Corriere della Sera, 2 giugno 2023
Omicidio Tramontano, la versione dell’amante
Milano C’è un sospetto terribile negli investigatori. Dopo aver ucciso la compagna, Alessandro Impagnatiello forse voleva colpire anche la 23enne, italo inglese, la «terza vittima» di questa storia, insieme a Giulia e al piccolo che si sarebbe chiamato Thiago. Perché è da lei, con cui ha una relazione parallela, che il 30enne corre quando esce alle 00.19 di sabato, dopo aver ucciso la compagna e tentato di dar fuoco al cadavere. Lei che diventa una sorta di investigatore dopo la scomparsa di Giulia, contatta anche sua sorella Chiara, le racconta tutto. Lei che per prima dubita dell’innocenza di Alessandro.
«Quella sera ho ricevuto vari messaggi e numerose chiamate alle quali non rispondevo, insisteva nel volermi vedere. Poi alle due, nel rincasare, ho notato sotto casa la sua presenza: ha continuato ad inviarmi sms su chat e chiamate con l’intento di volermi parlare per almeno 5 minuti», mette a verbale la ragazza. Ma lei ha paura, perché per prima ha chiesto con insistenza che fine avesse fatto Giulia senza avere risposte. Capisce che qualcosa è accaduto, ha un presentimento: «Data la sua insistenza, io comunque rincasavo e non volendoci parlare in presenza faccia a faccia, gli parlavo dalla finestra del ballatoio, e lui mi diceva di avermi aspettato da più di un’ora e che Giulia è una persona bipolare e che il figlio che lei aspetta non è il suo. All’ennesima dimostrazione della sua falsità gli dicevo di non credere a ciò che mi stava dicendo invitandolo ad andarsene». Lui si allontana solo alle 2.30 di notte. Per il pm Alessia Menegazzo e l’aggiunto Letizia Mannella, Impagnatiello deve andare in carcere perché «c’è il concreto pericolo che reiteri il reato» proprio nei confronti della 23enne: «Prova ne è il grave timore dell’amante che, conoscendolo e temendo di subire la medesima sorte di Giulia, non gli ha aperto la porta e ha parlato con lui soltanto dal balcone».
Il primo verbale della ragazza davanti ai carabinieri si apre all’1.40 della notte tra domenica e lunedì. Poche ore dopo che Alessandro ha presentato denuncia di scomparsa alla stazione di Senago. La 23enne è un fiume. Parla per quasi tre ore. «Conosco Alessandro da un anno, quando ho iniziato a lavorare all’Armani Hotel di Milano, mentre lui è un responsabile del bar – racconta agli investigatori —. Inizialmente mi ha corteggiato, poi da luglio abbiamo iniziato una frequentazione. È capitato che trascorresse anche la notte a casa mia, come io a casa sua a Senago». Quando lei andava a dormire lì, Impagnatiello faceva sparire le foto di Giulia. «Poi a gennaio rimanevo incinta, ma dato che non mi sentivo pronta per avere un figlio, di comune accordo con lui abbiamo ho deciso di abortire».
Castello di menzogne
Mi mostrò un test di paternità falso per farmi credere che non era
il papà del bambino
Ad aprile la ragazza scopre la doppia vita del fidanzato: «Ho visto delle foto sul suo telefono. Mi è apparso subito chiaro che Giulia era incinta». Lui si giustifica: «Mi ha detto che non era il padre e che aveva anche un test del Dna, me lo mostrava su carta stampata». Lui la convince che la relazione con Giulia è finita, anzi che lei soffre di un disturbo bipolare e vuole farla finita. «Alessandro mi ha prestato il suo Ipad, ho visto varie ricerche on line finalizzate a reperire degli attesati negativi del test del Dna. Ho trovato un file con le sue generalità e quelle di Giulia con test negativo, che sarebbe quello che mi aveva mostrato in forma cartacea». Il muro di bugie crolla: «Ho avuto la certezza che continuasse a mentirmi». Sabato (il gorno della scomparsa) la 23enne trova il numero di Giulia e la contatta: «Ci siamo incontrare sotto l’hotel dove lavoro alle 17.30. Alessandro ha chiamato Giulia e lei gli ha detto di essere in mia compagnia invitandolo a raggiungerci». Ma lui non si presenta, anzi esce prima dal lavoro e torna a Senago. È in queste ore (prima del delitto) che, come documentano i carabinieri della Squadra omicidi, Impagnatiello cerca sul web come eliminare segni di «bruciature nella vasca da bagno». Non a caso proprio lì, dopo il delitto, proverà a dar fuoco al corpo. Le due fidanzate tradite intanto sono ancora insieme: «Siamo rimaste a parlare fino alle 18.45, ci siamo confidate e abbiamo convenuto che Alessandro avesse mentito ad entrambe».
Giulia torna a casa e succede qualcosa di strano. «Ci siamo sentite su WhatsApp e a mio avviso mi stava scrivendo in maniera diversa da quanto aveva fatto in precedenza». I messaggi che partono dal cellulare di Giulia tra le 20.30 e le 21.50 sono di tutt’altro tenore. In realtà a scriverli è Alessandro, lei è già morta. «Mi diceva che non era stata sincera con me e di lasciarla in pace. Poi non mi ha più risposto». A quel punto la 23enne teme che sia successo qualcosa di grave. La ragazza videochiama Alessandro, lui prima le dice che Giulia dorme, poi cambia versione: «Gli ho chiesto di farmela vedere col telefono ma lui mi diceva che Giulia non era in casa ma che stava dormendo da un’amica. Ha ripreso solo la camera da letto ed il soggiorno dove effettivamente non vi era la presenza di Giulia». La 23enne riprende il turno al lavoro. Poi alle due nel rincasare trova il 30enne sotto casa ma non lo fa entrare nell’appartamento.
Il giorno dopo lo vede al lavoro: «Mi sembrava “strano” e continuava a giustificare la situazione arrampicandosi sugli “specchi”. Gli chiedevo dove fosse Giulia e mi diceva che non rispondeva nemmeno a lui». È in questa occasione che vede sbucare «dallo zaino del lavoro di Alessandro dei guanti in lattice». La 23enne teme il peggio e contatta la sorella di Giulia via Facebook. «Chiara mi ha detto che Giulia non è una ragazza bipolare e non mai sofferto di malattie mentali. E che anche lei e i familiari erano preoccupati». A quel punto racconta le sue scoperte e della doppia relazione di Alessandro, che Giulia era arrabbiata e che aveva detto di voler chiarire con lui la situazione. Ma non ne ha mai avuto il tempo.