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 2023  giugno 03 Sabato calendario

Intervista a Mike Winkelmann

Quello che rende Mike Winkelmann, noto come Beeple, 42 anni il prossimo 20 giugno, il più celebre artista digitale del mondo, è il suo essere al contempo visionario, coraggioso e spudoratamente sfacciato. Lo si capì subito dopo la vendita record del suo Nft per 69,3 milioni di dollari. Era il marzo del 2021 e lui, con la sua facciona da ragazzo perbene, dichiarò: «Potrei essere quello che ha guadagnato più di tutti da una cosa che poi si è rivelata una grande bolla». Parole che gli attirarono gli strali della community della cryptoart, ma Mike fu onesto e buon profeta: nel 2022 i volumi di scambi degli Nft legati alle opere d’arte sono crollati di oltre il 60%, e più in generale quelli dei certificati non esclusivamente legati all’arte addirittura del 97%.
Ma questo a Beeple non interessa: ora è un personaggio dello star system, inseguito da musei, cercato da gallerie (si è da poco conclusa una sua mostra a Londra) e grande protagonista della comunicazione: ha un suo enorme studio di produzione, fa cinema in 4D, realizza clip, allestisce performance, organizza mostre, è un assiduo presenzialista sui social, e crea opere con star internazionali. Soprattutto ama scardinare le regole della visione. Tutte le regole.
Così, sapendo bene come l’arte possa incidere nelle coscienze collettive, diventa anche protagonista della satira politica: basta dare un’occhiata ai suoi post dissacranti contro Donald Trump. Ma poi c’è anche lo star system e il provocatorio trittico realizzato con Madonna in cui la cantante simboleggia tre grandi madri. Tutte diverse ma unite da un comune tratto d’inquietudine e di provocatoria ambiguità erotica. Sesso e politica, dunque.
Lo incontriamo a Londra, nella galleria W1 Curates, fondata da Mark Dale, tra le più influenti in Europa nell’arte digitale. Intorno all’artista, proiezioni e schermi che lo fanno apparire come un corpo fisico e statico in un mondo immersivo. Beeple non ha le stigmate delle star, le manie, le tradizionali astuzie, anzi: è molto alla mano, si lascia andare solo a qualche parolaccia e a tanti fuck buttati qua e là. Si presenta con un anonimo maglione grigio e ride molto, alternando momenti di serietà e concentrazione, poi parla come un fiume in piena. Di tutto: della sua avventura artistica, del mercato dell’arte, del potere dei social, di Intelligenza artificiale e scenari politici, della campagna di Trump e del dietro le quinte del lavoro con Madonna. Partiamo proprio da qui.
Dunque i lavori con Madonna, i post su Trump... Nasce un retropensiero: che lei sia uno stratega del marketing. Come sceglie i temi delle sue opere? Posta quello che interessa di più al pubblico?
«No. Ogni giorno è un misto di cose che succedono in quel momento nel mondo e di cose che succedono nella mia vita... In realtà la mia arte è praticamente una sorta di shitposting (battute stupide, irrilevanti, ndr). Direi che il mio modello espressivo si basa su un algoritmo del tutto casuale».
Com’è stata la sua collaborazione con Madonna?
«È stato abbastanza surreale. Circa tre settimane dopo la vendita di Christie’s, un amico di amici mi dice: “C’è Madonna che vuole parlarti”. E io ridendo: “Ma di cosa diavolo stai parlando!”. Il giorno dopo suona il telefono, rispondo e sento: “Ehi Michael... sono Madonna”. La prima volta parlammo solo io e lei, per almeno un’ora. Questo è stato decisivo per scegliere di iniziare il progetto, perché di norma non avrei fatto niente del genere. E non per snobismo, non penso certamente di essere a un livello superiore, lei è immensa e iconica; ma se non scatta il feeling non me la sento».
Dunque, il feeling è scattato...
«Sentivo che avrebbe funzionato. È venuta fuori questa idea di tutta quella roba assurda che le esce dalla vagina. Lei mi aveva mostrato un dipinto di Frida Kahlo che possiede e che raffigura la pittrice mentre partorisce non saprei nemmeno dire cosa, della roba sanguinolenta, dicendo: “Ehi, questo è uno dei miei quadri preferiti!”».
Così ha assecondato l’idea di Madonna...
«Madonna è una figura che polarizza. Ricordo quando andavo a casa di amici e mi dicevano: “No no, non mettiamo Mtv ché poi ci tocca vedere Madonna”. Ora abbiamo fatto queste opere e molti le guardano come qualcosa di assurdo e folle, ma come sempre, sarà il tempo a sdoganarle. Tra cento anni la gente le guarderà e dirà: “Oh ma guarda, non è adorabile?”. Nessuno piagnucolerà dicendo che è roba troppo estrema, ve lo posso garantire».
Ultimamente molte sue opere sembrano critiche nei confronti dell’Intelligenza artificiale. Qual è la sua opinione sull’IA, e sull’impatto che avrà nel futuro, soprattutto in relazione all’arte?
«In realtà non sono critico nei confronti delle Intelligenze artificiali. Anzi, credo abbiano grandi potenzialità; le ho anche utilizzate per alcuni lavori. Penso si sia aperto il vaso di Pandora e che la cosa abbia preoccupato molte persone. È un nuovo strumento, e come tutti gli strumenti può essere usato in chiave creativa. Ma il punto è sempre lo stesso: c’è qualcuno che attiva l’IA, digitando i propri input».
Un altro obiettivo della sua satira sono i grandi «padroni» del web: Zuckerberg, Musk, Bezos... Ci può essere un futuro in cui non ci si ritrovi nel paradosso di dover pagare per regalare i propri dati, quando dovremmo essere semmai pagati? Ci sarà mai una nuova forma di web realmente libera?
«Forse... o forse no. Perché alla fine la gente vuole cose belle; e queste aziende, piaccia o meno, hanno costruito cose belle che tu vuoi usare. Solo che nessuno vorrebbe pagare per farlo. Penso alla nuova politica di Twitter con i suoi 8 dollari al mese per i profili verificati, e quelli che dicono: “Non pagherò un dollaro!”. E allora? Venderanno le tue informazioni. Vuoi pagare il servizio o vuoi che usino le tue informazioni? Se non vuoi pagare per queste belle cose, devi permettere alle società di usare queste informazioni. Tutto qui: la gente deve fare la sua scelta».
Il suo nuovo studio sembra una promessa per il futuro: Beeple ha intenzione di fare qualcosa di grande per l’arte nel web3. Quindi, cosa c’è dopo Beeple l’artista? Avremo il Beeple Museum? Beeple investitore d’arte o sarà più un Beeple mecenate?
«Non sono particolarmente interessato al collezionismo, sono più che altro concentrato sul creare. Non ho finora nemmeno mai preso in considerazione l’idea di commissionare lavori, ma trovo che questa sia una possibilità interessante, che mi affascina più del collezionismo. Sarebbe semplicemente commissionare lavori per Beeple. Mi ha fatto venire una bella idea! Non sarebbe ai fini di investimento però. Non venderei mai le opere».
Lei collabora con la galleria W1. Che cosa pensa del nuovo approccio alle mostre digitali in chiave immersiva ed esperenziale come questa?
«Posti così permettano alle persone di sperimentare l’arte digitale in modo più viscerale. Perché la persona guarda abitualmente le opere digitali sui pc o sugli smartphone e forse pensa: “Ma guarda te se questi stronzi devono fare tutti quei soldi con queste cazzate”. Ma se lei viene in un posto del genere vive una vera esperienza. Può sentire qualcosa semplicemente guardando quello che c’è. Proprio questo tipo di esperienze immersive permetterà alla gente di capire che questa è una nuova forma espressiva. Ed è una forma d’arte che ha messaggi e intenti».
Quali sono i suoi artisti di riferimento?
«Se devo dire un artista di cui mi piacciono alcuni lavori, dico Pieter Paul Rubens. In particolare Saturno divora uno dei figli: quel quadro è una tra le immagini più brutali che abbia mai visto, con quel tizio che divora il cuore di un bebè strappandolo a morsi. Allora dico: wow, ha dipinto questa roba molti secoli fa, ed è ancora incredibilmente attuale. Quel quadro mi ha colpito quand’ero un ragazzino. Insomma, più che degli “artisti”, mi hanno colpito e influenzato alcune opere».
Da Christie’s ha abbattuto la barriera tra mercato tradizionale e opere digitali. Che idea s’è fatta?
«Ci sarà una fusione dei due mondi, e il sistema arte finirà per non essere più separato. Il più strutturato mercato tradizionale dell’arte “inghiottirà” quello dell’arte digitale, che entrerà nel più grande contenitore tradizionale, un po’ come un nuovo media. Era già capitato alla fotografia, ai video. Occorrerà del tempo, certamente. Noi con gli Nft siamo esplosi all’improvviso. Il mercato e in generale il mondo dell’arte non erano preparati, e siamo anche relativamente pochi: ai collezionisti serve una grande scelta di artisti e di opere di qualità per trovare quello che veramente li emoziona. Ma quando il digitale sarà considerato al pari degli altri media, il sistema dell’arte lo accetterà definitivamente».
Il valore degli Nft, file privi di valore se non abbinati al certificato, è più paragonabile a un oggetto da collezione o a un’opera d’arte?
«Quello che ho imparato è che anche dei preziosi orologi da polso possono essere considerati opere d’arte: sono piccole, folli sculture e in essi c’è grande artigianato, molto concetto e anche un messaggio intrinseco. tanto che si potrebbe davvero considerarli artwork; ma allo stesso tempo sono assolutamente dei collectable».
Intanto ha donato alcune sue opere ai visitatori, in modo del tutto originale e inaspettato... stampe che piovevano dal soffitto, di cui alcune certificate...
«All’opening del mio studio io lavoravo al computer e ogni volta che premevo un tasto veniva fatto uno screenshot che veniva inviato ad alcune stampanti che avevamo collocato sul soffitto dello studio. Queste iniziavano a stampare copie su copie, e devo dirlo, gente del mio team aveva previsto che il pubblico si sarebbe scannato per averle... io avevo minimizzato, ma è successo veramente così. La moglie di un mio amico si è letteralmente piazzata sotto una delle stampanti! Ogni stampante stampava sei copie, di cui una con un punto rosso: ogni copia con il punto rosso era associata a un Nft, che io ho donato. Ognuno di essi valeva circa quarantamila dollari; la gente è andata completamente fuori di testa! Ovviamente non gli importava niente dell’opera».
Ne è sicuro?
(Beeple ride a crepapelle) «Ma certo, tutti impazzivano solo all’idea di avere qualcosa che avrebbero potuto rivendere subito per quarantamila dollari! Siamo stati molto fortunati: nessuno si è fatto male».