all’ostacolo più alto, e lo sa: «Carlos è un ragazzo fantastico, che porta nel tennis un’intensità che solo un altro spagnolo di successo ha...». L’allusione è a Rafa Nadal, il grande assente. Ma Alcaraz il supplente è pronto a stupire.