Corriere della Sera, 1 giugno 2023
Violenza verbale in tv, segno del manicheismo che ci domina
Povertà di linguaggio significa anche povertà di ragionamento. Alcuni esempi. Martedì sera mi sono soffermato sul dialogo tra Bianca Berlinguer e Mauro Corona (Rai3). La prima impressione è la solita: l’incontro tra la «cittadina» e «l’uomo della foresta» che straparla su tutto, magari impreziosendo di citazioni i suoi verdetti perché non si sente accettato da quella che lui chiama «l’intellighenzia di sinistra». Sembra un dialogo da osteria.
Intanto su Rete4, Mario Giordano urla più del solito, sbraita, si accalora e si accanisce contro il «nemico» mosso dai suoi «astratti furori»: il gesticolare sovrasta la voce. Ospite di Floris su La7, Michele Santoro, come un vecchio leone cacciato dal branco, non riesce a trattenere il suo livore nei confronti di Lucia Annunziata e Fabio Fazio. È livido di rabbia: la sorte di chi si è ribellato troppo in tv è di non avere più energie per pensare. Le riserva solo alla delusione.
Da tempo, ormai, i toni rissosi e triviali, la violenza verbale, il repertorio folklorico rappresentano l’ossatura espressiva del populismo tv, come se non ci fosse altro linguaggio, come se il distacco dei cittadini dalla politica fosse anche il distacco da ogni complessità argomentativa, al limite dell’analfabetismo.
I casi in sé non interessano: diamo la colpa ai talk show ma è molto probabile che i social abbiano fatto più danni ancora, sia perché tutti si sentono in grado di esprimere una propria opinione, pur essendone privi, sia perché le regole d’ingaggio amano solo gli slogan, le frasi fatte, gli insulti.
È il populismo che ci domina, il suo essere figliastro del manicheismo (o con me o contro di me), la sua irrefrenabile pulsione a pontificare, ad assolvere e scomunicare. Le frequenti apparizioni di Marco Travaglio in video stanno a significare che al dibattito razionale si preferisce la guerra di religione, che è in atto una lotta all’ultima parola tra onesti (lui) e disonesti (gli altri), tra libertari e tiranni. Questo linguaggio scalda i cuori (e forse gli ascolti) ma raffredda la mente, non risolve le nostre perplessità, non sopprime i nostri guai: non è che un ripiego, un nefasto palliativo.