Avvenire, 6 giugno 2023
Scuola, perché bocciare non è la soluzione
Tornano gli scrutini, il rito finale dell’anno scolastico che decide le sorti dell’alunno: promozione, bocciatura o il Purgatorio degli esami a settembre. A seconda delle decisioni prese nell’ambito dell’autonomia scolastica (Legge n.59/97), nel mezzo ci stanno anche altre soluzioni di varia natura. Questa Legge permette infatti di dare una svolta all’inerzialità di una procedura che non rappresenta il vero spirito della scuola come comunità di apprendimento, ma piuttosto l’idea arcaica, decisamente Ottocentesca, se non pre-illuministica, di una scuola che premia i «buoni» e punisce i «cattivi», cercando di redimere questi alunni che non si sono impegnati abbastanza, che non hanno dato il meglio di sé, che sono risultati troppo distratti o troppo lontani dagli obiettivi prefissati.
In questi giorni si è celebrato il centenario della nascita di don Lorenzo Milani, ormai ridotto a un santino. È curioso che abbia più intitolazioni scolastiche in Italia di Anna Frank, di Carlo Collodi, di Guglielmo Marconi o di Alessandro Manzoni. Ma cosa resta del fondamentale messaggio di questo grande educatore italiano? Ben poco.
Nessuno ricorda quasi più che una, forse l’unica, richiesta che la scuola di Barbiana fece nella famosa Lettera a una professoressa era quella di non bocciare.
L’idea che il voto basso (1, 2, 3, 4, 5) aiuti l’alunno disperso a riprendere il corretto cammino prosegue imperterrita nella sua fissità, senza alcuna convalida scientifica, pedagogica o psicoevolutiva. Qual è il significato della bocciatura? Ripetere l’anno per ripetere che cosa? Resta misteriosa la logica sottesa a questa mortificazione perché si tratta di un atto che escluderà l’alunno dal suo gruppo naturale, dalla sua classe, dal suo ambiente socio-relazionale, collocandolo in un altro contesto.
Ci vuole poco a immaginare che il percorso scolastico vada valutato nel suo complesso e non di anno in anno. Ma soprattutto non serve un genio per capire che una valutazione basata sul computo degli errori non funzionerà mai. La paura di sbagliare, in certi alunni, diventa più incombente dell’errore stesso.
Non c’è alternativa al cambiamento: il ministero stesso ha richiamato a più riprese il tema della valutazione formativa. Come sostengo nei miei scritti, occorre fare forza sulla cosiddetta «valutazione evolutiva» che consideri i progressi di un processo di apprendimento e non gli inceppamenti, né tantomeno gli errori e gli sbagli che, come direbbero Maria Montessori o Gianni Rodari, sono non solo inevitabili, ma funzionali all’apprendimento stesso. Solo sbagliando si impara.
Applaudo all’iniziativa delle tante scuole, specie secondarie di secondo grado, che quest’anno vivranno l’esperienza degli scrutini in tutt’altro modo: senza voti. Ho avuto l’onore di partecipare al convegno di una di queste, l’Istituto agrario «A. Cecchi» di Pesaro, guidato dal dirigente Riccardo Rossini che, proprio sulla base dell’autonomia scolastica, intende sospendere voti e bocciature almeno per il biennio – gli anni dell’obbligo scolastico – dando finalmente un segnale che qualcosa si muove e si può muovere. Tante altre scuole vanno in questa direzione, creando un vero e proprio movimento. Dal basso. Non dall’alto. Un alto che non sempre riesce ad ascoltare genitori, insegnanti e alunni.
Quel cambiamento che può e deve rendere la scuola un ambiente accogliente, carico di motivazione e interesse, dove gli alunni possono vivere un pezzo della loro vita con tutte le loro risorse senza la paura di essere fermati, è possibile.