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 2023  giugno 04 Domenica calendario

Intervista a Roberto Bolle

Dove c’è un risotto c’è casa. «Sono originario del vercellese, l’imprinting è quello», scherza Roberto Bolle e ci si chiede quand’è che trovi il tempo per mettersi ai fornelli. È appena rientrato da Buenos Aires dove ha portato in scena, al Teatro Colón,Caravaggio di Mauro Bigonzetti, per ogni replica applausi a scena aperta e standing ovation finale. Il 7 sarà alla Scala per il Galà Fracci e tra poco più di un mese porterà il suoBolle & Friends in alcune delle location più suggestive della penisola: debutto l’11 luglio a Roma, Terme di Caracalla (fino al 13), poi Firenze, piazza della SantissimaAnnunziata (15), Arena di Verona (19), Reggia di Caserta (22) Parchi di Nervi (27), Teatro Antico di Taormina (29). Prima ancora, a metà maggio, era stato una settimana agli Arcimboldi di Milano con il Béjart Ballet Lausanne, a tener viva l’eredità del grande danzatore e coreografo francese «che trasformò la danza in una festa popolare, portandola anche nei palazzetti dello sport e questa – spiega Bolle – è stata la sua forza di rottura: usare un linguaggio di grande potenza espressiva per raggiungere e emozionare tutti, non solo gli appassionati o gli intenditori. Mi hanno sempre colpito le figure che hanno aperto i confini della danza portandola fuori dai teatri aristocratici, là dove prima non era mai stata».
Anche lei con OnDance ha portato il balletto nelle strade.
«OnDance nasce proprio con l’obiettivo di non limitarci ai grandi teatri o alle arene di prestigio ma di prendere possesso delle piazze, dei luoghi cittadini. Nel 2022, con ilBallo in bianco, piazza Duomo ha accolto 1600 allievi da tutta Italia.
Tutti a lavorare in silenzio, con rigore, disciplina, come se fossimoin un piccolo studio privato. Un segnale importante: fin da bambini la danza insegna l’attenzione, la precisione, l’educazione, il rispetto, la tenacia di conquistare le cose giorno per giorno, con sudore. Sono i valori che hanno formato me e mi hanno costruito non solo come ballerino ma come uomo, come persona, come carattere».
Il video del “Ballo in bianco” è diventato virale in tutto il mondo come un estratto di un concerto rock.
«Mi ha colpito quanto sia stato apprezzato, postato, condiviso. Il messaggio era: noi ci siamo, la danza in Italia c’è, dovete darle uno spazio diverso rispetto a quellosempre più circoscritto dei corpi di ballo che vanno riducendosi negli anni, così come c’è sempre meno attenzione nella programmazione dei teatri. IlBallo in bianco è stato un momento di gioia e di condivisione e un messaggio politico e sociale».
La richiesta d’attenzione fu al centro di un suo intervento alla Camera due anni fa, duro e dettagliato: parlò di scempio, depauperamento, chiese sostegno per un settore nel quale gli iscritti alle scuole superano di oltre un terzo quelli delle scuole di calcio. A che punto siamo?
«Purtroppo le vicende politiche hanno bloccato un processo dicambiamento. Dopo le audizioni alla Camera si aprì un tavolo della danza, abbiamo dibattuto di formazione, delle esigenze del settore, si creò un documento condiviso. Poi la crisi di governo e il nulla di fatto. Bisogna ricominciare. Spero che il nuovo esecutivo sia sensibile a questi temi. Tra noi ballerini c’è gran movimento per tenere alta l’attenzione. La forza dal basso non ci manca, vogliamo farla sentire».
Che ci sia attenzione ne sono prova anche gli ascolti delle sei edizioni di “Danza con me”.
«È uno spartiacque nella mia carriera. Una emanazione di Bolle & Friends, dell’esigenza di portare ladanza a un pubblico largo.
L’occasione della tv arrivò con un’idea di Bibi Ballandi quando vide la mia esibizione a Sanremo 2016 su We will rock you dei Queen, la prova che un ballerino classico può comprendere il mezzo e il contesto e usare le proprie qualità per emozionare una platea ampia.
Mi proposero una prima serata su Rai 1, una scommessa. Accettata con un po’ di incoscienza».
È coraggioso, si mette in gioco.
«È la chiave di tutto: non fermarsi, non sedersi, non accontentarsi.
Avere degli obiettivi, mettersi in gioco per raggiungerli. È il motore di quello che faccio. Anche se con l’incertezza, cerco sempre qualcosa che mi stimoli».
Gli spettacoli, l’allenamento, i progetti. Esiste un Bolle fuori dal palco?
«Certo, c’è una parte molto umana, anche casalinga. Quando mi fermo mi piace rimanere nello spazio di casa, rilassarmi, guardare le serie tv».
Quale ha visto di recente?
«The last of us,mi è piaciuta molto».
Cucina?
«Prevalentemente riso, il risotto mi piace molto. In inverno lo faccio con la zucca, d’estate con le verdure. È un’eredità familiare.
Quando vado a casa lo faccio cucinare a mamma, e lo cucino io quando sono a Milano».
La fama mondiale, gli impegni internazionali: come si fa a tenere ben salde le radici, a non perdersi?
«È necessario. Con una vita come la mia, viaggiando tanto, fin da piccolo ho sentito l’esigenza di avere delle colonne e una era proprio la famiglia. C’è sempre stato un legame forte ovunque sia andato, la telefonata, il contatto. È sempre stata una sicurezza».
Il corpo è il suo strumento di lavoro. Qual è il suo rapporto con il tempo che passa?
«Un rapporto contrastato. Mi alleno 5-6 ore al giorno, spesso con dolore.
Il lavoro quotidiano è duro, vorresti chiedere di più dal corpo ma devi sapere quanto puoi chiedere e quando fermarti. È un dialogo, giorno dopo giorno: dal controllo con ogni unghia, con ogni minimo muscolo si impara qualcosa in più».
Prima, durante e dopo: il momento più bello delle esibizioni?
«Il dopo. Quando è finita e sei soddisfatto. Prima, c’è l’adrenalina, la tensione; durante, c’è la concentrazione. È bello quando sei ancora in scena ma finisce lo spettacolo e puoi goderti il calore del pubblico. Ti ripaga di tutto».
Cosa l’ha tenuto così fedele al progetto di diventare quello che è?
«Sicuramente la passione. Poi, a un certo punto, è subentrata la consapevolezza di poter realizzare qualcosa che altri non potevano portare a compimento. Mi sono trovato in un momento speciale, in un luogo, in uno spazio in cui mi sono detto: posso fare qualcosa in più, lo posso fare per gli altri, posso parlare a più persone. Ho sentito la responsabilità di un’occasione che non poteva andare sprecata. Lo dovevo fare per i tanti che amano la danza e per i tanti che non avrebbero potuto farlo. Mi sono detto ok, farò io quel pezzettino in più».