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 2023  giugno 04 Domenica calendario

Biografia di Verlaine

Finalmente esce da Aragno la corrispondenza completa di Paul Verlaine (1844-1896), un ritratto commovente di un grande autore, un poeta maledetto al centro di un leggendario, tormentato amore omosessuale con un altro grande, Arthur Rimbaud.
Figlio tardivo di due genitori non più giovani, Paul era stato intensamente viziato. Vicini e parenti inorridivano vedendolo dominare la famiglia con i suoi capricci. La madre, che aveva conservato sotto spirito i feti avuti in una serie di aborti, li faceva vedere al figlio, sottolineando le somiglianze tra lui e quei resti. Molti anni dopo Paul si sarebbe vendicato distruggendo quell’inquietante museo.
Varie volte la domestica era stata costretta a intervenire per salvare madame Verlaine dal poeta ubriaco che stava tentando di strozzarla. Una notte Verlaine, rientrato rumorosamente con un amico, aveva svegliato la madre per farsi dare del denaro, minacciandola con la sciabola del padre, un ex-militare. A risvegliare la sua violenza non era solo l’alcol, ma anche l’assenzio che aveva cominciato a consumare per attutire il dolore per la morte, due anni prima, nel 1867, di una cugina molto amata.
La violenza sarebbe riaffiorata più volte nel percorso di quell’uomo geniale ma anche brutto, timido e instabile generando quello che Proust definiva un inquietante contrasto tra una poesia paradisiaca e una vita infernale. Verlaine soffriva di quella contraddizione, ma inveiva contro chi si divertiva a «tagliarmi in due! Il poeta molto chic e quella bestiaccia dell’uomo». In questo straordinario epistolario, pullulante di espressioni deformate o tronche, si rivive senza mediazioni la sua straziata esistenza. Arthur Rimbaud, «il figliol prodigo con i gesti di un satiro», aveva definitivamente sconvolto la sua vita, scatenando la sua rabbia contro la moglie, offesa, picchiata e minacciata. Proprio lei, che aveva impiegato tanto tempo, nella sua ingenuità, a capire la natura del legame tra i due poeti. Quell’innamoramento lo aveva spinto a buttare il figlio neonato contro una parete perché quella «miserabile fata rossiccia, principessa sorcio, piattola da schiacciare tra le dita» (lettera del luglio 1872), non voleva dargli i soldi per andarsene con l’amante.
Ma era lo stesso uomo chiedeva all’amato: «Amami, proteggimi e abbi fiducia in me. Essendo molto debole, ho molto bisogno di bontà» (lettera 02/04/1872). Salvo poi lasciare esplodere la sua collera, nel timore di essere abbandonato dall’intrattabile Rimbaud con cui si era rifugiato in Inghilterra in una tempestosa fuga piena di litigi e di sbronze. Incarcerato per avere sparato all’amico aveva scritto al Victor Hugo: «Caro e venerato Maestro, oso aprirmi interamente a voi, e prima di sprofondare orribilmente, vi grido aiuto, salvatemi!» (lettera 19/07/83). Non aveva esitato a mentire, dipingendosi ansioso di ritrovare la moglie, cui aveva dato appuntamento a Bruxelles «col chiaro proposito di distruggermi se non fosse venuta entro tre giorni». «Una terribile febbre» era «degenerata in una vera follia» vedendo che la moglie non arrivava. «Comprai una rivoltella che caricai, deciso a partire la stessa sera per Parigi. Avrei suonato alla porta di mia moglie, l’avrei pregata di ricevermi, e se avesse rifiutato, mi sarei ucciso... Il caso della follia dispose diversamente». Travolto dall’irritazione, aveva colpito Rimbaud che si trovava lì con la madre di Paul. Una ferita superficiale: «Lo fasciammo, mia madre ed io, dopo di che lui manifestò il desiderio di andare da sua madre per farsi curare. Allora mi opposi e gli dissi: se te ne vai mi brucio le cervella davanti a te». Rimbaud, fraintendendolo, sempre secondo Verlaine, era fuggito. Verlaine allora l’aveva inseguito per trattenerlo, ma era intervenuto un poliziotto e per quell’episodio irrilevante era in carcere con l’imputazione di tentato omicidio. Poi proseguiva, invocando l’intervento di Hugo per fare tornare sua moglie, «causa indiretta di tutto questo»; soltanto lei avrebbe potuto salvarlo dall’angoscia e aiutarlo a rifarsi una vita. «Le offro tutto, umilio il mio orgoglio. Sarò dolce come un bambino; insomma che abbia pietà e consideri quello che la disperazione mi ha già fatto fare». Ma non era possibile frenare la discesa di Verlaine nel suo inferno. Malato, miserabile, alcolizzato e sifilitico era morto a 51 anni, ma sembrava un vecchio barbone. Nel suo testamento aveva scritto: «Non lascio niente ai poveri perché sono povero anch’io».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paul Verlaine
Corrispondenza:
1857-1874, 1875-1885
A cura di Vito Sorbello
Aragno, pagg.578 e pagg.630
€ 60