Corriere della Sera, 8 giugno 2023
Intervista a Eva Longoria
«Oggi Gabrielle Solis farebbe l’influencer, sarebbe una vera guru dei social media». Eva Longoria, la più frizzante e irrequieta delle Desperate Housewives, la popolarissima serie tv andata in onda dal 2004 al 2012, non riesce a liberarsi dal personaggio che l’ha resa famosa. «Mi manca Gabby, mi mancano quei tempi», dice.
L’occasione è arrivata con la promozione di Flamin’ Hot, il film che segna il suo debutto alla regia dopo una lunga carriera d’attrice e produttrice. Dal 9 giugno su Disney+, il film racconta la storia di Richard Montañez (interpretato da Jesse Garcia) che da addetto alle pulizie della famosa azienda alimentare americana Frito-Lay, ne è diventato manager grazie a un’intuizione: creare patatine e snack adatti agli esigenti palati della comunità ispanica negli Usa.
Gli americani – e con loro messicano-americani – amano il cibo dai colori vivaci e così i Flamin’ Hot Cheetos, vermigli al limite della fluorescenza, sono diventati un fenomeno iconico della cultura pop americana. Meno conosciuta sino ad ora era la storia del loro inventore che Longoria l’ha fatta diventare cinema, divertente, tenero e con il più classico dei lieto fine.
Esiste ancora il sogno americano, signora Longoria?
«C’è ancora ma è decisamente più difficile da conquistare. Questo film esplora il concetto che le opportunità non sono distribuite equamente. Il talento invece lo è, ma è necessario che esista una infrastruttura in grado di agevolarlo, e questo è quello che raccontiamo nel film».
«Flamin’ Hot» è anche una storia d’amore.
«All’inizio il copione non la prevedeva ma quando ho incontrato i veri Richard e Judy, sua moglie, ho capito immediatamente che il loro sodalizio era basilare per il racconto. La loro storia d’amore è stata la ragione del successo di quell’uomo».
Quindi è vero che dietro un uomo di successo c’è una grande donna?
«Più che altro è vero che è più facile avere successo se chi ti vuole bene fa il tifo per te».
A fare il tifo per questo suo debutto alla regia, lei ha avuto l’intera comunità ispanica.
«Ero terrorizzata, non potevo fallire. Come donna e come rappresentante della mia comunità. Se il film di una donna non funziona i finanziatori fanno presto a dire abbiamo provato una donna regista e non ha funzionato. Un regista può fallire e ottenere un altro lavoro subito dopo, per una donna non è così».
La pellicola racconta la storia di Montañez che da addetto alle pulizie di una azienda alimentare ne è diventato manager grazie a una intuizione
Siamo ancora lontani dalla parità di genere negli Usa?
«La percezione è che Hollywood stia facendo qualcosa ma le statistiche, i dati ci dicono che anzi, la situazione oggi è peggiore di quanto lo era un paio di anni fa. Ci sono meno donne alla regia e meno ispanici nel cast o dietro la telecamera. Occorre fare meglio».
Oggi preferisce essere produttrice e regista che interprete?
«Mi piace fare tutto e la cosa che più mi piacerebbe fare è recitare in un film diretto e prodotto da me».
Tornerebbe a Wisteria Lane, a interpretare Gabrielle Solis?
«Tantissimo ma non credo che accadrà. Ne ho parlato varie volte con il creatore di Desperate Housewives, Marc Cherry e lui sostiene che non sono più i tempi. Era una serie innovativa, parlava di casalinghe, di donne che invecchiano. Aveva i toni del giallo, del dramma e della commedia. Ricordo di aver pensato prima del debutto che probabilmente non avrebbe funzionato, mi sbagliavo. Oggi non ci sarebbe molto altro da aggiungere. Abbiamo fatto otto stagioni e allora una stagione contava 24 episodi, non come ora che al massimo se ne fanno dieci. Cosa dovremmo ancora esplorare?».
Il fatto che ora una stagione conti dieci episodi è una delle ragioni dello sciopero degli sceneggiatori.
«L’industria dello spettacolo sta cambiando e questi cambiamenti devono produrre anche un miglioramento nelle condizioni di chi lavora nel settore. Dobbiamo trovare un modo per compensare adeguatamente tutti».
Un’altra ragione per la quale gli sceneggiatori stanno scioperando è il timore di essere soppiantati dall’intelligenza artificiale, cosa ne pensa? È una minaccia o un’opportunità?
«No, non credo che possa essere un’opportunità. Io personalmente sono terrorizzata da quello che sta succedendo. L’AI è già qui con noi, nei nostri telefoni, computer, automobili, che lo vogliamo o no. Dobbiamo quindi trovare un modo per renderla utile e non minacciosa, ci deve essere una regolamentazione, soprattutto nel settore creativo».