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 2023  giugno 03 Sabato calendario

Corte costituzionale modello Trump

Sindrome Trump per la Corte costituzionale? Più che un interrogativo è una certezza. Perché l’obiettivo dichiarato di influire con le nomine sulle istituzioni di garanzia tocca anche la Consulta. E se l’ex presidente Usa nominò, durante il suo mandato, ben tre giudici conservatori alla Corte suprema, che si aggiunsero ai tre di Bush, condizionandone per anni l’orientamento con un sei a tre, proprio la stessa cosa sta per avvenire con la Consulta. Come è già accaduto per il Csm, dove l’attuale maggioranza ha occupato sette dei dieci posti disponibili per i consiglieri laici. Votandoseli senza la minima difficoltà in Parlamento.
Occhio, allora, alle prossime scadenze nelle nomine per la Corte che tra questo e il prossimo anno, grazie alle indicazioni parlamentari, virerebbe decisamente a destra giusto quando potrebbe essere chiamata a pronunciarsi sull’assetto definitivo del nuovo sistema costituzionale sollecitato ogni giorno dalla premier Meloni. Che produrrà, accanto all’autonomia differenziata, un vivace contenzioso che richiede una Corte “amica”.
Una Corte che comincia a cambiare già a novembre, a partire dall’attuale presidente Silvana Sciarra, l’esperta di diritto del lavoro indicata dal Pd nove anni fa, e seduta sullo scranno più alto da settembre 2022. La votò il Parlamento, in grande ritardo sulla scadenza, tant’è che l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, provocatoriamente, giusto a rimarcare l’inerzia delle Camere, indicò in anticipo i nomi dei due giudici di sua competenza. Sono gli attuali vice presidenti, l’amministrativista Daria de Pretis e il costituzionalista Nicolò Zanon. Sarà Sergio Mattarella a sostituirli sempre a novembre.
Mentre è già scontato che a Montecitorio il centrodestra metterà subito ai voti il suo candidato. Ipotesi già se ne fanno, e tutte indicano figure di professori di centrodestra. Tra questi ci potrebbe essere il primo consigliere di Giorgia Meloni per le riforme costituzionali, Francesco Saverio Marini, figlio d’arte, visto che suo padre Annibale, casacca di Alleanza nazionale addosso, è stato presidente della Consulta. In corsa ci sarebbe anche l’ex consigliera dell’Anac Ida Angela Nicotra, costituzionalista di Catania,nonché moglie di Felice Giuffrè, stessa professione nella stessa città, scelto in corner da Fratelli d’Italia come laico del Csm quando è saltata la candidatura dell’ex senatore Giuseppe Valentino, indagato a Reggio Calabria (anche se lui dice di no).
Non c’è storia per questa nomina. È scontato che il centrodestra se la accaparrerà senza ostacoli, visto che dopo i primi tre scrutini, dove sono necessari per vincere i due terzi dei componenti, in quelli successivi basteranno solo i tre quinti, e la maggioranza non ha certo problemi, come ha dimostrato proprio nel caso del Csm. Ma non sarà il rinnovo di questo unico giudice a cambiare radicalmente il volto della Corte che, in questi anni, con presidenze di prestigio – da Giorgio Lattanzi e Marta Cartabia, da Giancarlo Coraggio a Giuliano Amato – e con pronunce forti, dal fine vita, all’ergastolo ostativo, dalle sentenze sul Covid a quelle sul doppio cognome e sui figli delle famiglie gay, ha bacchettato più volte governo eParlamento. E, da ultimo, ecco la sentenza su Cospito che ha contraddetto l’orientamento opposto del Guardasigilli Carlo Nordio.
La svolta più pesante ci sarà l’anno prossimo, quando a dicembre scadrà il mandato di ben tre giudici. Tutti di nomina parlamentare. I costituzionalisti Franco Modugno e Augusto Barbera, il primo indicato dal M5S e il secondo dal Pd, e del lavorista Giulio Prosperetti in quota centrodestra. E tra questi peraltro, già a settembre, si giocherà la partita della prossima presidenza. Se vincesse Prosperetti sarebbe un segnale ulteriore che il vento della Corte soffia a destra.
Tra un anno, se tutti e tre i postiandassero ai partiti di governo, l’equilibrio “politico” della Corte verrebbe stravolto. Accanto ai cinque giudici indicati dal Quirinale e ai cinque scelti dalle magistrature si piazzerebbero ben cinque giudici espressione del centrodestra, visto che fino al 2027 rimarrà al suo posto Luca Antonini, il costituzionalista “padre” del federalismo fiscale eletto in quota Lega. Il centrodestra avrà la possibilità di condizionare le scelte della Corte sui temi più sensibili, a partire dai diritti, finora negati, delle coppie gay e dei loro figli.