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 2023  giugno 04 Domenica calendario

La sinistra e il Novecento

Come scrive nella prefazione Dino Cofrancesco, la raccolta di saggi Sfide a sinistra di Danilo Breschi e Zeffiro Ciuffoletti (Le Lettere) individua due questioni scottanti nel ricostruire alcuni passaggi cruciali delle vicende novecentesche italiane, dall’epoca giolittiana a Mani pulite. La prima è il culto della violenza rivoluzionaria abbracciato – perlopiù a parole, ma non solo – da settori rilevanti dalla sinistra, che si prolungò anche oltre la nascita della Repubblica, fino a produrre il terrorismo rosso. La seconda concerne la sordità della classe dirigente circa l’esigenza di assicurare stabilità ai governi attraverso apposite riforme istituzionali.
Per quanto riguarda le tentazioni insurrezionali, Breschi sottolinea come, anche in risposta alle tendenze repressive dello Stato liberale postunitario, esse fossero presenti già prima della Grande guerra e anche della diffusione in Italia delle Riflessioni sulla violenza di Georges Sorel. Già allora si era diffusa, in settori influenti del movimento operaio, la convinzione che la violenza proletaria «potesse avere una valenza pedagogica in quanto finalizzata a smascherare l’altra violenza, primigenia e ingiustificata, intrinseca alle ipocrite istituzioni borghesi».
I nodi vennero al pettine in seguito alla rivoluzione russa, quando la maggioranza del Partito socialista si schierò su posizioni estremiste, di rottura esplicita con il sistema rappresentativo, per inseguire l’illusione di imitare i bolscevichi. Al contrario di chi tende a sottovalutare le conseguenze di quello slittamento, Ciuffoletti ritiene che i disordini del «biennio rosso» abbiano contribuito a spianare la strada alla reazione fascista che travolse anche la classe dirigente liberale.
Interessanti poi le riflessioni di Breschi sul Sessantotto e sul paradosso per cui i giovani contestatori, nonostante i loro proclami rivoluzionari, finirono «con l’assecondare e persino con l’accelerare, nella misura in cui si facevano massa e quindi moda e conformismo, quella distruzione creatrice che è l’essenza stessa della civiltà capitalistica e borghese».
Quanto al tema della riforma istituzionale, dagli anni Settanta in poi, ricorda Ciuffoletti, fu uno dei terreni di scontro tra i due maggiori partiti della sinistra, il Psi di Bettino Craxi e il Pci di Enrico Berlinguer. Nessuno uscì vincitore da quella contesa, mentre il sistema politico nel suo insieme crollò sotto i colpi della magistratura e del forte riflesso mediatico che ebbero le sue inchieste sulla corruzione. Il problema istituzionale tuttavia rimane aperto, osservano i due autori citando il politologo Gaetano Mosca, perché «gli uomini sono quello che sono, ma le buone regole possono migliorarli. Del resto, come la storia ha dimostrato, sarebbe più facile cambiare le regole che le teste degli uomini».