la Repubblica, 8 giugno 2023
In Francia fa discutere la tunica araba a scuola
Vent’anni dopo la battaglia sul velo islamico nelle scuole, bandito secondo una legge del 2004, scoppia una nuova polemica sugli indumenti religiosi. Questa volta si tratta dell’abaya, tunica musulmana tradizionale molto diffusa tra le donne in Medio Oriente, e ora indossata da tante ragazze francesi. Le giovani che indossano questo abito largo, che copre qualsiasi forma, fanno attenzione a togliersi il velo all’ingresso degli istituti ma poi rivendicano di poter mantenere la tunica musulmana in classe. «La novità è l’atteggiamento delle studentesse che danno un’argomentazione ragionata sull’uso del vestito, presentato come un fatto culturale piuttosto che religioso» racconta Carole Zerbib, vicepreside del liceo Voltaire di Parigi. «Ci rimproverano di far entrare le ragazze a pancia nuda – prosegue la vicepreside – mentre rifiutiamo l’abaya. Si tratta di una logica ben costruita che prima non esisteva».
Nel paese della laicità, dove il professore Samuel Paty è stato ucciso tre anni fa perché aveva mostrato le caricature di Maometto, l’attenzione è alta su qualsiasi problema legato ai simboli religiosi. «L’abito che sfida la République» ha titolato Le Parisien in prima pagina. A rigore di legge, l’abaya non rientra tra i capi banditi dalla normativa in vigore nelle scuole francesi. Gli insegnanti sono confrontati a una “zona grigia”, indecisi se chiudere un occhio o battersi per far rispettare i principi della laicità. Con tutti i rischi chene conseguono. Una professoressa di Montauban, vicino Tolosa, è stata messa sotto scorta dopo che aveva criticato una ragazza proprio perché indossava la tunica musulmana. Il numero di incidenti legati al rispetto della laicità nelle scuole sono in aumento, e un quarto riguarda l’abaya. «Parliamo di un centinaio dicasi» spiega Didier Georges, responsabile di un sindacato dei dirigenti scolastici, precisando che si tratta di un numero sottostimato perché spesso gli insegnanti preferiscono non segnalare.
Alcuni profili social, legati al mondo salafista, incitano le ragazze a indossare questi indumenti come hasegnalato in un rapporto il Comitato interministeriale per la prevenzione della delinquenza e della radicalizzazione che invita a «non prendere alla leggera» il fenomeno. «Dietro questa retorica, che può sembrare una provocazione adolescenziale o una dichiarazione di moda, c’è una strategia islamista strutturata per penetrare nelle menti e preparare le generazioni future». Il ministro dell’Istruzione, lo storico del colonialismo Pap Ndiaye, ha convocato una riunione questa settimana per discutere con i provveditorati del fenomeno, con livelli di allerta in alcune città come Marsiglia. Ndiaye è accusato dalla destra di non essere abbastanza duro sul rispetto della laicità. «Questi abiti non devono mai essere tollerati nelle scuole» ha commentato la macronista Yaël Braun-Pivet, presidente dell’Assemblée Nationale. Di segno opposto, la reazione di Mathilde Panot, che guida il gruppo di deputati de La France insoumise e critica la scelta editoriale del Parisien : «Per questo giornale, come per molti altri, l’islamofobia vende. Soprattutto quando attacca le donne». Il portavoce del governo Olivier Véran promette: «La laicità è difesa ovunque, e in particolare nelle scuole». Il ministro dell’Istruzione sta lavorando per capire come e se sia necessario introdurre nuove misure specifiche per impedire alle ragazze di indossare l’abaya nelle scuole, andando incontro a nuove polemiche. Secondo un sondaggio dell’Ifop, quasi metà dei giovani francesi pensa che la legge sul bando dei simboli religiosi a scuola sia superata e troppo restrittiva.