la Repubblica, 8 giugno 2023
Mario Draghi riparte dal Mit
«Per gli Stati Uniti, l’Europa e i loro alleati, non c’è alternativa ad assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra», accogliendo poi Kiev nella Ue e nella Nato. Nello stesso tempo l’Unione Europea dovrà rafforzare la sua coesione e allargarsi, perché questo è l’unico antidoto all’instabilità globale emersa negli ultimi anni tanto sul piano geopolitico, quanto su quello economico. Sono le sollecitazioni venute da Mario Draghi, durante la sua prima uscita pubblica da quando ha lasciato Palazzo Chigi.
L’ex premier è venuto ieri a Cambridge per ricevere il Miriam Pozen Prize dal Golub Center for Finance and Policy del Massachusetts Institute of Technology. Ha colto l’occasione per «riflettere sue due eventi: la guerra in Ucraina e l’inflazione, che hanno colto i politici di sorpresa. Pensavamo che le istituzioni create sarebbero state sufficienti ad evitare guerre di aggressione in Europa. Credevamo che le banche centrali avessero gli strumenti per contrastare l’inflazione». Ma la guerra e l’inflazione dopo il Covid hanno dimostrato che non è così. «Negli anni Novanta, molti credevano che la globalizzazione avrebbe diffuso i nostri valori, portando prosperità e democrazia per tutti. Ci aspettavamo una convergenza dei valori globali, che avrebbe modellato le generazioni future. Non è stato così. La prima ipotesi sbagliata è stata che l’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale dei commerci l’avrebbe spinta verso l’economia di mercato. La seconda che accogliere la Russia nel G7 e G20 l’avrebbe portata alla democratizzazione e modernizzazione». Ma guerra e inflazione non sono venute dal nulla: «Sono la conseguenza di un cambio del paradigma, che negli ultimi decenni ha spostato la geopolitica dalla competizione al conflitto».
Per tutti questi motivi, è necessario rivedere l’intera architettura che finora ha retto l’ordine internazionale basato sulle regole. «La guerra in Ucraina, come mai prima d’ora, ha dimostrato l’unità dell’Ue nella difesa dei suoi valori fondanti, andando oltre le priorità nazionali. Questa unità sarà cruciale negli anni a venire». Per riuscirsi bisognerà «ridisegnare l’Unione, per accogliere al suo interno l’Ucraina, i Paesi balcanici e quelli dell’Europa orientale». Nello stesso tempo è necessario organizzare «un sistema di difesa europeo complementare alla Nato». Draghi ritiene che «le conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell’Europa sono molto significative», e bisogna gestirle in tre modi. Primo, «la Ue deve rafforzare le propriecapacità di difesa». Secondo, «bisogna iniziare un viaggio con l’Ucraina, che porti alla sua adesione alla Nato». Terzo, «dobbiamo prepararci ad un periodo prolungato in cui l’economia globale si comporterà in modo molto diverso rispetto al recente passato. Mi aspetto che i governi abbiano per sempre deficit più alti», perché le sfide emerse nelle catene di approvvigionamento e nel clima «richiederanno investimenti pubblici sostanziosi, che non possono essere finanziati solo da aumenti di tasse». La spesa pubblica aumenterà le pressioni inflattive, e quindi «è probabile che i tassi di interesse resteranno più alti che nello scorso decennio». Perciò «sarà necessario prestare molta più attenzione alla composizione della politica fiscale, per aumentare il potenziale di crescita, proteggendo chi ha più bisogno di aiuto». Draghi ha evitato riferimenti diretti all’Italia, ai ritardi nella realizzazione del Pnrr, allo scetticismo che resiste nel governo verso la Ue, ma ha lasciato intendere che anche per il nostro Paese non ci sono alternative all’integrazione continentale.