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 2023  giugno 03 Sabato calendario

Intervista a Sydne rome

Sydne Rome è un’Alice di 72 anni che nella vita non ha conosciuto solo meraviglie. Massa di capelli, le gambe magre in un paio di leggins e scarpe da ginnastica, è stata una pioniera dell’aerobica e si vede.«Girano un documentario tedesco sull’aerobica, porto la troupe nella mia classe, dai 65 agli 80 anni, spiego i benefici ed evoluzione della disciplina» dice seduta al tavolo di un bar del quartiere Prati, a Roma. Il cinema nella sua vita c’è ancora. Un ruolo piccolo nel film di Pupi Avati, La quattordicesima domenica del tempo ordinario, e alla Mostra di Venezia (probabilmente) conThe palace, il nuovo film di Roman Polanski.Con Avati ha fatto molti film.«Mi chiama spesso, mi racconta tormenti e disagi. È adorabile. Sul set faccio una scena, aveva il terrore che avessi difficoltà con l’italiano, è andata benissimo».E con Polanski?«Mi chiamano dall’ufficio casting per un provino. vado a Gstaad, in Svizzera. È come entrare nella macchina del tempo. Roman: “Da quanto non lavoravamo insieme?”, io: “Mezzo secolo”. L’avevo rivisto al matrimonio con Emmanuelle Seigner. È sempre lo stesso, ma con i capelli bianchi».Nel 1972 “Che?” l’ha lanciata.«Polanski è stato il pigmalione, mi ha cambiato l’esistenza. Da mesi cercava la protagonista nel mondo. Io avevo fatto un provino, quattro mesi dopo mi chiamano: domani ti passiamo a prendere per andare a Cinecittà. Rifaccio la stessa scena del provino, stavolta con Marcello Mastroianni. Menomale che ricordavo le battute».Nel film Mastroianni aveva scene bizzarre, seminudo in pelliccia...«Marcello era l’attore per l’attore.Fare ruoli così era la sua carne.Ogni scena per lui era serissima, con lui e Polanski non si scherzava.Roman era severo, ogni giorno avevo paura di essere cacciata dal set, di non essere all’altezza. Fuori dal set Marcello era un orsacchiotto. Professionista e adorabile, tutt’altro che seduttore».Il film di cui è più fiera?«Just a gigolo con David Bowie.Quando l’ho conosciuto era famoso, ma non in Italia. Mi accorsi subito che era speciale. Eravamo tutti attratti da lui, aveva una dolcezza e una sincerità che non ti aspetti. Ci siamo incontrati per parlare del film, era molto umile.Non dava importanza ai soldi, contava solo la sua arte, il rapporto con se stesso, i suoi cambiamenti».Il ricordo più bello insieme?«Il più bello non lo posso raccontare. Le racconto di una cena insieme, alla prima diL’uomo che cadde sulla terra,a un ristorante giapponese, una passione comune. Abbiamo parlato fino a notte fonda, era certo di essersi reincarnato da un giapponese, poi avrebbe fattoFuryo,film meraviglioso. Era ironico e profondo, bello, efebico, un folletto. Dopo il film le strade si sono divise. Lui era concentrato sul suo talento, era meraviglioso ma non un compagno di vita».Tra i colleghi chi preferisce?«Mi piacciono gli attori che fuoridal set amano essere invisibili.Come Donald Pleasence. E Terence Hill, che è un grande attore ma vorrebbe scomparire».Ricordi meno meravigliosi?«Il 95% dei provini va male, io per carattere rimuovo le cose brutte. Ma non ho subito molestie, mai».La sua storia con Iglesias?«Le racconto un’avventura. Io giravo a Barcellona, lui cantava a Beirut. Avevamo iniziato questa storia a distanza, volevamo vederci. “Vieni?”. Io dovevo andare in Argentina a cantare, con tutto il baule di abiti da sera parto per la Grecia. Erano tempi in cui potevi arrivare all’aeroporto, comprare unbiglietto e partire. In Grecia mi dicono che non ho il visto, mi mettono su un aereo per la Siria, che era in guerra col Libano. In volo conosco un medico arabo, Fuat, che andava a un congresso di agopuntura. Atterriamo in Siria, io in completo pantalone bianco Armani, tutta bionda. Lì vestivanotutti di nero, Fuat dice che è mio marito, prendiamo un taxi con otto polli e tre galline e andiamo all’hotel Le meridien, catena francese e dunque neutrale. Solo il giorno dopo realizzo in che guaio ci siamo cacciati. Lui trova un passaggio in un furgone che consegnava giornali, ci avvolgiamo in tappeti, mi faccio portare nel più costoso hotel di Beirut. Chiamo l’agente di Julio: “Ti mando una macchina ma mettiti sdraiata, che se ti intercettano ti lapidano”. Finalmente, tremante, arrivo: Julio quando mi vede casca per terra».Il migliore amico nello spettacolo?«Don Lurio. Il più grande coreografo, pieno di cultura e intuito. Sempre nervoso, litigava con tanti, fumava troppo. È morto tra le mie braccia. Cinque minuti prima mimava la nostra canzone “testa, spalla 1, 2, 3...”. Gli amici dell’ambiente sono diversi da quelli della borghesia. I veri artisti non giudicano mai nessuno, sono aperti, rilassati».Dalla borghesia si èsentita giudicata?«Moltissimo».La migliore amica?«Romina Power. Siamo amiche da trent’anni, ci siamo conosciute in piscina. Lei aveva problemi, io un amico avvocato. Abbiamo un passato simile, non abbiamo spocchia, parliamo di tutto, il che rende facile l’amicizia».Aveva paura di restare sola. Ha una famiglia, figli e nipoti.«La vita in famiglia mi piace quanto lo spettacolo. Anche se non è facile.Nell’ultima intervista prima di morire Bowie disse “adesso mi occupo della mia famiglia, è la cosa più importante”. È la verità».Suo marito Roberto Bernabei è il medico personale del Papa.«Per la nostra famiglia è motivo di orgoglio. Siamo felici che la bravura e culturadi Roberto siano state abbracciate da Papa Francesco, che non ho mai incontrato. Si tratta di un ruolo di segretezza. La cosa è diventata pubblica solo perché mio marito è figlio di Ettore Bernabei. Del Papa mi ha detto “è di una semplicità disarmante e sincera”».Desideri?«Vedere crescere i miei due nipoti, sei e otto anni. Vivono con me, me ne occupo da quando sono nati, i genitori sono fragili, cercano il loro percorso. Mia mamma ha 98 anni, ha visto noi figli invecchiare. Vorrei vivere tanto da poter mettere i miei nipoti sulla strada giusta».Rimpianti o rimorsi?«Nessuno. Ho vissuto seguendo l’amore. E se segui l’amore non sbagli mai».