Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  giugno 07 Mercoledì calendario

Terry Gilliam: «L’algoritmo non fa ridere»

Parola d’ordine «ribellarsi». Al sistema, al politicamente corretto, ma soprattutto a chi non ha il senso dell’umorismo. È quanto invita a fare il visionario Terry Gilliam, 82 anni, regista di film-cult come Paura e delirio a Las Vegas, Le avventure del Barone di Münchausen, L’esercito delle 12 scimmie, Brazil, La leggenda del re pescatore, ma anche il più recente L’uomo che uccise Don Chisciotte. Ospite dell’Ora! Fest di Monopoli racconta a La Stampa di avere in preparazione il nuovo film The Carnival at the End of the World sulla decisione di Dio di distruggere l’umanità, con Satana che cerca di fargli cambiare idea per non perdere il «lavoro» trovando i nuovi Adamo ed Eva.
A che punto è la lavorazione?
«Abbiamo sceneggiatura e protagonista pronti, attendiamo di chiudere la parte economica».
Il protagonista sarebbe?
«Mi guardo bene dal dirlo».
Quali attori stima più di tutti?
«Adam Driver, è straordinario, può fare qualsiasi cosa. Come attrice Anya Taylor-Joy, la trovo sorprendente».
È ancora dura per un cineasta come lei ottenere finanziamenti per i suoi film?
«Parecchio, perché non sono disposto ad accettare compromessi: preferisco avere il pieno controllo sulle mie storie».
A proposito di non accettare compromessi, cosa pensa degli scioperi che si stanno protraendo a Hollywood?
«Buona fortuna! Niente di nuovo sotto al sole. Ieri mi ha chiamato Richard Lagravenese (sceneggiatore del suo La Leggenda del re pescatore, ndr), anche lui è a braccia conserte. Fanno bene a scioperare».
Ritiene che l’intelligenza artificiale possa minacciare il lavoro degli autori?
«Solo di quelli senza talento, quelli bravi non hanno nulla da temere. L’altro giorno ho provato di persona Chat Gpt, l’ho trovata divertente».
Che cosa ha digitato?
«Come uccidere Vladimir Putin» .
La risposta?
«Qualcosa come "Non sono autorizzato a parlare di questi argomenti". (Ride a crepapelle, ndr). Vede, i computer sono limitati nella loro visione del mondo e in quello che possono fare, noi umani no. E abbiamo pure il sarcasmo, l’ironia, il talento, l’elemento sorpresa: nulla che un computer possa sostituire».
A proposito di ironia, potrebbero mai esistere oggi i Monty Python?
«Erano altri tempi, ma i comici non moriranno mai. Neanche il politicamente corretto li ucciderà, ce ne sarà sempre uno pronto a colpire nel segno con la sua battuta».
Che cosa ha contro il politicamente corretto?
«Gli attivisti a Hollywood fanno tanto rumore e sono sostenuti da corporazioni che ci tengono a far vedere di essere "dalla parte giusta" della storia. Io preferisco i comici, prendono in giro il sistema come un tempo facevano i giullari. Solo che i sovrani allora ridevano, certi attivisti oggi non hanno neanche il senso dell’umorismo».
Forse perché non c’è granché da ridere quando ci si batte per i diritti delle donne, delle minoranze, della comunità LGBTQ+. Non trova fosse ora di portare all’attenzione mondiale le loro istanze?
«Non necessariamente. O almeno non così: anziché provare a cambiare in meglio quei sistemi imperfetti che sono le nostre democrazie, finiscono per fare e rifare discorsi vittimisti secondo cui gli emarginati sono le vittime e tutti gli altri gli oppressori. È tutto molto più complesso di così. Ripeto, meglio i comici che ridono del sistema».
I suoi comici di riferimento?
«Il re Carlo, era ora che ci fosse un re con un po’ di senso dell’umorismo! E poi Volodymyr Zelensky, il comico più importante del pianeta».
La preoccupa la situazione che il mondo sta vivendo?
«Beh, se il mondo esplodesse sarebbe un vero peccato. Siamo tutti scioccati perché l’Ucraina è vicino casa, ma in Siria, in Africa e altrove le guerre ci sono sempre state. Questa ci spaventa perché è qui, di colpo ci rendiamo conto che il nostro mondo moderno e civilizzato è in guerra. È orribile, ma è tutta colpa di Sergej ?jzenštejn».
Perché?
«Perché il piccolo Putin guardava il suo La corazzata Potëmkin e diceva: "Che bello, voglio farlo anch’io!". Ed eccoci qui».
Il giovane Terry, invece, chi guardava?
«I film di Federico Fellini, ne andavo pazzo. Un genio visionario come nessun altro al mondo».
Che consiglio le avrebbe cambiato la vita da giovane?
«Nessuno, non ne ascoltavo. Per fortuna essermela voluta cavare da solo ha funzionato».
Che cos’altro ha funzionato nella sua vita?
«Fuggire da Londra. Ora che sono in Europa non mi sento più intrappolato nella Brexit. L’Inghilterra è fottuta, è un vero disastro».
Come vede l’Italia?
«Come il disastro di qualcun altro. La cosa bella dell’Italia è che trovate sempre un modo per arrangiarvi e risolvere le cose. Alle brutte non osservate le leggi. In Umbria dove ho una casa, sono stati riportati i lupi, che sono protetti e intoccabili, ma si mangiano le pecore e gli animali delle fattorie. Sono andato da un mio amico che alleva alpaca, gli ho detto: "Ora come fai, dato che non puoi fare fuori i lupi"? Mi ha fatto l’occhiolino e un gesto come a dirmi "Tranquillo che un modo lo trovo". Genio! Ecco perché amo gli italiani, specie quelli che si ribellano».