Avvenire, 2 giugno 2023
Biografia di Paola Riccora
Sono certamente uno dei pochi a sapere in Italia, e perfino a Napoli che era la sua città, chi è stata Paola Riccora, commediografa di buon mestiere, nata nel 1884 e morta nel 1976. So che esiste una sua biografia, ma non sono riuscito a trovarla, e mi devo accontentare del primo di due volumi di una bella antologia del teatro napoletano curata per Guanda da Giulio Trevisani nel 1957, che contiene (non completa) la sua commedia più nota, Sarà stato Giovannino, che diventò nel 1940 un bel film di Raffaello Matarazzo (l’ottimo regista dei nostri supermelodrammi cinematografici) per l’interpretazione dei De Filippo, con Eduardo nel ruolo di Giovannino e Alida Valli in quello della servetta messa incinta dall’odioso rampollo di una gretta famiglia piccolo-borghese. È Giovannino, il mite parente povero e tuttofare, angariato da tutti, poco più di uno schiavo, che se ne addosserà la responsabilità, abbandonando con la ragazza l’odiosa famiglia.
Riccora ha scritto per la tv e per la radio, e ancora per Matarazzo il film Giorno di nozze (1942, dalla commedia Fine mese) e per Coletti (con Nino Taranto protagonista) È arrivato l’accordatore (1953). Ma sue commedie sono state messe in scena anche da Dina Galli e dallo stesso Ettore Petrolini. Nulla di straordinario, certamente, ma è comunque significativa questa incursione nel teatro di commedia di un’autrice, di una donna. Dopo pochi esempi di un passato remoto e “di corte” e prima del teatro di rivista di Lina Wertmüller e Iaia Fiastri. In altri contesti – che so? a Broadway e a Hollywood, o sui boulevard parigini – non erano così rare le scrittrici di teatro, ma nell’Italia del Novecento erano rarissime.
Paola Riccora era moglie di un agente teatrale e aveva il teatro nel sangue, e sarebbe interessante, tra i suoi lavori, ritrovare Nu mese ‘o ffrisco, che presumo parli di “un mese al fresco” (in carcere) di un qualche protagonista sfigato. Non sorprende che Sarà stato Giovannino
piacesse a Eduardo (nel film ci sono anche Titina e Peppino) che credo l’abbia messa in scena anche a teatro. Ché nei tre atti c’è l’esplodere delle contraddizioni del nucleo famigliare piccolo-borghese, costante dell’opera di Eduardo, e perché anche la Riccora appartenne, a suo modo, alla grande famiglia del teatro napoletano, così vivace dopo Di Giacomo e Petito e Scarpetta, negli anni che furono anche del grandissimo Raffaele Viviani. Erano la canzone e il teatro la vera cultura napoletana del tempo, prima della massiccia “alfabetizzazione” degli anni del dopoguerra
Vedi anche https://storienapoli.it/2022/12/31/paola-riccora-scopre-eduardo-de-filippo/