Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  giugno 04 Domenica calendario

Prostitute pronte a pagare le tasse in cambio di diritti. Un convegno

Macché Bocca di Rosa :a un certo punto cantano tutte Bella ciao, trascinate dalla pioniera dell’attivismo trans, Loredana Rossi da Napoli, che prima del lunch break imprime una svolta antifascista al primo convegno delle
sex worker italiane. «La politica cattiva e infame ha fatto il male sulla mia pelle – racconta lafemmeniella, come preferisce definirsi –. Nel ’94, quando con Berlusconi arrivarono al governo gli ex Msi, che sono poi gli stessi di oggi, il clima cambiò: la polizia veniva a insultarci con gli altoparlanti: “Ricchioni”. E questo autorizzò la violenza cittadina. Arrivavano tutte le sere i naziskin a menarci e buttarci nei bidoni della spazzatura. Poi reagimmo. Facemmo un corteo a Napoli e sfidammo i fascisti. Stiamo attenti: per ogni diritto che vogliono togliere, come alle famiglie arcobaleno, muoviamoci tutti perché se stiamo comodi questi fanno quello che vogliono».
Stigma e diritti sono le parole che ripetono più spesso, le lavoratrici del sesso a convegno, in un tripudio di “tutt u” e “alcun u di noi”, solo un paio di partecipanti in divisa da lavoro su un centinaio tra veterane e giovani leve. Essere riunite nell’Auditorium Enzo Biagi della Salaborsa in piazza Maggiore è già un riconoscimento ufficiale apprezzato: «Quando siamo partite i rapporti istituzionali neanche esistevano», rivendica Porpora Marcasciano, 66 anni, altra storica figura del Movimento trans oggi consigliera comunale a Bologna.
Le sessoperaie militanti non chiedono comprensione per le loro scelte ma solo, oggi come e più di sempre, tutela come persone ed esseri umani, come chiunque altro lavori. Pagare le tasse per avere accesso ai servizi sanitari, agli affitti delle case, agli uffici di polizia dove poter denunciare le violenze subìte o i furti di immagini sul web senza che l’agente di turno le inviti a lasciar perdere, sminuisca, perfino derida.
«Siamo una società puttanofobica» dice Elettra dell’associazione Swipe, che rimpiange le case chiuse: «La legge Merlin aveva un senso nel 1958, oggi serve solo a isolarci: non potendo affittare appartamenti insieme aumentano i rischi e non riusciamo a fare cooperativa e rete. Lo spettro del favoreggiamento rende impossibile a chiunque aiutarci. I papponi del 2000 sono i palazzinari che affittano in nero solo alle prostitute con prezzi da sfruttamento».
Vogliono essere “decriminalizzate”, questo è il mantra. Perché prostituirsi non è un reato, anche se in ogni memoria difensiva bisogna ricordarlo al giudice. Ma nonbasta, perché sono tanti altri i modi in cui la pena arriva: l’emarginazione e l’invisibilità sociale sono una galera. Alla platea viene letta la lettera di una detenuta trans di Reggio Emilia: «Entrare in carcere è come fare un salto indietro di trent’anni: nessun riconoscimento, nessuna certezza sulle terapie ormonali, nessun supporto psicologico e medico. Il mio corpo è oggetto di scherno e di desiderio da prendere con forza o violenza, da umiliare. Sono stata quasi cancellata». «In un clima di terrore e violenza già esistente ma aumentato dall’insidiarsi dal nuovo governo – commenta Anna Tamaro, operatrice del Mit – non possiamo ignorare la violenza di uno Stato che ci reprime manganellandoci per strada. La transfobia istituzionale ha legittimato il pestaggio di una trans migrante a Milano. Il rischio del mestierepuò essere un tacco rotto,non la nostra morte».
Se la prendono anche coi sindaci che credono di risolvere la questione a colpi di ordinanze: «Ogni mese in tutta Italia da destra e sinistra emanano atti illegittimi e incostituzionali per punire i saluti allusivi, le oscenità o l’abbigliamento indecoroso – denuncia l’avvocata Giulia Crivellini dell’associazione Certi Diritti –. La direzione in cui questo Paese vuole andare è drammaticamente pericolosa».
Criminalizzare i clienti non è una soluzione, sostiene Giorgia Serughetti dell’Università Bicocca di Milano, perché «colpendo la domanda non è vero che si riduca l’offerta, anzi succede che la domanda si nasconda e nell’invisibilità aumentino ulteriormente i rischi di violenza». «In Svezia – rinforza Maria Virgilio del Gruppo Esperte/i – da che si è criminalizzato il cliente statisticamente non è diminuita la tratta, ma è aumentata la vulnerabilità delle sex worker e l’esposizione alla violenza anche istituzionale».
Alla fine dei lavori era previsto un mini-corteo all’aperto. «Porca puttana diluvia», impreca una delegata.