Corriere della Sera, 8 giugno 2023
Il discorso di Draghi al Mit
Nel primo viaggio negli Stati Uniti dopo la fine del suo governo (ottobre 2022) Mario Draghi ha lanciato un messaggio e un appello. Il messaggio è che l’inflazione potrebbe durare più a lungo di quanto si pensi, anche se alla fine l’azione congiunta delle banche centrali e dei governi riuscirà a riportare sotto controllo la dinamica dei prezzi. L’appello è a progredire nell’allargamento dell’Unione europea, integrando in essa l’Ucraina e rafforzando la politica comune di difesa, facendo entrare la stessa Ucraina nella Nato. Draghi ha parlato ieri al Mit, il Massachusetts Institute of Technology, dove ha ricevuto il premio Miriam Pozen e ha tenuto una Lecture che, come lui stesso ha premesso, «attinge alle mie esperienze come banchiere centrale (alla guida della Bce dal 2011 al 2019, ndr) e presidente del Consiglio».
Al Mit, Draghi arrivò nell’agosto del ’72. «Mentre ero studente, c’erano la guerra dello Yom Kippur, choc petroliferi, inflazione fuori controllo, crisi del sistema monetario internazionale e naturalmente la Guerra fredda – ha ricordato —. Siamo stati capaci di superare quelle sfide, così come confido che saremo capaci di fare lo stesso in futuro».
La guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione, assieme alle tensioni con la Cina, hanno determinato un «cambio di paradigma» che ha «spostato silenziosamente la geopolitica globale dalla competizione al conflitto». Con conseguenze durature che potrebbero manifestarsi in un «più basso tasso di crescita potenziale, che richiederà politiche che portino a disavanzi di bilancio e tassi di interesse più alti», avverte Draghi. La globalizzazione, che si pensava «inarrestabile», è in crisi. «Mentre eravamo impegnati a celebrare la fine della storia, la storia preparava il suo ritorno». Eppure, secondo Draghi, i segnali che arrivavano dalla Russia erano chiari e da molto tempo, prima in Cecenia, poi in Georgia e in Crimea. Il tutto mentre nel mondo occidentale l’elezione di Donald Trump e la Brexit mostravano la «disaffezione» verso un modello economico e sociale percepito come «iniquo e privo di tutele». Pandemia e guerra hanno accelerato questi trend, riportando in primo piano il ruolo del governo nell’economia.
La spirale dei prezzi
C’è una lotta tra aziende e lavoratori su chi dovrebbe sopportarne
il costo. Ma le imprese mantengono o aumentano i loro profitti
La «brutale invasione dell’Ucraina» non è, sottolinea Draghi, «un imprevedibile atto di follia», ma un nuovo passo «premeditato» della «strategia delirante» di Putin per restaurare il passato imperiale della Russia. Per questo, secondo l’ex premier, «non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i suoi alleati che assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra». Draghi ritiene che la Ue debba «accogliere al suo interno l’Ucraina e i Paesi balcanici» e che si debba essere «pronti a iniziare un viaggio con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato».
Detto questo, nel nuovo mondo bisognerà convivere con una certa dose di inflazione, avverte l’ex presidente della Bce: «La guerra ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma è anche probabile che inneschi cambiamenti duraturi che preannunciano un aumento dell’inflazione in futuro». Con il senno di poi, Draghi ammette che le banche centrali «avrebbero dovuto diagnosticare in anticipo il ritorno dell’inflazione persistente», ma esse «hanno in gran parte recuperato il tempo perduto».
L’inflazione, però, «si sta dimostrando più resiliente di quanto inizialmente ipotizzato». E quindi la lotta contro il continuo aumento dei prezzi «richiederà probabilmente una cauta prosecuzione della stretta monetaria, sia attraverso tassi d’interesse ancora più elevati sia allungando i tempi prima che il loro corso possa essere invertito», ammonisce Draghi.
L’inflazione ha cause diverse tra Stati Uniti, dove è spinta dalla domanda, ed Europa, dove prevale il caro-energia. Nel vecchio continente, spiega Draghi, «stiamo assistendo a una lotta tra aziende e lavoratori su chi dovrebbe sopportare» il costo dell’inflazione. Le imprese, per ora, lo hanno messo sulle spalle dei consumatori, «mantenendo o addirittura aumentando i loro profitti». Di conseguenza i salari reali hanno perso potere d’acquisto e, alla fine del 2022, «erano ancora inferiori di circa il 4% rispetto ai livelli pre-pandemia».
Draghi è convinto che, «alla fine, le banche centrali riusciranno a riportare il tasso di inflazione ai loro obiettivi», tuttavia «l’economia avrà un aspetto molto diverso da quello a cui siamo abituati». Le tensioni internazionali continueranno a pesare sul tasso di crescita e il processo di «reshoring» per riportare in patria produzioni strategiche e riallocare le forniture presso Paesi affidabili potrebbe comportare un livello di inflazione più alto che in passato. Inoltre, «mi aspetto che i governi gestiscano deficit di bilancio permanentemente più elevati» per affrontare le nuove sfide, dal clima alla difesa, «senza indebolire la protezione sociale che rende unica l’Ue». E anche questo non aiuterà la discesa dei prezzi.